Di seguito un estratto dai testi della cartellonistica presente sul percorso:
LA TANA DELL’ORSO - Questo è il toponimo – citato già alla fine del XV sec. con altri “orsonimi” oropei (pian del orso, fontana dell’orso) – dello scosceso e roccioso versante in cui lungo il “sentiero Oropa” inizia la proprietà del Santuario; toponimo che ha consimili, anche per caratteristiche del luogo, nell’Ursere dell’alta Valsessera e nel Colle dell’Orso bruno fra Ailoche e l’Alpe di Noveis, e sembra trarre origine dall’ancestrale presenza di questo animale nelle nostre terre “alte”: ne sono prova i reperti fossili rinvenuti nelle grotte del Monte Fenera (Borgosesia) ed attribuiti sia all’Orso delle caverne sia a quello bruno. Oggi l’orso è presente nello stemma di Biella (prima grafia nel 1379) dove è in posizione quadrupede, e, sotto forma di due orsi in piedi che si affrontano, negli stemmi dei Comuni di Andorno (consegnamento del 1614), di Sagliano e di Tavigliano (distaccatisi dal primo nel 1699) e della Comunità Montana Valle Cervo “la Bürsch”, costituita nel 1973.
SAN BARTOLOMEO - Dalla “lettura” del tratto di muratura più vetusto la “nascita” dell’attuale Alpe di San Bartolomeo può essere fatta risalire ai secc. VIII-IX, sotto forma di chiesa e di casa (domus) di eremiti. ...Gli eremiti sia di San Bartolomeo sia di Santa Maria si differenziavano dai loro “colleghi” biellesi – di San Paolo, San Pol, in Burcina, dell’ecclesia et domus di San Tommaso a Campiglia, del priorato di S. Maria del Brianco a Cavaglià – esclusivamente per un compito specifico: dare assistenza ed ospitalità dapprima ai viandanti della “linea” Biella-Valle d’Aosta, e viceversa, attraverso il Colle della Barma, e da quando l’ecclesia Sancte Marie assunse carattere santuariale ai pellegrini che qui salivano. ...Nei secc. XIII-XV l’ecclesia Sancti Bartolomei fu meta di pellegrinaggio; in passato lo erano anche altre chiese intitolate a Santi: dai paesi della Serra si andava ad Andrate per venerare S. Giovenale, protettore contro i lupi; alle parrocchiali di Vergnasco e Zimone, titolare l’”antipeste” S. Giorgio, si peregrinava dai paesi vicini; per la salute del bestiame e l’abbondanza dei raccolti dal basso Biellese si andava alla tomba del B. Pietro Levita, a Salussola, ancora oggi pellegrinata da Olcenengo (VC) per un voto risalente alla peste del 1483; la fine di una guerra spinge ancora oggi, dal 1613, a processionare da S. Germano (VC) alla chiesa di S. Vitale a Roppolo. San Bartolomeo era, ed è, patrono dei beccai (macellai) e dei pellicciai (conciatori di pelle)... Nella meteorologia popolare San Bartolomeo (da cui il nome proprio, un tempo comune, Bartramé, per lo più abbreviato in Tamé) è un “marcatempo”: a Veglio si predice l’autunno con “tal Bartramé, tal simiché” e per chi abita al Favaro “al pióvi ‘d San Bartramé sa i vèn-u gni-n dadvè-n a vèng-u daré – le piogge di San Bartolomeo se non vengono prima vengono dopo”, a significare la ricorrente piovosità della seconda quindicina di agosto.
IL PELLEGRINAGGIO - Il pellegrinaggio è il cammino, fatto con spirito di penitenza e di preghiera e per lo più per impetrare grazie od in ringraziamento di quelle ricevute, verso un luogo sacro (chiesa, pilone, ecc.) dedicato alla Madonna. Il Biellese è terra d’elezione di questi luoghi: sono infatti ben 52 quelli dove nel corso dei secoli i pellegrini al termine della loro fatica hanno “salutato” la Vergine. Ma evidentemente ai suoi abitanti non sono bastati: si ha infatti notizia di pellegrini biellesi alla Chiesa di S. Maria di Losanna (Svizzera) agli inizi del XIII sec., il Santuario mariano di Vicoforte (Mondovì) nella seconda metà del XVI sec. è stato raggiunto da pellegrinaggi collettivi da Biella, Andorno, Candelo, Graglia, Masserano e Sordevolo, ed alla stessa epoca risale la prima notizia di biellesi a Loreto ed al Sacro Monte di Varallo, i parrocchiani di Cavaglià nei secc. XVII-XVIII erano usi peregrinare al Santuario della Beata Vergine del Trompone di Moncrivello (VC), i viveronesi da sempre peregrinano al piccolo Santuario di Santa Maria delle Grazie di Anzasco (sec. XIII) ed alla Cella di Santa Maria di Areglio (sec. XI) a Borgodale, da Sala è uso recarsi in pellegrinaggio al Santuario di Machaby (sec. XVII), sui monti di Arnad (AO), dove è venerata la Madonna della Neve, e così fanno pure gli alpigiani biellesi quando monticano i pascoli della Vallée.
LA “SCALA” DEI PELLEGRINI - Le strade che portano ad Oropa, così come alle altre sedi di culto mariano del Biellese, sono state “scavate” nel corso dei secoli dal passo dei pellegrini; passo che con l’avvicinarsi alla metà era sì più stanco ma ancor più ritmato dallo scandire della preghiera mariana per eccellenza: il Rosario. Nel ricordo di questo antico peregrinare il tratto terminale del “sentiero Oropa” è suddiviso in tre sezioni, fra loro separate da punti di “infoOropa”, ciascuna delle quali è a sua volta suddivisa in cinque rampe: le sezioni corrispondono ai tre gruppi di misteri del Rosario - Gloriosi, Gaudiosi, Dolorosi – e le rampe alle decine di Ave Maria di ogni gruppo di misteri. ...Nei “tornanti” fra una rampa e l’altra sono ricordate le altre sedi di pellegrinaggio mariano nel Biellese: il “sentiero Oropa” è quindi «sentiero del Biellese e dei biellesi» anche attraverso questo voluto collegamento del suo tratto finale con un antico ed odierno camminare pregando diffuso in tutta la terra che si stende dal Mucrone alle risaie.
1 giugno 2005 - testo e fotografie di Roberto Negro