Generale e uomo politico italiano.
Nato a Torino il 18 novembre 1804. Uscito dall'Accademia militare di Torino nel 1822, dopo alcuni viaggi di istruzione in Europa, nel 1823 fu incaricato da Carlo Alberto Re di Sardegna di curare il rimodernamento dell'artiglieria sarda. Nel 1848 si distinse all'assedio di Peschiera ottenendo il grado di colonnello e la medaglia d'argento al valor militare. Il 5 agosto liberò Carlo Alberto dai rivoluzionari Milanesi. Nel mese di ottobre fu promosso generale e divenne ministro della Guerra nel gabinetto Pinelli, carica che riottenne nel 1849 con Gioberti. Dopo la disfatta di Novara fu inviato a Genova come regio commissario. La breve ribellione d'aprile contro il conquistatore sabaudo Vittorio Emanuele II viene domata nel sangue, i cannoni seminano distruzione, le cronache dell'epoca registrano assassinii a sangue freddo, stupri e ogni crudeltà ai danni di cittadini inermi. «Non merita riguardo una città di ribelli», sentenzia il generale Alfonso Lamarmora, dando il via al sacco, al termine del quale si conteranno oltre cinquecento morti.
Dopo la dura repressione dei moti rivoluzionari a Genova, fu promosso tenente generale. Nuovamente ministro della Guerra con D'Azeglio e con Cavour, riorganizzò l'esercito rendendolo solido e articolato, nonostante il ridotto numero degli effettivi. Nel 1855 comandò la spedizione di Crimea, e si distinse nel combattimento della Cernaia. Il comportamento del corpo di spedizione da lui guidato, anche se solo parzialmente impiegato, fu tale da meritare l'alto elogio del comandante inglese, che in un suo ordine del giorno così si espresse: «I nostri coraggiosi alleati francesi, con la loro intrepidità ed audacia, hanno dato nuovo lustro alle nostre armi e in questa occasione la prima nella quale l'Armata Sarda abbia incontrato il nemico si è dimostrata degna di combattere a fianco della più grande Nazione militare d'Europa». Firmata la pace, fu promosso generale d'armata. Combatté a San Martino nel 1859 contro gli Austriaci; dopo l'armistizio di Villafranca fu per sei mesi presidente del Consiglio, in sostituzione di Cavour che si era dimesso per protesta. Nel 1860 fu inviato a Berlino e San Pietroburgo con il compito di predisporre il riconoscimento del Regno d'Italia. In seguito ottenne la carica di Governatore di Milano. Nel 1861 venne nominato Prefetto di Napoli e comandante del corpo d'armata della città: qui molto energicamente combatté il brigantaggio.
Il 28 settembre 1864 a Torino sostituì Minghetti nell'incarico di Primo Ministro: in questo periodo ottenne il riconoscimento del Regno d'Italia dalla Spagna. Nel 1865 rassegnò le dimissioni, ma subito dopo per ordine regio si ritrovò a dover formare un nuovo ministero: in questo periodo stipulò un trattato d'alleanza con la Prussia (1866) e, proprio per non contravvenire a esso, rifiutò l'offerta austriaca del Veneto in cambio della neutralità italiana nella guerra del 1866. Lasciò il governo nel 1866 per entrare in guerra con la carica di comandante dell'esercito, ma, a causa dell'esito negativo della guerra culminata nella disfatta di Custoza del 23 giugno, ne fu esonerato durante l'armistizio di Cormons (12 agosto). Per un breve periodo di tempo fu ancora capo del corpo d'armata di Firenze, dove nel frattempo era stata trasferita la capitale.
Dopo la presa di Roma fu primo luogotenente del re nei territori ex-pontifici. Quindi si ritirò a vita privata.
Alfonso La Marmora morì a Firenze il 5 gennaio 1878; è sepolto a Biella, nella chiesa di San Sebastiano.
Tra le sue opere si ricordano:
Un episodio del Risorgimento italiano (1849)
Segreti di stato nel governo costituzionale (1877)
Un po' più di luce sugli eventi politici e militari del 1866 (postuma, 1879).