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Pietro Torrione nacque a Biella , il 23 maggio 1913, Alternava la sua attività di studioso di storia locale con il lavoro nella vecchia tabaccheria dei suoi avi al Vernato e con gli impegni di Direttore della Biblioteca e del Museo Civici , che furono affidati alle sue cure dal 1946. Morì nella sua casa del Barazzetto all'alba del giorno di tutti i Santi del 1971.
Par di vederlo, il conte Innocenzo Avogadro di Formigliana, lassù nel castello di Valdengo in un’ampia e fuliginosa cucina, tutto intento ai suoi lambicchi per distillare un portentoso elisir che sana incurabili mali e che ti dà lunga vita. Doveva essere un gran buon uomo quel Conte di Formigliana!
Attorno all’ampio locale, illuminato da una sola finestra che lascia filtrare da piccoli vetri piombati tenue luce, stanno barattoli che racchiudono viscide serpi, mortai di tutte le dimensioni, fasci di erbe aromatiche, storte ed altri simili arnesi che dovevano servire al suo laborioso mestiere [...] Dal suo carteggio lo vediamo sovente chiamato "abate Innocenzo Avogadro di Valdengo conte di Formigliana"; non era però nè sacerdote nè chierico [...] Ben diverso era invece suo padre, tutto intento a penetrare i segreti della natura e a rifarne i processi, non di certo tramutare in oro tutti i metalli, ma per far sembrare d’argento un umile pezzo di ferro e, specialmente, trovare il modo di sanare i più terribili mali, per far belle le donne brutte, per far innamorare le ragazze, per scongiurare i furti, i malefici, per guarire il bestiame, per cambiare il colorito ai fiori e per rendere prolifiche le donne sterili. Il suo fine era dunque veramente nobile e commendevole. [...]
Ben pochi progressi aveva fatto la scienza medica nel secolo XVIII [...] L’Arte di Esculapio era ancora allo stato empirico e si continuava a somministrare rimedi in voga da più secoli e di un risultato quanto mai discutibile. L’opera del Formigliana, almeno a noi pare, non fu solamente quella di sperimentare i nuovi specifici, ma fu diretta a raccogliere le ricette [...] che poté rinvenire tra le vecchie carte di famiglia, specie i medicamenti che si erano sperimentati durante le terribili pestilenze che afflissero il Biellese e durante la mortalità del bestiame verificatesi nel 1745. Il tutto lo venne poi codificato in uno zibaldone che ha notevole interesse non solo per la storia della medicina e della magia, ma anche per la storia delle antiche religioni, poiché certe pratiche contro lo scongiuro, la proprietà attribuita a certi rettili ed a talune erbe e piante considerate come amuleti si collegano a pratiche antichissime, a riti di religioni scomparse.[...]
Non è nostra intenzione pubblicare integralmente il ms. che sarebbe tale da formare un volume di non indifferente mole. Ci limitiamo invece a spigolare qua e là su quei punti che riteniamo di maggiore interesse.[...]
Piglia due livre di mosche vive, altrettante di latte fresco di vacca, mezza livra, di buon miele falli distillare a foco lento. Usasi questo fomentando il luogo dove non rinascono i capelli per una bona mezz’ora matina e sera sciegliendo i giorni di luna crescente servendosi di tela fina od una piccola sponga e fine bagnata nel acqua distillata.
Il corno di capra abruciato fregando i denti li fa bianchi e restringe le gengive che si rilasciano.
- Se il dente è guasto. Un pezzo di radice di spago, riponetela contro il dente dolente, ed in breve guarirete.
- Se il dente non è fermo, salvia in un taschettino, con farla bollire nel vino, poi si tenghi in bocca per qualche tempo, e di tanto in tanto di detto vino.
- Se le fanciulli mettono li denti, aciò non sentino il dolore, bisogna toccarle le gengive con sangue della cresta di gallo.
- Per far bianchi li denti, piglia l’erba di semprevivo estraene il succo e con quello bagnerai un straccio e ti fregherai li denti.
Un limone con molto sale sciolto in acqua comune e poi lavarsi.
Sugo d’ongia cavallina e si lava spesso dove sono le lentiggini.
Piglia terra impastata di orina di cane e mettila sopra i porri che ne vengono sopra le mani, che tutti si seccheranno.
La polvere ovvero la limatura di corno di cervo bevuta in vino non lascia generar in capo pidocchi né gendini. Et se spargi il capo di detta polvere o limatura tutti li pidocchi, o gendini, moriranno senza altro che è secreto molto facile ed utile.
Il problema demografico non fu da lui trascurato: egli lasciò curiose ricette per rendere prolifiche le donne sterili, per controllare se erano incinte e per rendere il parto indolore. Nel primo caso somministrava alla donna uno sciroppo composto di corna di cervo polverizzate e di fiele di mucca: allo stesso scopo serviva pure il latte di giumenta da somministrarsi all’insaputa della paziente. Semplicissimo era il modo dei nostri vecchi per conoscere se la donna era rimasta incinta. Bastava introdurre e lasciare per una notte intera un ago di ferro in un mortaio possibilmente di bronzo nel quale era stata posta dell’urina. Se la donna era gravida, al mattino l’ago portava tracce di macchie rosse, in caso contrario segni ferrugginosi e macchie nerastre. Del parto indolore non possiamo occuparci, su questa rivista, per evidenti ragioni. Diremo solo che il rimedio era costituito di un impiastro di gallitrico, vino ed erbe che venivano legate sull’ombelico.
Ma passiamo ad altri metodi di cura ben più empirici.
La vipera ed il rospo erano considerati come amuleti aventi occulte virtù terapeutiche. Vediamo così nello zibaldone che la testa del velenoso serpe vipereo legata al collo del paziente lo guariva dal mal caduco e dalle vertigini; il corpo della vipera fatto seccare al fuoco e polverizzato restituiva la salute al bestiame. Così il rospo appeso nelle stalle dove vi erano bestie cornute ammalate le sanava per occulta virtù; abbrustolito, polverizzato e bevuto col vino guariva l’idropisia. La coda, la pelle o il capo del lupo sospesi sopra il presepio ponevano in fuga l’astuto e voracissimo canide. Il fegato del lupo era pur salutare per gli etici e i vapori che esalavano dai polmoni del porco maschio rendevano limpida chi aveva torbida la vista. Le ceneri della lingua della volpe di sesso mascolino ricuperavano la salute al sofferente di scorbuto. Per il flusso invece si toglievano dal ventre della lepre i leproncini, si facevano seccare al fornello e le ceneri che ne rimanevano venivano somministrate al paziente con il brodo.
Non risulta che il Formigliana si occupasse di stregoneria o di mantica. Per lui certi risultati attribuiti alle fattucchiere non eran altro, il più delle volte, che manifestazioni ottenuti con mezzi naturali [...] Continua a segnalare numerosi segreti per adunare le lepri, i pesci, per far fuggire i bruchi, per far sembrare morti gli uomini e ci spiega poi che era uso nelle campagne ammaliare le mucche in modo che più non mangiasse, e spesso, se non si conosceva il rimedio, morivano di fame. Non era questa una forma di stregoneria (sebbene il popolo la credesse tale) il più delle volte era vendetta dei vicini causa di vecchi rancori.
A chi poi pativa sogni funesti il Formigliana consigliava di masticare dell’anice prima di andare a dormire. E se uno aveva perso la memoria la poteva facilmente riottenere ungendosi la tempia una volta al mese col fiele di pernice.
Curioso era il modo col quale si misurava il tempo necessario per la cottura degli specifici. Gli orologi allora erano molto rari e così si suppliva all’indicazione cronometrica misurando il tempo a preghiere. Faccio un esempio: per preparare un decotto per l’idropisia si doveva lasciare sul fuoco il medesimo per la durata di un Miserere. Alle volte il tempo era indicato dalla durata di sette Ave Marie, di un Pater Noster, ecc. Ecco perché i nostri vecchi imponevano tassativamente di recitare prescritte preghiere mente si stava preparando la medicina.
Molto strani erano i rimedi per combattere i più terribili mali contro i quali la medicina d’allora era impotente. [...]
Contro la peste e i mali contagiosi: Piglia due, ovvero tre cime di Barbena et tienile in bocca, masticandola un poco, che potrai andar sicurissimo tra gli ammorbati. Questo segreto fu provato nella peste di Venetia da molti et massime da un vecchio che poi l’insegnò al Padre Pietro Pisani. La Barbena ridotta in polvere, e presa in buon vino è perfettissima contro i veleni.
[...] Per garantire li fanciulli da vermi, malìe e altro: Si prende la radice di peonia maggiore luna due traversi di deto, si mette nella cuna, o ai piedi o sotto al capo. La suddetta radice se ne trova a Roasio, ed il nipote di Francorio la conosce. Si può far cogliere dalli 15 1agosto sino alli 20 di detto mese, ma alli 19 è meglio nel levar del sole, o nel tramontare.
Virtù della radice di erba carlina: Tenuta in bocca un pezzo di radice dell’herba Carlina, si può assistere senza pericolo qual si sia infermo [...]
[...]
Per conoscere se nel vino vi è acqua: Piglia pere crude mondale e tagliale per mezzo, ovvero more, e gittale nel vino. Si nuotano di sopra il vino è segno che è puro et netto, ma se scende al basso il vino è mischiato con acqua.
Per cancellare le lettere senza guastare la carta: Prendi polvere d’osso bianco, e gesso ben polverizzato impalpabilmente uno e l’altro parte uguali ben mescolato insieme: distempererai detta materia col rosso d’un uovo fresco e ponerai detta matteria sopra le lettere lasciandola seccare, dopo leverai gentilmente con un temperino la suddetta materia, e la carta resterà pollita, che potrai scriverci d’altro.
A far il ferro fortissimo et bello come argento: Piglia sal ermoiniaco in polvere e mescolato con calcina viva, e mettilo nell’acqua fredda, e mescolati ben bene insieme, poi fa affogar il ferro tanto che sia rosso, ed amorzalo nella detta acqua, e verrà bianco come argento[...]
In casa era sempre tenuto l'estratto di ginepro che serviva per la colica di flussione, l'idropisia, mal di capo, mal di stomaco, raffreddore, tosse, fortificava il cuore, ringiovaniva gli spiriti e teneva libero il ventre. [...]
Pagina realizzata il 23 marzo 2025
Lo scopo di queste pagine è raccontare, attraverso i libri, le caratteristiche storiche, turistiche, sociali ed economiche del Biellese. Un archivio in continua evoluzione, arricchito da fotografie e testi, senza la pretesa di essere perfetto, ma con l'obiettivo di crescere e migliorare nel tempo.