Pinus sylvestris
ogni tanto atterro su radure sverginate
e su paesaggi contaminati dalla gente.
Nella gente mimetizzo il mio arrancare.
Vorrei – nel frattempo – fulminare l’increanza –
strappar le unghie a sozzura e nefandezza
e all’invisa arroganza degli intemperanti
e poi – con calma – riprendere ad amare.
Adesso – caro pino – sotto il ciglio della strada
con compagni secolari – canti.
Un mormorio basso e lineare – un sentimento
pronto a decollare – un contrabbasso santo.
Nel sottobosco scoiattoli tra gli aghi –
spiriti agitati sempre pronti a trastullare –
saltellano di pigna in pigna come pesci
di un mare che insegue il vento – ondulando le spianate.
La cappella diroccata – testimone d’anni
e di passaggi – mostra facce di pastori sgretolate
mostra santi con aureole ammezzate
e pazienza accumulata sotto ardesia e umido di monte.
La statuina bianca – ch’era azzurra – dell’Ausiliatrice
forza un sorriso – colmo di benevolenza
corroso da preghiere – da accenti lacrimati
da suppliche e da ringraziamenti antichi.
e tu sei Laurus – che ogni anno ingigantisce.
Non so bene come, ma sono arrivato a contattarvi.
Il mio saluto vi suonerà di strana sintonia.
quando – spero – il vostro fiato sarà anche il mio
e non sospireremo invano – invocando poesia.
Vi tratterrete un momento e parleremo.
Walter Tresoldi Strona, walter@consulware.it