Nella maggioranza degli abitanti del pianeta Terra è presente lo strano bisogno di ciò che essi chiamano “pavoneggiarsi” e di provocare negli altri l’espressione dell’impulso esserico detto “meraviglia”. Per via di questo strano bisogno, essi provano soddisfazione alla vista della meraviglia provocata negli altri dal loro aspetto esteriore, combinato esattamente secondo le esigenze di ciò che laggiù chiamano “moda”, un’usanza funesta e diventata ai nostri giorni uno dei fattori esserici il cui automatismo non lascia più loro né il tempo né la possibilità di vedere e di sentire la realtà. Questa usanza, per loro così funesta, consiste nel modificare periodicamente la forma esteriore di ciò che si chiama “il velo della loro nullità”. A quegli strani esseri è sempre piaciuto agghindarsi con perle e turchesi, come d’altronde con tante altre “preziose carabattole”, al solo fine, dicono, di “ornare” il loro aspetto esteriore. Ma se vuoi la mia opinione, lo fanno semplicemente per istinto, nella speranza di far rialzare il loro “valore interiore”, di per sé nullo. Un simile fenomeno accade anche per ciò che essi chiamano “sapere”. Quanto più qualcuno immagazzina nozioni che non ha mai verificato, e ancor meno provato personalmente, tanto più è considerato “sapiente” e rispettato dagli altri. Essi non viaggiano per acquisire più sapere e più informazioni, ma ancora una volta, per la loro vanità, per poter dire poi a voce alta, conversando con gli amici e i conoscenti: “Sono stato qui e ho visto questo, questo e quest’altro”. Di quello che hanno visto e che cosa significhi, cosa gliene importa? Essi hanno soltanto bisogno del “fatto” di essere stati in quel tal posto e di aver visto tutto a grandi linee. Tutto ciò è più che sufficiente, dato che più tardi, in qualche conversazione, ciascuno di loro potrà dire spudoratamente e con la coscienza a posto che anche lui è stato lì, lì e lì. E tutti gli altri penseranno che costui non è una “schiappa”, ma che è proprio stato in quel luogo e ha visto tutte le curiosità che qualsiasi persona “colta” deve aver visto. Quest’abitudine di giudicare i meriti degli esseri secondo la loro effimera apparenza esteriore, radicandosi in loro a poco a poco, ha continuato a sviluppare e a rinforzare la loro illusione che l’acquisizione dell’”essere-individualità” si limita precisamente a tale apparenza, e tutti, soggettivamente, si sforzano solo in tal senso. Ecco perché, ai giorni nostri, fin dal momento della loro venuta al mondo, tutti a poco a poco cominciano a perdere perfino il “gusto”, e anche il “desiderio”, di ciò che si chiama l’”Essere esserico oggettivo”.