Harald Sohlberg, Vinternatt i Rondane, 1917
Nella parte settentrionale della penisola scandinava, lungo tutto il Finnmark norvegese e fino alle terre più a nord della Svezia e della Finlandia, e nel profondo della penisola russa di Kola, c’è Sápmi, la Patria dei Sami. Sápmi non è una nazione indipendente, piuttosto è un’unità culturale all’interno dei confini, rispettivamente, di Norvegia, Svezia, Finlandia e Russia.
A causa della somiglianza culturale tra i Sami, i Finni e le tribù della Siberia nella regione artica, è pensiero comune che nel passato tutti fossero immigrati da est. Le ultime teorie sull’origine dei Sami e dei Finni, comunque, dicono che questi popoli discendano dalle tribù indigene di cacciatori dell’Europa settentrionale che seguirono il ritrarsi della cappa di ghiaccio dopo l’ultima glaciazione. È stato inoltre fatto notare come, durante le glaciazioni, la costa occidentale della Norvegia fosse abitata; ma che questi popoli fossero i progenitori dei Sami è ancora una questione aperta.
La Sápmi moderna è una comunità come qualunque altra, con le proprie funzioni e strutture necessarie ad ogni società moderna. Tuttavia c’è una differenza, ovvero che Sápmi è situata all’interno dei confini di quattro nazioni diverse. Come conseguenza vi sono le differenze causate dalla localizzazione geografica e dalla speciale posizione culturale.
Linguaggio
Anche se i Sami sono considerati un unico popolo, ci sono notevoli differenze regionali nel linguaggio e nella cultura.
Le lingue Sami appartengono al gruppo ugro-finnico, e sono imparentate con il finlandese e l’estone. La lingua è solitamente divisa in tre gruppi principali: Sami orientale, Sami centrale e Sami meridionale, ciascuno dei quali è diviso in molti dialetti diversi.
Gruppi
Sin dai tempi antichi, i Sami sono stati divisi in tre grandi gruppi principali:
Sami delle Foreste: vivono in piccoli gruppi siida nelle foreste di Svezia e Finlandia. Si guadagnano da vivere pescando nei laghi e nei fiumi, e con la caccia degli animali selvaggi della foresta.
Sami delle Montagne: i Sami delle Montagne sono anche chiamati i Sami delle Renne. Vivono principalmente nelle montagne di Norvegia e Svezia. I Sami delle Montagne sono pastori di renne, ma si guadagnano da vivere anche con la caccia e la pesca. La pastorizia delle renne è un’attività relativamente recente, con il suo culmine tra il XVI ed il XIX secolo. Prima di allora, i Sami delle Montagne vivevano di caccia alla renna, all’alce, all’orso e al lupo così come di piccoli animali.
Sami del Mare: i Sami del Mare vivevano in tribù lungo la costa della Norvegia settentrionale e del Mare Artico. Queste tribù vivevano di caccia nella stagione invernale e di pesca nell’oceano nella stagione estiva.
Mitologia Sami
L’antica religione Sami è un capitolo a parte nella storia culturale. È ancora difficile dare una visione globale delle credenze religiose, a causa delle differenze regionali nei concetti del sacro. Inoltre, poi, i testi-fonte sono stati quasi esclusivamente scritti da missionari cristiani, che provenivano dalla società esterna, e molto raramente mostravano un benché minimo cenno di comprensione della cultura Sami, e non si preoccuparono neanche di nasconderne contenuti di concetto. I missionari avevano anche la tendenza a trasferire i propri concetti religiosi nell’antica religione.
Un terzo problema è che si tendeva a collegare la descrizione di argomenti importanti alla descrizione di tradizioni e riti locali.
Il quarto problema è che, comprensibilmente, i Sami erano riluttanti nel descrivere le proprie nozioni religiosi ad estranei.
Concezioni del Mondo
Le antiche concezioni Sami del mondo erano costruite su nozioni del culto della natura. La natura era considerata dotata di uno spirito, ovvero che ogni cosa avesse un’anima. I diversi fenomeni naturali avevano un loro protettore o una divinità, con il quale era importante mantenere un buon rapporto. Le piante e gli animali, i paesaggi, i laghi ed i fiumi, il vento ed il tempo, la luce ed il buio, l’estate e l’inverno, tutto aveva il proprio spirito, per dire la sua propria natura, e conseguentemente anche la propria divinità.
La divisione tra bene e male, cui siamo abituati con le religioni monoteistiche, non esiste.
La natura e le sue divinità contemplano tutte le circostanze della vita, e possono esprimersi in diversi modi. È da queste divinità che gli umani ricevettero la loro ricchezza e la loro salute, e se avessero offeso l’ordine della natura le divinità si sarebbero vendicate, per esempio, trattenendo gli animali della foresta, facendo ammalare la gente, o causando disastri naturali.
Per mantenere buoni rapporti con le divinità, i popoli mostravano il loro rispetto con cerimonie e sacrifici religiosi. Le occasioni per i rituali religiosi potevano essere mantenere una buona caccia ed una buona pesca, l’aiuto contro le malattie, per la salute delle renne, o per essere sicuri che la gravidanza e la nascita andassero bene.
Il Cosmo e lo sciamanesimo
Il cosmo dei Sami era diviso in tre sfere principali. Oltre al mondo reale, c’era anche il mondo celestiale, il Saivo, e l’oltretomba. Le divinità, gli spiriti e gli esseri spirituali abitavano tutte queste sfere ed oltre a queste, gli umani e naturalmente gli animali abitavano il mondo reale, mentre l’oltretomba era il mondo dei morti.
Non era possibile che gli umani lasciassero vivi il mondo reale, ma secondo lo speciale principio vitale dei Sami – che in ogni caso essi condividono con il resto degli abitanti della regione del circolo polare e con le popolazioni native del continente nord e sud-americano – degli sciamani specialmente addestrati potevano visitare i mondi spirituali per conto del popolo.
Il principio vitale, in termini generali, era che il corpo umano ha almeno due anime.
La prima è lo “spirito della vita”, che è connesso al corpo stesso, lo scheletro del respiro, e finché funziona, si è vivi. Quando lo “spirito della vita” lascia il corpo, si muore.
La seconda anima è lo “spirito libero”, che può lasciare il corpo per brevi o lunghi periodi. È tramite questo principio che l’anima dello sciamano è capace di lasciare il suo corpo ed entrare nei mondi esterni.
La parola sciamano deriva da un’altra popolazione del circolo polare, gli Evenki o Tungus, che vivevano nel nord della Siberia, tra i fiumi Jenisej e Lena. La parola Sami per indicare lo sciamano è Noaide. I Noaide erano membri normali delle tribù, con speciali facoltà mentali. Essi erano veggenti, potevano predire il futuro, guidare le persone in ambito spirituale, e spesso erano anche guaritori. Se necessario, il Noaide poteva entrare in estasi tramite la forza del tamburo ritmico, degli joik (una speciale tecnica per cantare le canzoni, tipicamente Sami) o tramite l’uso di droghe euforizzanti. Quando il Noaide entrava in trance, il suo corpo rimaneva immobile, egli era solitamente in posizione supina, mentre il suo spirito libero lasciava il corpo e andava nei mondi degli spiriti o dei morti. Lo scopo del viaggio spirituale poteva essere scoprire quali tabù gli umani avessero infranto, e in conseguenza dei quali avevano perso la loro buona sorte, o per cercare lo spirito libero di una persona malata e riportarlo indietro.
Quando lo spirito libero ha lasciato il corpo del Noaide incontra i suoi spiriti guida, spesso in forma di animali, che lo guidano nel passaggio alla sfera spirituale. Mentre il corpo dello sciamano è “senz’anima” i suoi assistenti aspettano, per guidare il ritorno del suo spirito libero o per salvare la sua vita nel caso in cui qualcosa vada storto durante la veggenza.
Divinità
Quando si parla di “divinità” Sami spesso parliamo pensando al riflesso del dio cristiano, o con la concezione dei missionari e non con quella dei Sami. Essi possono probabilmente essere considerati come degli spiriti o delle divinità con specifici ambiti di attività.
Ci sono spiriti più o meno significativi nell’antica religione Sami, e la maggior parte di loro sono, naturalmente, connessi alla natura, alla caccia ed alla vita domestica. La pronuncia dei nomi varia a seconda dell’area in cui ci si trova, dell’autore della fonte, così lo spelling è mutevole.
Fenomeni naturali
Molte divinità sono collegate ai fenomeni naturali. Nel mondo artico la natura ha un ruolo fondamentale per le possibilità di sopravvivere, per cui non ci si deve meravigliare se i maggiori fenomeni naturali hanno la loro propria divinità.
Jubmel, Radien-attje e Vearalden Olmai
La divinità superiore o celestiale dei Sami si chiama Jubmel o Ibmel, un parallelo del finlandese Jumala (dio). I Sami svedesi hanno invece una figura che si chiama Radien-attje (“colui che governa” o “padre superiore”) in cima alla gerarchia divina. Per confondere ancora di più, c’è anche un certo Vearalden Olmai (“l’uomo del Mondo”) in cima alla gerarchia. Comunque non c’è dubbio che i diversi nomi si riferiscano alla stessa divinità, cui si fa riferimento come Radien-attje.
La divinità superiore è il governatore del Cosmo. In suo onore, i Sami reggono un palo sacrificale ogni autunno, come simbolo della colonna portante del mondo, considerata la connessione tra il mondo ed il firmamento. La colonna dal centro della terra raggiungeva un punto nel firmamento: la stella polare. La divinità superiore era anche “colui che dà la vita” ed era considerata la divinità della fertilità.
Radien-attje è spesso raffigurato come la figura portante in una triade che, oltre a lui, consiste di Radien-akka (Materakka, la madre suprema) ed il loro figlio Radien-pardne. Ci sono critici che sostengono che questa triade sia la conseguenza dell’incontro con la religione cristiana, e che corrisponda a Padre, Figlio e Spirito Santo. Se fosse così, è interessante che i Sami abbiano sostituito lo Spirito Santo con la moglie di un dio. In alcune versione la famiglia divina include anche una figlia.
Come divinità superiore Radien-attje pertiene l’intelligenza superiore, mentre suo figlio Radien-pardne pertiene alle cose pratiche.
Beivve
Beivve, Beiwe, Bievve, Beaivi o Biejje è il nome del Sole e della divinità solare. Beivve a volte viene raffigurato come maschile, ma nella maggior parte dei casi è una divinità femminile.
In una società come quella a nord del Circolo Polare, dove il sole nel periodo invernale non raggiunge neanche l’orizzonte, non è difficile credere che la divinità solare fosse apprezzata e avesse un ruolo principale nella coerenza del culto.
Nel solstizio d’inverno una femmina bianca di renna era sacrificata in onore di Beivve per assicurarsi che tornasse nel mondo e portasse a termine la lunga stagione invernale. Nel periodo dell’anno in cui ritornava il sole si spalmava del burro (che si scioglie al sole) sugli stipiti delle porte, come sacrificio a Beivve così che potesse riprendere le forze nella sua convalescenza e salire sempre più in alto nel cielo.
Durante il solstizio d’estate la gente faceva degli anelli a forma di sole fatti di foglie e li appendeva in suo onore. In questa occasione si mangiava del burro come pranzo rituale.
Beivve era spesso accompagnata da sua figlia, Beivve-neita (“la ragazza del sole”) in un recinto di ramificazioni di corna di renna.
Beivve riportava la fertilità nella regione artica, faceva crescere le piante così che le renne potessero nutrirsi e riprodursi, e portava ricchezza e prosperità agli uomini.
Nel periodo dell’anno in cui Beivve ritornava si pregava per le persone che erano mentalmente instabili. I Sami consideravano – abbastanza correttamente – la pazzia sotto forma di psicosi e la depressione era causata dalla mancanza del sole e della luce durante la buia stagione invernale.
Mano
La divinità femminile Mano o Manno è la personificazione della Luna. Come altre divinità naturali, Mano era abbastanza imprevedibile e pericolosa. Era adorata nel periodo della luna nuova, specialmente nella stagione natalizia, ed in quel periodo era tabù fare qualunque tipo di rumore.
Horagallis
Horagallis (“l’uomo del tuono”), Toragallis, Dierpmis o Tiermes, sono i nomi della divinità del tuono. Horagallis, spesso raffigurato con un martello in ogni mano, era ritenuto nei primi tempi un riflesso del dio norreno del tuono, Thor, ma tale ipotesi è assai improbabile.
Oltre ad essere dio del tuono, Horagallis era anche considerato la divinità della fertilità. Era lui a causare la pioggia che faceva crescere le piante. L’arcobaleno era l’arco di Horagallis, e lui lo utilizzava per scacciare gli spiriti del male ed i troll.
Come la maggior parte delle divinità della natura, anche Horagallis aveva i suoi lati oscuri. Poteva diventare furioso e abbastanza pericoloso, e la gente faceva dei sacrifici a lui dedicati per impedire che facesse male agli uomini e agli animali causando inondazioni o incendi nelle foreste.
Bieggolmai
Bieggolmai (“l’uomo del vento”) era l’imprevedibile divinità del vento e della tempesta. Generalmente è raffigurato con due pale nelle mani, che utilizzava per mescolare i venti dentro e fuori della sua caverna.
Thjathjeolmai
Thjathjeolmai (“l’uomo dell’acqua”) presidiava i laghi ed i fiumi, e dava fortuna nella pesca. La parola Thjathje significa “acqua”, e si dice sia all’origine del nome del gigante norreno Tjatsi.
Leibolmai
Leibolmai (“l’uomo di sangue” o “l’uomo dell’ontano”) era la divinità della caccia. Era il governatore degli animali selvaggi nella foresta, ed i cacciatori facevano dei sacrifici in suo onore per ottenere fortuna nella caccia.
Leibolmai non andava d’accordo con gli akkas, le divinità domestiche. Se gli akkas cambiavano il genere di un embrione da femmina a maschio, dovevano darlo a Leibolmai.
Per qualche motivo Leibolmai disprezzava le ragazze, e probabilmente questo era un riflesso della distinzione tra lavoro femminile e maschile, che è molto distinto nel mondo sacro dei Sami.
Jabmeakka
Il mondo dei morti presso i Sami era chiamato Jabmeaimo ed era situato sotto la superficie della terra. Il governatore del Jabmeaimo era la divinità femminile della morte Jabmeakka.
Le persone che avevano vissuto la loro vita seguendo i precetti religiosi dopo la loro morte giungevano nel Jabmeaimo. Veniva dato loro un nuovo copro, e dopo esser rimasti lì per un po’ di tempo, salivano nel Saivo, le sfere celesti.
I Sami credevano che se una persona si ammalava, i morti – spesso i parenti morti del paziente – ne avevano rapito lo “spirito libero”. Ecco perché il Noaide doveva andare nel Jabmeaimo per negoziare con Jabmeakka lo spirito del paziente. Se Jabmeakka era d’accordo nel rilasciare lo spirito del paziente – in cambio di idonei sacrifici – lo “spirito libero” ritornava al suo proprietario. Se lo spirito rapito non ritornava, il paziente moriva.
Rota
Un’altra terra dei morti, forse peggiore, era chiamata Rotaimo, governata dal maligno Rota, personificazione della malattia e della morte. Contrariamente alla pratica Sami, egli viaggiava su un cavallo. Il cavallo tra i Sami era un animale temuto e detestato, probabilmente perché era il mezzo di trasporto preferito dai norreni.
Le persone che non vivevano le loro vite secondo gli ordini naturali giungevano a Rotaimo, nell’oltretomba più profondo. Anch’essi ricevevano un corpo nuovo, ma non abbandonavano mai più Rotaimo.
Le Divinità Domestiche
Uno degli aspetti che rende la religione Sami così speciale è la differenza significativa tra uomini e donne nella vita sacra e cerimoniale. Le differenze erano causate dal fatto che gli ambiti di attività erano molto divisi parlando di doveri maschili e femminili. Mentre i rituali maschili in particolare riguardavano la caccia, la pesca ed il tempo, le cerimonie femminili riguardavano prevalentemente l’ambiente domestico.
Le divinità domestiche erano Materakka e le sue tre figlie: Sarakka, Uksakka e Juoksakka.
Materakka
Materakka significa “la grande madre” o “la grande nonna”. Era situata lungo la parte interna delle mura di una casa.
Sarakka
Sarakka significa “la tessitrice” e viveva sotto il caminetto. Sarakka era la madre del fuoco, e le persone le dedicavano dei sacrifici gettando un po’ della loro bevanda sul fuoco nel camino. Era anche la divinità delle nascite, e le venivano dedicati sacrifici dopo la nascita di un bambino.
Insieme a sua madre, Sarakka era anche responsabile della fertilità per gli animali domestici, e le venivano dedicati sacrifici per ottenere la fertilità sia fra gli umani che fra gli animali.
Contraddittoriamente, non sono solo le donne a venerare Sarakka, ma anche gli uomini.
Uksakka
Uksakka significa “la madre della porta” e vive proprio sull’uscio. Era la protettrice dei bambini piccoli, specialmente nel periodo in cui cominciavano a camminare.
Juoksakka
Juoksakka significa “la madre del fiocco”, e si trovava nella parte più interna della casa, nell’area sacra accanto al camino. Durante la gravidanza, Juoksakka decideva se l’embrione dovesse essere femmina o maschio.
Queste divinità erano protettrici della casa, delle donne, della gravidanza e delle nascite.
C’è un articolo molto bello sulle funzioni degli akkas intitolato Afguderiets Dempelse (“Oppressione del paganesimo”), scritto dal missionario Jens Kildal intorno al 1740.
Nell’articolo risulta chiaro che i Sami credevano che tutti gli embrioni in origine fossero femmine. Quando un bambino era concepito la divinità superiore Radien-pardne dava la sua anima a Materakka. Lei portava la nuova anima a Sarakka, che faceva sì che intorno ad essa crescesse un corpo, e poi lo poneva nel grembo di sua madre. Se venivano fatti i sacrifici corretti, Juoksakka poteva interferire e cambiare il genere dell’embrione in un maschietto. Dopo l’interferenza, Juoksakka doveva dare il bambino al suo nemico Leibolmai. Sarakka stessa supervisionava la nascita, e durante il parto Uksakka faceva la guardia alla porta. Dopo la nascita, Uksakka proteggeva il bambino dagli urti e dalle cadute.
Altri spiriti
Oltre ai suddetti spiriti e divinità c’erano numerose altre creature meno significative nel mondo delle credenze Sami. Tra gli altri esseri c’era ancora un’altra dea della fertilità, Rananeida, che tutelava la primavera ed i primi germogli.
Un fenomeno del tutto particolare erano i cosiddetti “uomini delle feste”, Ailekes-olmak o Passe-olmak, che facevano attenzione che nessuno infrangesse i tabù delle festività.
Ai margini del villaggio viveva Giedde-gaesj-galgo, che proteggeva i confini e, nella natura, viveva lo strano Uldda (simile al norreno Huldufolk) ed il sovrannaturale Katnihah.
C’erano anche alcuni esseri strani chiamati stallu. Stallu, che appaiono in molte leggende del folklore Sami, erano grandi e forti, ma dalla mente molto semplice. Vivevano nelle foreste ed erano sempre accompagnati da un cane. A volte, gli stallu rapivano giovani ragazze Sami per sposarle. Si pensa che la figura dello stallu sia derivata dai primi contatti tra i Sami ed i norreni.