La parrocchia del Villaggio Lamarmora ospita un’opera molto importante di Sandrun, al secolo Franceschino Barbera. Si tratta di un crocefisso in gesso che il nostro modellò intorno al 1947 quando aveva vent’anni.
All’epoca la chiesa del Villaggio era là da venire ed in realtà lo realizzò senza alcun specifico incarico da parte di nessuna chiesa. E’ piuttosto un seguito del suo “lamento sul partigiano morto” dove rappresentò un ragazzo disteso a terra con intorno figure piangenti secondo l’iconografia del compianto su Cristo morto.

Il Cristo ora al Villaggio è quindi l’emblema di tutti i poveri Cristi che muoiono torturati per difendere un ideale. E’ molto umano e poco divino. Ecco perché lo vediamo contorcersi. Percepiamo lo slancio proteso verso l’immortalità, così com’è immortale un eroe che difende la libertà.
Come sia riuscito a modellare un Cristo così perfetto e straziante senza passare da scuole e accademie e soprattutto senza che nessuno glielo avesse chiesto rimane un mistero. Cosa lo spingeva?

Forse per capire Sandrun occorre davvero guardarlo con gli occhi di quella bimba del catechismo che, osservando il volto di Gesù, mi ha detto: “è deluso perché è stato lasciato solo”.
E’ quel senso di vuoto e di solitudine di chi è stato abbandonato che muove il lavoro di Sandrun. Arriva dritto ai bambini e spinge i grandi all’abbraccio di quella figura martoriata ma a suo modo felice di regalarci l’infinito.
Non deve stupire se un’opera del genere sia rimasta nel magazzino dove era stata modellata per circa vent’anni. Capita a tutti gli artisti troppo diretti e avanti. Attendeva un prete pane al pane e vino al vino. Certo, il Sandrun che don Gibello va a trovare è ben diverso dalla figura scostante e con tratti satanici che i biellesi ben conoscevano. Quell’amore della mamma da lui tanto ricercato ha trovato riparo nell’amore per la mamma celeste. Le dedicherà opere memorabili come la “Madonna del piumin”, e pure poesie. E così due innamorati di Maria, decidono che sulla croce che segnò il luogo della sosta alle case popolari della Madonna d’Oropa nella peregrinatio sarà issato il Cristo maestoso e impolverato del Sandrun. Costo dell’operazione: una latta di vernice per dargli un’imbiancata e un santino con dedica di don Ferraris.

Del dono si occuperà addirittura la stampa nazionale. “Il tempo” di Roma nel 1966 titolerà: “Smessi il fucile e la falce e martello, scolpisce e regala crocefissi alle chiese”. Da allora Crocefisso accoglie i visitatori della chiesa col suo abbraccio di uomo deluso, ma felice di regalarci l’infinito.



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La scultura è stata restaurata nel 2020

di Marcello Renzi
pagina pubblicata il 23 02 2021


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