È morta il 4 novembre 2005, a soli 25 anni, per i suoi ghazal, Nadia Anjuman, poetessa Afgana. Uccisa di botte per mano del marito e della madre, con la sola colpa di aver declamato in pubblico i suoi versi.
Aveva cantato l’amore, ma le sue poesie – non certo erotiche – rivelano un misticismo triste e senza speranza.Come la terra in cui e’ nata.
Aveva cominciato a scrivere i suoi versi di nascosto, da giovanissima, e di questa sua passione aveva detto:
“Da quando ho memoria di me so di aver amato la poesia. L’amore per la poesia e le catene di sei anni di schiavitù dell’era dei Talebani, che mi avevano legato le gambe, hanno fatto sì che appoggiandomi alla penna e zoppicando, componessi passi ed entrassi nel territorio della poesia. Il sostegno dei miei amici e di coloro che condividevano i miei stessi orizzonti mi hanno permesso di continuare su questo sentiero, ma… ahimè… tuttora, ogniqualvolta compongo un nuovo passo, sento il tremore della mia penna e con essa trema anche la mia anima.”
Figura intellettuale di spicco durante il regime dei Talebani, sotto il quale alle donne era proibito studiare e lavorare, per coltivare la sua passione Nadia era la guida del cosiddetto “circolo del cucito” della città, che tre volte a settimana si riuniva presso la finta “Scuola di cucito ago d’oro”.
In realtà questo circolo nascondeva il luogo dove un professore insegnava alle donne la letteratura, cosa che si poteva fare liberamente nelle università solo se rivolta agli uomini.
La ragazza di Herat, caduto il regime dei talebani, riuscì a pubblicare la raccolta Gule Dudi (Fiore scuro). Ma una donna che rendeva finalmente pubblici i suoi canti d’ amore e bellezza, per quanto casti, portava «disonore alla sua gente». E così la punizione, orrenda , inflitta dal marito (aiutato dalla madre) nonostante avessero un bimbo di cinque mesi.
L’assassinio scosse l’opinione pubblica e le coscienze ancora oggi si interrogano e si ribellano……ma nessuno e’ stato, finora, punito.
Sono la donna che si è svegliata.
Ho trovato la mia via e mai tornerò indietro”
Quante volte è stata tolta dalle labbra
la mia canzone e quante volte è stato
azzittito il sussurro del mio spirito poetico!
Il significato della gioia è stato
sepolto dalla febbre della tristezza.
Se con i miei versi tu notassi una luce:
questa sarebbe il frutto delle mie profonde immaginazioni.
Le mie lacrime non sono servite a niente
e non mi rimane altro che la speranza.
Solo la speranza.
Nonostante io sia figlia della città della poesia,
i miei versi furono mediocri.
Perche’la mia opera è come una pianta priva di cure,
da cui non si può pretendere molto.
E nell’archivio della storia,
questo è tutto ciò che restera’ di me.”
Nadia Anyuman, traduzione di Amir e Sashinka Gorguinpour)