C’era una volta…
Biella 29-3- 1958
Chissà se a qualcuno,abitante allora nel biellese, questa data dice qualcosa. Che può essere, un avvenimento, una catastrofe naturale? forse piuttosto la seconda, soltanto che non è stata ” naturale ” ma ” artificiale ” cioè provocata dall’uomo. Infatti quel giorno, cessava per sempre il servizio della ferrovia Biella-Oropa in omaggio alla legge della convenienza, del gretto profitto, senza tenere in alcun conto il lato affettivo, turistico, spettacolare, fiore all’occhiello del biellese, rappresentato da questa splendida opera dell’ingegno umano, spazzata via con estrema leggerezza senza un pizzico di lungimiranza senza vedere un po’ più in là del proprio naso. Si può capire che il servizio su gomma fosse più economico, ma perché smantellare l’impianto, perché non tenerlo in vita, come si tengono agibili i tanti monumenti d’arte di cui l’Italia è ricchissima? Certo, allora i mezzi erano pochi, ma più che i mezzi erano le idee ad essere scarse; tutto era orientato all’efficienza, alla resa immediata. Purtroppo nessuno seppe opporsi , allora non esistevano movimenti proloco che avrebbero potuto fare resistenza e ottenere che l’opera fosse risparmiata, mantenendola in vita, in attesa di tempi migliori; oggi sarebbe un bene prezioso. Il biellese è ricco di luoghi splendidi, che meritano la visita del turista, ma sono siti profusi dalla natura; l’uomo ci ha messo poco di suo e oggi una ferrovia come era la Biella-Oropa sarebbe un richiamo fortissimo, anche internazionale. Cara tranvìa, passano gli anni ma il tuo ricordo è sempre vivo, specialmente quando si sale ad Oropa in macchina; par di sentire il tuo sferragliare, o il caratteristico segnale acustico di quando ti accingevi ad immetterti nella provinciale dalla tua sede ferrata. Rimpiangiamo le tue semplici sembianze, lo sferragliare nelle vie di Biella, i tuoi stridii nelle curve, il sibilo delle ruote quando affrontavi il “curvone”; il tuo arrancare su per le erte del Favaro e mentre si saliva l’aria cambiava di temperatura, refrigerio per chi, salendo dalla ” bassa ” con borse, borsoni e zaini pieni di pagnotte, salami e fiaschi di vino, si riempiva gli occhi della vista panoramica che via via si concedeva ai suoi sguardi. Famiglie intere in gita annuale; una gita di prestigio vagheggiata tutto l’anno da chi, proveniente dalle risaie di Vercelli , Pavia, Novara e oltre, si concedeva uno svago speciale. E tu, caro trenino, davi un tocco speciale a questa giornata di lusso, lasciando in chi era salito tramite tuo, ad Oropa, il desiderio di tornare ben presto. Arrivati ad Oropa la gente, tramite lo scalone che sale dalla stazione ( che esiste tutt’ora) raggiungeva il primo piazzale e si spandeva in tutte le direzioni. La messa nella vecchia basilica, al cospetto della madonna Nera appuntamento annuale desiderato tutto l’anno; la visita al duomo che, con la sua grandiosità, destava sempre impressione. A mezzogiorno lo sciamare delle famiglie, cariche di vettovaglie e provviste verso i freschi boschi di faggi, alla ricerca del posto migliore per il pasto più allegro e piacevole dell’anno. Chissà se vendono ancora il bicchierino di alluminio fatto di alcuni anelli che, tirandoli, formano il bicchiere. Riempito il fiasco ( prosciugato del vino ) con la fresca acqua, si torna alla stazione. L’assalto alla tramvia, la lenta discesa mentre lo sguardo spazia sull’orizzonte, dove si vedono luccicare gli specchi delle risaie. L’arrivo a Biella ai giardini pubblici. Un po’ di tristezza, come sempre si prova quando qualcosa di piacevole finisce, il proponimento di tornare appena possibile. Peccato, peccato, peccato! Signori amministratori, fateci un pensierino, non si vive di solo pane! La gente semplice, che lavora, che tribola, vive anche di questo.
C’era una volta…
Un lento sferragliare
nella curva, uno stridiio
è un ricordo, fa sognare
il trenino, sul pendio.
Tanti anni son passati
è restato qualche segno
del sentiero del trenino
per i posteri ( come un pegno)
Un terrazzo, un ponticello
una traccia di binario
veramente era bello
resta un sogno ( immaginario)
Si partiva dai giardini
la domenica in mattinata
genitori e ragazzini
per l’allegra scampagnata.
Con il sacco sulle spalle
pieno zeppo di panini
verso Oropa , nella valle
sulla groppa dei trenini.
E durante la salita
si rideva, si scherzava
si era poveri ma la vita
era bella e contava.
Ma un giorno le corriere
i trenini han soppiantato
sono state giornate nere
e il sogno è trtamontato.
Peccato, veramente,
che, in nome del progresso
venga tolto alla gente
qualche cosa di se stessa.
Ma permettetemi di sognare
che, passando un dì per Biella
possa udir lo sferragliare
del trenino (che cosa bella)
Renzo Antoniotti – poesiabiellese@libero.it