La seconda guerra mondiale di un tenente del Regio Esercito, condannato al KZ di Unterluss per rifiuto al lavoro

1941 Uscito dalla Scuola Allievi Ufficiali di Bassano sono destinato ad Aosta. Divisione Alpini Taurinense, Battaglione Aosta, 41 Compagnia “I Lupi” con il grado di sottotenente ossia il grado più basso fra gli ufficiali. Come sottotenente, mi è affidato il comando di un plotone (40/50 uomini) che entra in Francia e si stabilisce a Saint Foy dal 23/03/1941 al 03/07/1941- a Presidio dei territori francesi conquistati. Così, noi ritardatari, “ri-invademmo la Francia”! Più che una guerra lampo fu una guerra di posizione, dal momento che c’era stato il già descritto Armistizio fin dal giugno dell’anno prima. L’armistizio di Villa Incisa aveva previsto l’occupazione di alcuni territori francesi di confine e una zona smilitarizzata di 50 km […]

1942 Lettera dai Balcani […] ancora freddo e vento, ma, per noi Alpini, niente rispetto all’Africa o alla Russia. Una mattina presto scrivo in marcia alla luce di un lampione e al ritorno alloggio in una casa senza vetri. Nevica al mare. Dopo molto tempo riesco a fare la comunione, dormo con i soldati e la vita in tenda a volte fa venire i nervi. Spedisco mille lire per ritirare le due cambiali scadute per i fatti di mio padre […] Redenzione finanziaria senza toccare la casa del paese. Vedremo per le altre. Non mandare più giornali ma solo ritagli di sport e andamento della guerra […]

1943 […] A sera, mentre ci troviamo a mensa giunse la notizia dell’armistizio: a notizia confermata raggiungo il mio plotone al quale parlo, mettendolo in guardia sulla situazione di domani. Ricevo ordine di raggiungere la Compagnia e il Btg subito al mattino del 9. Nella mattinata del 9 il Btg si sposta entro le difese di Niksic. Si teme un attacco dei tedeschi. Rimaniamo a Niksic nell’incertezza e soprattutto nell’indecisione fino all’11 sera. Le batterie intanto hanno consegnato la metà dei pezzi. L’11 sera ci trasferiamo a Danilovgrad. Il 14 mattina il Generale Vivalda parla al Battaglione e alle Batterie riunite facendo presente la situazione e le difficoltà: si decide per la montagna. Nel pomeriggio, subito dopo il pranzo, inizio con il plotone il movimento verso la montagna […]



1943 è l’appendice che nostro padre si è portata dietro da quando, giovane maestro laureato e innamorato, ha visto la SFASCIO del REGIME e lo SBANDO del Regio Esercito dopo l’8 settembre. Fu l’anno della SCELTA e delle successive durissime altre SCELTE quotidiane durante la Sua prigionia da IMI (Internati Militari Italiani) in Germania. Fino alle estreme e pericolose conseguenze finendo, come primo gruppo di ufficiali internati italiani, nel KZ di UNTERLUSS nel dicembre del 1944.


I militari IMI, prima del ritorno, ricostruiscono le loro vicende di prigionia, cercano le testimonianze reciproche delle loro sofferenze... e questo lo fanno inoltrando al Comando Militare Italiano dell'Oflag. Quest'ultimo, da prigioniero, riprende improvvisamente le sue funzioni di comando e raccoglie i “curriculum delle disgrazie” dei superstiti.
Non è una mania di papà ma una esigenza collettiva di legittimazione: si torna a casa, sono ufficiali, “superstiti internati resistenti”, a rivestire un ruolo nella nuova Italia devastata dal fascismo. Sperano infatti di avere acquisito un credito in più e diverso rispetto ai “collaboratori”, di prepararsi e candidarsi a rappresentare la nuova Italia. Fra loro ci sono medici, ingegneri, diplomati, avvocati, insegnanti, impiegati che aspirano, oltre a ritornare fra le braccia dei cari, a posti e a ruoli nella nuova classe dirigente o, semplicemente, poter accreditarsi per svolgere il proprio lavoro al ritorno in patria. La loro “resistenza”, diversa da quella della “resistenza armata” della guerra di liberazione, li ha temprati: mentre chi ha scelto la via armata l'ha deciso in poco tempo, molte volte improvvisamente per necessità, per ideale, per ideologia, gli italiani dei lager, prigionieri per non aver accettato di collaborare o lavorare per i tedeschi, hanno maturato le loro scelte ogni giorno per mesi, per quasi due lunghi anni, soggetti ogni giorno al ricatto della fame, del freddo, del lavoro forzato.

Difficile dire quanto potrebbe resistere un uomo a questa persecuzione, a questa lusinga quotidiana, una situazione che ti prospetta sempre la via d'uscita di cui non vuoi approfittare. Non solo, vedendo anche lo stillicidio dei compagni esausti che cedono e si arrendono a collaborare.
Arrivare a casa e trovare ai posti di comando e burocrazia, oltre ai meritevoli che hanno combattuto, buona parte degli imboscati, degli opportunisti, degli (ex)-fascisti, degli optanti fu un fatto reale. Si ripeteva un po' quanto era successo ai reduci della prima guerra mondiale. Le persone vogliono dimenticare in fretta le tragedie. Grande rilievo riveste nelle coscienze di questi uomini, specie ufficiali, l'aver giurato fedeltà alla patria incarnata dal Re, e ai propri soldati a partire dal momento dell'armistizio. L'8 settembre fu una data drammatica: dover scegliere su due piedi da che parte stare. Per uomini abituati da tre lustri a non prendere decisioni, perchè già prese sistematicamente dal regime, fu un passo difficile e pieno di incognite. L'opportunismo fu padrone assoluto pur di portare a casa la pelle, la coerenza fu padrona assoluta nel dettare alla coscienza come comportarsi, la confusione fu padrona assoluta del caos. Per gli ufficiali, in particolare, passare al lavoro voleva dire rinunciare ai gradi e ritornare “civile”.
Il ritorno è amaro anche dal punto di vista economico: “da quando son partito rispetto a quando son tornato, dirò che, grosso modo, per comprare qualcosa che valeva 100 L. nel 1940 nel 1943 occorrevano 200 L., nel 1944 1000 L. e nel 1945 2000 L.. I miei, nostri, pochi risparmi sono andati in fumo, senza contare che la mia remunerazione da ufficiale era cessata. L'Italia che ho trovato così a fine agosto del 1945 era tuttavia quella dei progetti di vita che Franca mi aveva già chiaramente elencato nella lettera del 20/08/45 “Adesso però c’è molto da lavorare, adesso bisogna ricostruire, noi dobbiamo pensare a questa nostra Italia per essa si deve lavorare.” Era il programma che, per la nostra parte, ci attendeva."
Di questa eredità che ne abbiamo fatto?
Paolo Mello Rella





Non posso dirti qui, neppure brevemente quella che fu allora la nostra vita. Eravamo un numero soltanto più, poveri esseri umani costretti a fatiche che i nostri corpi non potevano sopportare e sì che io godevo ancora di buona salute e avevo ancora qualche energia, grazie ai molti pacchi che tu e i tuoi parenti mi avevate mandato. Se pensi poi che fin da ragazzo io ero abituato a lavorare e faticare meglio comprenderai la durezza di quella vita se ti dico che nel giro di una decina di giorni le mie forze le sentii venire decisamente meno. Tuttavia il “saper lavorare” nei primi dieci giorni mi risparmiò busse e sfottiture da parte degli aguzzini russi e polacchi nonché del sergente delle SS che imperava in quel campo. Il 27 gennaio, dopo 29 giorni esatti di lavoro senza riposo (e ci toccò anche un duro periodo di lavoro notturno in una fabbrica montaggio-cannoni) non me la sentii più di tirare avanti e chiesi visita.



L’OPZIONE PRESUPPONEVA LO SCIOGLIMENTO DEL GIURAMENTO AL RE D’ITALIA E CONSISTEVA NELL’ADESIONE ALLA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA, INVECE: “…questi prigionieri, definiti – in seguito ad una speciale disposizione di Hitler del 20 settembre 1943 – internati militari italiani (IMI), rappresentarono uomini traditi e disprezzati che ciò nonostante non si rassegnarono e non si comportarono da opportunisti. Al contrario essi conservarono, in maggioranza, il proprio onore attraverso una resistenza le cui espressioni furono certamente molteplici, ma tuttavia possiamo definire detta resistenza con una sola parola: il NO alla collaborazione con il fascismo ed il nazionalsocialismo.”
Gerhard Schreiber. Como, 20 ottobre 1994



LE PRIME OPZIONI
7-1-44: Oggi ho cambiato 20 sigarette con una razione di burro e una di zucchero e poiché abbiamo avuto un pane in quattro e il rancio di questa sera è stato buono. Ho mangiato due razioni di burro e quasi due di zucchero, anche oggi mi sono sentito bene. E rendo grazie a Dio. Gli optanti repubblicani sono aumentati di numero: c’è anche Liscidini dell’Aosta; si vede che non è fermo nelle sue risoluzioni. Anche il “bersagliere”, l’Antonelli, il direttore d’orchestra, il deragliatore di treni ha optato: va un po’ a capire gli uomini quando uomini non sono! […] Ha optato anche il cap. Guerra, l’organizzatore delle “conversazioni culturali”, il parolaio, al quale non avevo creduto […]



Documenti e storia completa su:

www.emiliomellorella1943.it


Pagina pubblicata il 04/07/2022 - Un grazie particolare a Paolo Mello Rella per il materiale concesso

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