Indicazioni su mostre d'arte, non solo biellesi, visitabili con una gita di un giorno, proposte da Maria Teresa Molineris.
Â
Una nuova vivace  presenza nel panorama artistico biellese. E’ Marco Canova, un giovane artista che apre il suo atelier , come punto di opera e spazio espositivo, in via San Filippo 9,  a Biella, all’interno di un piccolo cortile che si affaccia di fronte alla grandiosa chiesa dei padri filippini.
L’atelier prende il nome di “Circusgallery†ed è stato inaugurato con una mostra personale di opere  : pitture ad olio, acrilici, smalti  e materiali diversi, che illustrano il repertorio creativo dell’artista.
Â
Â
Per Marco Canova  l’apertura di questo spazio dedicato all’arte è un felice ritorno in patria, dopo parecchi anni di intenso lavoro a Milano, presso importanti Gallerie d’Arte, quali la D’Ars, con collaborazioni ad eventi artistici di rilievo, con ampia partecipazione a mostre collettive ed esposizioni personali.
Il suo genere è decisamente moderno, caratterizzato da una costante ricerca di nuove figurazioni e intense soluzioni cromatiche di sicuro impatto propositivo.
Nato  a Biella nel 1977, Marco Canova ha iniziato a dipingere a 23 anni, seguendo la propria passione per l’arte, affascinato dai modi operativi di Jackson Pollock. Ha compiuto gli studi artistici sotto la guida della pittrice Piera Bretarello e del maestro Antonio Massari. Ha lavorato per una grande azienda tessile biellese. Frequenta l’Accademia di Brera ed espone dal 2003.
Autore di installazioni particolarmente note ed apprezzate, ha realizzato molti suoi lavori utilizzando lo specchio, con interventi di resine trasparenti che, come si legge in una presentazione,  “creano immagini stilizzate di figure umane che seguono il ritmo della proiezioni luminose che le intercettanoâ€.
“Marco Canova, scrive Marussi, utilizza lo specchio che riflette lo spettatore nelle sue visioni spirituali di corpi dorati e trasformati in resina, essenza che dalla forma liquida si raggruma come ambra corporeaâ€.
L’ideazione pollockiana riemerge nella ricerca di una realtà filtrata nel suo doppio, come sovrastruttura di una poeticità latente.