Di: Alessandro Zolt
Mi chiamo Alessandro Zolt, sono originario di Alagna Valsesia e da anni sto conducendo, attraverso i miei studi in Antropologia Culturale ed Etnologia presso l’Università di Torino, una ricerca sull’antica produzione di “ribebe” (ossia scacciapensieri) in Alta Valsesia, in particolare nei paesi di Riva Valdobbia e di Mollia.
Contrariamente all’opinione comune che vuole questo strumento legato solamente alla tradizione del Meridione e delle Isole italiane, lo scacciapensieri era usatissimo in tutto il Nord Italia e, appunto, anche prodotto, come lo dimostra questo caso valsesiano.
Dopo aver dedicato la mia tesi triennale a questa storia, sto lavorando adesso ad una pubblicazione assieme al Prof. Alberto Lovatto, che per primo se ne occupò negli anni ’80 pubblicando la prima (e per adesso unica) opera dedicata a questo fenomeno.
Se tutto va bene, la pubblicazione sarà pronta nel corso del 2019! Speriamo di riportare alla luce questo aspetto purtroppo dimenticato della storia musicale del Piemonte!
E chissà che le “ribebe” non tornino a suonare da noi!
La storia:
Dal XVI (il primo documento che attesta il fenomeno in Valle è del 1524) al XIX secolo le fucine locali, collocate in alcune frazioni di Riva Valdobbia e Mollia (la più famosa era Boccorio), produssero quantità industriali di scacciapensieri di ottima qualità (stando a quello che rivelano trattati di storia locale, documenti statistici ufficiali, documenti locali che contengono le ordinazioni commerciali e non ultima la memoria popolare locale), che venivano esportati addirittura oltreoceano attraverso porti come Genova, Livorno e Lisbona, oltre che ovviamente in tutta Italia e in tutta Europa attraverso snodi commerciali come Novara e Milano. Nelle statistiche locali si parla di un milione e mezzo di strumenti prodotti per anno nei momenti di maggiore produzione e smercio.
La produzione cominciò a calare nella seconda metà dell’800 fino a spegnersi del tutto attorno al 1890, l’ultimo fabbro morì attorno al 1907 senza aver più tramandato l’arte di fabbricare questi strumenti.
Nella Valsesia lo strumento era diffusissimo e usato nella musica popolare. Una statua in gesso di fine ‘800 di uno scultore valsesiano (Giacomo Ginotti) suggerisce ci fosse anche un modo virtuosistico “alpino” di suonarlo, ossia l’utilizzo di due strumenti simultaneamente. Alpino in quanto l’unico luogo dove è stato attestato questo stesso stile esecutivo sono le Alpi austriache, dove non a caso vi è un altro antico centro di produzione di scacciapensieri, tuttora attivo (precisamente a Molln, dal 1600 circa).
Lo strumento:
Materialmente parlando, gli strumenti di fattura valsesiana sono generalmente di piccole dimensioni (5,5 cm x 3,5 cm in media) rispetto agli omologhi dell’Italia meridionale e delle Isole, con forma allungata e hanno la particolarità di essere quasi sempre marchiati con simboli o iniziali, che identificavano il fabbro, e molto spesso possiedono decorazioni punzonate sul “telaio”. Era poi usanza di chi possedeva lo strumento intagliare una custodia a forma di scatolina o di scarpetta per proteggere lo strumento.
Nomi dello strumento in Piemonte:
In Piemontese Valsesiano: Ribeba o Ribèbba in alta Valle e Arbebola in bassa Valle.
Altri nomi attestati in Piemonte, in gran parte tratti da dizionari settecenteschi e ottocenteschi: Bebola, Aribeba, Cirimia, Ciurumia, Arbeba, Rbeba, Sanförgna, Ciampòrgna.
Aribebo, Arbebo, Champorgno in Occitano.
Trumpa in Walser Alagnese.