C’è bisogno di quiete.
C’è bisogno di silenzio.
Non di quello imposto,
ma di una musica personale.
C’è bisogno di parole.
Non di slogan, non di spinte, non di urla.
C’è bisogno di sogni.
Anche di incubi.
Ma che siano personali,
non in affitto.
C’è bisogno di muoversi.
Anche senza andare da nessuna parte.
Anche senza code.
Anche senza caselli.
Anche senza cellulare.
C’è bisogno di chiudere gli occhi
e di tenerli aperti
ad intermittenza,
non di fare tutte e due le cose insieme:
perché se dentro li chiudi quando fuori li tieni aperti non vedi nulla
sul serio
del mondo
delle persone
delle facce
delle storie
che ti circondano e che premono sulla tua vita.
Se gli occhi sono chiusi,
bene,
se sono aperti,
bene.
Ma non facciamo casino, per favore.
C’è bisogno di sapone per la mente e per il corpo,
c’è bisogno di lavare via la polvere del superfluo e dell’imposto
amori compresi
onori compresi
oneri compresi
delitti compresi.
C’è bisogno di esserci, ora
come
sempre.
Senza nome, senza sigle, senza bandiere.
Ma mai fino ad ora l’avevo capito.
C’è bisogno di correre con il pensiero,
non solo nelle palestre.
C’è bisogno di musica,
quella che fa crescere e che non rimbambisce,
buona sana musica che ti invade e ti fa salire
salire
salire.
C’è bisogno di noi, adesso.
Perché sennò non saremmo qui,
ma in televisione a parlare di tette rifatte
di cocaina
di politica
di calcio
di omicidi
di cani
di gatti
del mondo che non c’è
del mondo che vogliono
ma che nessuno vive.
Che nessuno calpesta,
che nessuno ascolta,
che nessuno respira.
Ora.
Adesso.
Prima che scada il tempo.
Prima di finirla.
Prima di esplodere.
Prima di smettere di scrivere.
Adesso.
Ora.