Pagina tratta dal libro
Vita di S. Eusebio
Vercelli, 1609
180 pagine + 6 di indice

Ha 400 anni il primo libro a stampa che parla di Oropa

È una biografia di sant'Eusebio scritta in latino, che ha avuto due edizioni
L'opera è del biellese Giovanni Stefano Ferrero che fu Vescovo di Vercelli


Il primo libro a stampa che parla di Oropa ha compiuto 400 anni. Si tratta di un'opera che ha avuto due edizioni: Roma 1602, Vercelli 1609. È una biografia di S. Eusebio scritta in latino, opera di un biellese, Giovanni Stefano Ferrero, vescovo di Vercelli dal 1599 al 1610. Il titolo preciso è: «Sancii Eusebii vercellensis episcopi et martyris eiusque in episcopatu successorum vita et res gestae». Luigi Borello e Mario Rosazza nella loro "Storia di Oropa" Biella 1935, danno molto rilievo a queste due edizioni: «Questi libri, specie il primo, sono rarissimi; noi abbiamo usufruito degli esemplari della biblioteca del Seminario di Torino».
L'edizione del 1602 era uscita disgraziatamente con un cumulo di errori di stampa e questo spiega l'edizione vercellese, rigorosamente corretta, a pochi anni di distanza. Per Borello e Rosazza il santuario di Oropa nasce con il voto del comune di Biella del 1599. Prima del '600 c'è la "preistoria" di Oropa. Il vescovo Giovanni Stefano Ferrero sarebbe l'inventore, il creatore della tradizione eusebiana di Oropa, che ripetutamente chiamano "leggenda ferreriana". Da uno sfoglio sistematico del libro dei due autori risulta che questo tema della "leggenda ferreriana" è il tema dominante del libro: in 383 pagine il concetto è ripetuto almeno 30 volte. Un solo esempio: «... nel nostro caso non esisteva tradizione, tantomeno storica; perciò la leggenda, creata sulla fine del Cinquecento, trapassando dai libri al popolo, diventando tradizione popolare". Il Vescovo Giovanni Stefano Ferrero non merita la qualifica di inventore di una leggenda, di fabbricatore di una pia frode. Ferrero non ha inventato; semplicemente ha testimoniato l'esistenza della tradizione eusebiana che gli preesisteva da secoli. Sotto un certo aspetto, da uomo colto che era, l'ha limitata e su alcuni punti ha preso le distanze. Chi si prende la briga di leggere le 180 pagine della "Vita sancti Eusebii", più le 32 di Introduzione e di Dedica al duca di Savoia Carlo Emanuele I, si accorge che Ferrero è debitore in modo sostanziale al cardinale Cesare Baronio (1538-1607) dai cui "Annales" trae ben 57 documenti. Oltre al Baronio, Ferrero cita "ex Tabulis Ecclesiae" cioé degli archivi della Chiesa Eusebiana; «ex antiquis tabulis Capituli Sancti Stephani Bugellae»; nomina la Biblioteca Ambrosiana, da poco aperta dal card. Federigo Borromeo.
Ricorrere al Baronio voleva dire ricorrere a quanto di meglio avesse espresso in fatto di metodologia storica e di erudizione vastissima il secolo XVI; significava ricorrere ad un uomo che non si era piegato ad opportunismi devozionali: nonostante le aggressioni subite da parte della Spagna, Baronio non aveva accettato come storia la leggenda di Santiago. Ferrero è stato così attento alla lezione storica del Baronio che lo invita anche nell'uso della numismatica come fonte di informazione storica: e così abbiamo la riproduzione della bella moneta della zecca di Masserano con l'immagine di San Teonesto. Il Vescovo Ferrero non ha inventato: il suo libro è piuttosto un sigaro vercellese confezionato con tabacco romano prodotto dal Baronio. Sul valore della "Vita antiqua" di S. Eusebio, che il Baronio ebbe in visione, non c'è da fare molto affidamento. La "Vita antiqua", del secolo VIII, comunque, non parla di Oropa. Ferrero parla della tradizione eusebiana di Oropa perché esisteva, non perché l'ha inventata. Esisteva secoli prima del Ferrero, come risulta dalla "Cronaca Bugellae" di Jacopo Orsi del 1488, messa a stampa (Biella, Amosso) da Pietro Vayra nel 1890.
Facendo iniziare Oropa dalla "leggenda ferreriana", si operava una distorsione interessata, di cui due piccoli assaggi: «La città di Biella fondò l'Ospizio-Santuario, i suoi uomini l'amministrarono saggiamente ed il Santuario rese alla Città il beneficio, soccorrendola nelle più gravi necessità»; «... Era una concessione fatta ai canonici, perché in fondo, e lo storico non può che affermarlo, il vero diritto di fondazione spettava al Comune di Biella, che in omaggio alla religione volle al suo fianco il Capitolo». Gli interessi della politica hanno sviato gli storici. Luigi Borello era un paleografo benemerito e Mario Rosazza un pubblicista senza macchia: eppure le gravi, incredibili distorsioni sulla storia di Oropa hanno una motivazione. Da anni erano in atto manovre romane di politica ecclesiastica su Oropa. Una ricostruzione storica di Oropa come la loro (leggenda ferreriana, preistoria prima del `600), storia con la fondazione del santuario da parte del Comune con il voto del 1599), se fosse stata vera, avrebbe fornito una base giuridica che semplificava e risolveva tutto. Non si è trattato da parte loro di ricercare la verità (che in storia è sempre da rinnovare, approfondire) ma di fornire una corda, che servisse a far muovere in un certo modo un marchingegno. Quattrocento anni fa il vescovo Giovanni Stefano Ferrero ha scritto quella "Sancti Eusebii vita" oggi introvabile. Ma con quel libro ad Oropa non è incominciato nulla.
Angelo Stefano Bessone

 



Curiosità da libri biellesi antichi, da un'idea di Ferruccio Bocchio - pagina realizzata il 14 agosto 2010 - Un particolare grazie ad ANGELO STEFANO BESSONE

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