Di Simone Delvecchio
Fonte: https://www.riflessioni.it/esoterismo/rune.htm
È con un sospiro di sollievo che inizio a scrivere della mia esperienza. Anzi, è con un sospiro di sollievo che ho accolto l’idea di Daniele di metterla per iscritto, ed ho capito soltanto qualche ora dopo perché il suo invito mi abbia dato un tale senso di liberazione.
Ho sempre sussurrato, appunto, timidamente questa storia a poche orecchie disposte ad ascoltare. Quelle orecchie che ho sentito, dentro di me, affini e capaci di intendere ciò che si nasconde dietro alle parole.
A volte, involontariamente, dico o faccio cose enigmatiche, come per testare l’altro e decidere fino a che punto io possa spingermi, aprirmi e svelarmi, proprio come fanno con me le Rune; e finora, la possibilità di farlo pienamente mi si è offerta soltanto con due persone (una, in particolare, se mi abbia offerto la sua comprensione tramite un processo cosciente o meno, non lo so).
E d’altra parte, se ciò che è in alto è come ciò che è in basso, non è neanche necessario un grande impegno intellettuale da parte dei miei interlocutori: se avete bene interiorizzato questo semplice assioma, avete già la chiave di lettura più corretta sul percorso delle Rune.
Le Rune sono simboli scarni, schivi, letali, semplici e diretti. Mi attirano, mi incuriosiscono, mi ci perdo.
La maggior parte delle attuali conoscenze su di esse ne circoscrive il senso ad un inutile alfabeto antico lasciato indietro dal tempo, o nella migliore delle ipotesi ad uno strumento divinatorio; ma per fortuna ci sono anche persone che vanno più a fondo, anche se non sono tante.
Io penso che la divinazione fine a sé stessa, sia solamente l’ultima cosa (per potere ed importanza) cui le Rune danno accesso. Mi capita di praticare qualche volta la divinazione con le Rune, ma mi sembra quasi di mancar loro di rispetto, confinando i loro messaggi nell’ambito ristretto di regole interpretative e di richieste che nel 99% dei casi sono ricerca di conferme e basta.
Secondo me, invece, è un errore interpretare lo strumento Rune secondo la mentalità odierna, per cui qualcosa che è scritto serve solo per comunicare. Se davvero fosse così, sarebbe necessario concludere che ci troviamo di fronte ad uno strumento di comunicazione mediocre e disordinato, visto che per comprenderne il senso è di norma necessario un processo mentale assai laborioso.
Esempio: le Rune Gebo e Ansuz sono state incise in questa sequenza su armi da battaglia. Cosa significa, quindi, “GA”?
Gebo è la Runa dello scambio, Ansuz è (semplificando) la Runa del saggio consigliere: parrebbe quindi che non ci sia alcun nesso con le armi, né con la guerra. Ci fanno venire in mente piuttosto uno scambio di consigli, o tuttalpiù (forzando un po’ l’interpretazione) uno scambio di provocatorie battute tra due avversari impegnati in un duello; o ancora, un’invocazione agli Dei per ricevere consigli e assistenza in battaglia… dipani coscienziosamente tutto il filo di queste riflessioni, e poi dici a te stesso: ma dove sto andando a perdermi? “GA” era probabilmente l’urlo che veniva scagliato durante la carica, all’inizio della battaglia. Fine.
Che cosa abbiamo fatto per arrivare a questo risultato? Ci siamo abbandonati al senso del messaggio comunicatoci dalle Rune, senza cercare di forzarlo con la nostra mente. E se ci permettessimo uno stato di intenso ascolto attivo, riusciremmo ad andare anche più a fondo.
L’insegnamento è che, se non sapremo abbandonarci, percorreremo sempre la strada sbagliata, oppure percorreremo male la strada giusta. Nella migliore delle ipotesi, ci perderemo la contemplazione del paesaggio – che viene dalla consapevolezza, perché la consapevolezza è abbandono.
Con questo cosa voglio dire? Partiamo dal principio.
Accennerò molto velocemente e superficialmente a tutta la storia e le nozioni di base sulle Rune, che potete trovare tranquillamente su internet o in qualche lettura anche di facile reperibilità.
Le Rune (da un termine che significa segreto o sussurro) sono simboli di conoscenza che si sarebbero svelati a Odino dopo giorni di sacrificio, appeso ad un albero a testa in giù; dopo un paio di passaggi tra Dei, sono state poi trasmesse, insegnate ed inviate agli uomini.
Sono state usate per mandare messaggi, per dare protezione in battaglia, divinare, ornare (o creare) ambienti specifici come potrebbero aver fatto, tramite i geroglifici, gli antichi Egizi; per pregare, per scrivere messaggi cifrati… Insomma, per tantissime cose.
Quando sono stato iniziato alle Rune, tremavo. Le ho prese, me le sono strusciate sulla faccia, le ho sparse sul letto e nudo mi ci sono steso sopra.
Sì, sembra ridicolo, e probabilmente lo è. Ma è stato un richiamo molto forte, come se non fossi stato io a spingere il corpo Simone a compiere quelle azioni. Come se il fatto di essere venuto al mondo e di aver vissuto fosse servito soltanto per portarmi a quel momento.
Man mano che le scoprivo, a partire dalla Runa del giorno (un ottimo esercizio per familiarizzare con il significato di ogni singola Runa), sono rimasto sempre più stupito di come questi simboli portassero con loro dei consigli, dei pensieri, degli atteggiamenti che mi condizionavano (anzi, mi condizionano) per tutta la giornata, fino all’estrazione della Runa del giorno successivo.
Il mio lavoro sulle Rune è sempre stato, ed è, tremendamente graduale. Poco mi viene concesso, e molto lentamente. Soltanto di rado – in quei momenti di confusione, che possono capitare a tutti, in cui non si è in grado di gestire appropriatamente il corpo e le emozioni – le Rune si fanno più potenti, e mandano messaggi dai quali il raziocinio e la logica sono completamente esclusi, come nei sogni.
In questo modo, dall’incontro con le Rune mi si è aperto qualcosa di molto profondo e nascosto.
Più cerco di avvicinarmi, meno mi è dato di sapere; più mi abbandono al mio albero, più loro si rivelano a me.
Cerco costantemente di mantenermi piuttosto scettico quando leggo nel cielo una Runa creata dalle scie chimiche, o in terra una Runa creata dai rami degli alberi caduti, o in verticale dalle crepe di un muro. La mia preoccupazione è sempre quella di autocondizionarmi troppo, tanta è la passione e l’energia che ho investito ed investo in questa ricerca di me stesso.
Eppure, questo accade inevitabilmente (o quasi) entro tre giorni da quando (qui uso una terminologia che è cara a molti appassionati di Rune) ho fatto una domanda all’Universo; ed allora, quando mi capita di scorgere quella Runa nel cielo, per terra o altrove, io so già che è una risposta per me!
Di norma, quella che arriva in questo modo non è mai una risposta del tutto chiara o risolutrice. È sempre in qualche maniera scomoda. Richiede sempre un’introspezione ed un’analisi degli eventi. Pretende che io faccia il processo a certe situazioni che mi sono creato, e propone pensieri talmente inattesi e complessi da richiedere certe volte addirittura settimane di meditazione ed elaborazione; ed ancora, pretende sforzo, concentrazione e abbandono per comprendere appieno il senso dello svilupparsi delle Rune, della loro sequenza…
Di norma è così; mentre invece altre volte la risposta è semplicissima, quale non potrebbe essere neanche il consiglio del mio migliore amico.
In ogni caso, le sequenze di pensiero suggerite dalle Rune hanno in comune la caratteristica di avere parecchi significati, e di conseguenza parecchie chiavi interpretative; credo perché lo stesso vale per le condizioni che hanno spinto a formulare la domanda, per il sentito a monte di ogni singola situazione.
Questo è un po’ il bello e il brutto di tutti i loro responsi. Sono due, tre o quattro, cinque righe incise nei più svariati materiali, e null’altro. Ma proprio per questo celano un potere immenso, che va indagato e studiato un poco alla volta; e solo una piccola percentuale del loro significato si apre, a loro discrezione, al ricercatore puro in cerca di sé stesso.
Le Rune risvegliano perché spingono l’uomo al lavoro. Non sono certo una cosa per i pigri, o per chi cerca risposte invece di cercare le domande. I loro messaggi coinvolgono le parti più nascoste del nostro inconscio, e ci spingono a portare la luce su quegli aspetti che – volontariamente o meno – evitiamo di affrontare.
Ecco perché associare alle Rune soltanto la divinazione è tremendamente riduttivo; perché loro non sono affatto… tagli sul velo di Maya, bensì un’impareggiabile fonte attiva di provocazioni, rimproveri e consigli.
Una divinazione con le Rune, quindi, non è da intendere come la solita questione del voler prevedere il futuro, o del voler sapere cosa pensa o cosa ha fatto un’altra persona, o se quel lavoro è adatto a me, o se mai un giorno riuscirò a comprare una macchina!
Mettendoti a lavorare e risparmiare, la macchina potrai comprarla. Non servono certo le Rune per questo; anzi, se le svilisci usandole ripetutamente per questi scopi, probabilmente si risentiranno, e nelle loro risposte cominceranno a prenderti in giro.
Invece nei casi più gravi – nel buio più totale, nelle situazioni più disperate – è forse è il caso di usarle; ma sempre a condizione che il vostro stato di alterazione emotiva non vada a discapito dell’obbiettività! Fate attenzione a non disperdere le vostre risorse energetiche, se perdete il controllo il buon esito potrebbe allontanarsi.
Lo strumento delle Rune è un lavoro dentro di sé con in più un’energia autonoma propria: una specie di volontà incontaminata e inestinguibile che agisce sulla realtà, come se dietro ad ogni glifo ci fosse un’entità che muove fili di vibrazioni a lei consonanti. Come possono sembrare dei fili le righe che disegnano una singola Runa. Più Rune insieme sono intrecci di fili. E gli intrecci di fili mi fanno venire in mente la marionetta.
Se la marionetta è mossa da un soggetto inesperto, come è ognuno di noi quando si approccia a qualcosa di nuovo, allora si muoverà in maniera disorganizzata, imprecisa, poco fruibile per un osservatore esterno. Quando invece si inizierà ad avere padronanza dei fili, allora si potrà far fare alla marionetta una camminata, un saluto, un ballo, una recita, le si potrà dare una voce, la si potrà usare per mandare messaggi di qualsiasi tipo; e con l’allenamento, la dedizione, la tenacia e la costanza si potranno manovrare anche due marionette alla volta.
Ma ogni marionetta è a sé. Ogni marionetta ha dei limiti. Anche due marionette insieme, seppur potendo fare molte cose in più, avranno dei limiti. Ed il pubblico è sempre diverso!
Così le Rune. Imporranno dei limiti ad ogni utilizzatore. Oppure no.
Forse dipende dalla circostanza, dalle proprie doti, dall’affinità con questo strumento piuttosto che un altro. Resta il fatto che una Runa va sentita, porta con sé un odore, un’immagine, un’energia, un’emozione, un mondo che si adatteranno al soggetto e che gli permetteranno di essere lette da lui e lui soltanto, a prescindere dal glifo.
Le Rune insegnano, le Rune usano e non vengono usate. Non siamo noi a doverle interpretare, sono loro a farsi interpretare in qualche modo, a farsi capire, per esempio facendo venire un pensiero specifico, facendo accadere eventi, avvicinando o allontanando persone e chissà in quali altri modi.
Insomma il lavoro sulle Rune è un lavoro che va svolto nello studio di tutt’altre cose: il glifo, se vogliamo, è l’ultima cosa che ci riguarda.
Un esempio per capire questo principio: estraggo una Runa dal sacchetto, e pesco Berkana. Mi viene in mente la donna? Mi viene in mente il seno di una donna? Mi viene in mente la maternità? Mi viene in mente il principio femminile? Mi viene in mente la nascita di qualcuno o qualcosa? Mi viene in mente la mamma? Mi viene in mente la betulla? La funzione naturale della betulla? Il simbolismo della betulla? Il colore bianco? La purezza? Un nuovo inizio? Un momento di arresto? Un momento di attesa? Ma attesa come quella di Hagalaz? Come quella di Isa? Un momento in cui poter preparare il terreno? La richiesta di un sacrificio per qualcosa di più grande? La rigidità di un albero? Le radici superficiali dell’albero? La mancanza di profondità? E potrei continuare ancora e ancora, ma lascio a voi il divertimento di approfondire oltre un simbolo.
Quanto riuscirete ad andare a fondo? Sarà la Runa a parlarvi in base a quanto saprete aprirvi a lei, spingendovi – se ne sarete degni – anche a conoscenze che trascendono i limiti dell’universo finito.
Berkana, tra parentesi, se la vediamo ruotata di 90 gradi possiamo confonderla con Dagaz; e con le Rune situazioni di questo genere accadono molto più spesso di quanto si possa pensare, perché un’impressione – un’immagine – arriva spesso e volentieri alla coscienza prima del pensiero.
Quando questo ci accade, sarebbe un grave errore tralasciare il fatto, o prendersela con noi stessi per il nostro errore, o con l’imprecisione del sistema. Le domande corrette saranno piuttosto: qual è il senso? Cosa ci ha voluto dire Berkana? Cosa ci ha voluto dire Dagaz? Quale è la loro relazione? Quale relazione devo cercare? In che ordine le devo interpretare?
Inoltre, una Runa non ha dritto e rovescio: è piuttosto, contemporaneamente, il suo significato positivo e negativo. Sta a noi indirizzare o sfruttare la sua energia, o meglio, sta a noi capire quale lato stiamo alimentando (avviso utile ai principianti: tutte le storielle sul dritto ed il rovescio delle Rune che potrete trovare in rete o altrove sono solo masturbazioni mentali) – eppure tutti, anche gli interpreti più esperti, ci caschiamo sempre; così, quando vediamo i fili/righe comporsi nell’immagine di Berkana, cerchiamo costantemente di limitare l’interpretazione al suo glifo, e quindi ad una rosa ristretta di interpretazioni che qualcun altro ha deciso per noi… davvero in questo modo diamo poca fiducia sia alla Runa che a noi stessi!
Ripeto e ripeterò all’infinito: il lavoro con le Rune può essere cosa da poco, oppure cosa complessissima e avanzatissima. Fate vobis!
Saper davvero leggere nelle Rune richiede una conoscenza di sé stessi talmente reale da saper distinguere i pensieri che il cervello crea autonomamente (basandosi su ricordi e aspettative) da quelli che vengono realmente comunicati da qualcosa di esterno; per non parlare delle immagini, delle emozioni, delle sensazioni fisiche (calore, freddo, fibrillazioni muscolari, brividi, eccetera).
Un altro dubbio molto discusso è se l’interpretazione vada condotta in senso anagogico, logico od entrambi. Per come la vedo io, se vogliamo considerare le Rune come un alfabeto o un linguaggio va benissimo, ma a condizione di non scordare mai che queste lettere (o parole) hanno ognuna un proprio universo.
Riprendo il principio che ho accennato all’inizio e che spero tutti conoscano già: come sopra così sotto. Viviamo in un multiverso, ed il Futhark è un multiverso a sé.
E, giusto per ricollegarmi ancora una volta all’alfabeto e alla divinazione, vorrei dire due cose.
Per quanto riguarda il primo: perché nessuno ricorda mai che esiste una singola Runa, Ansuz, che rappresenta il consigliere saggio, il consiglio, la parola, quindi il dialogo, quindi le lettere, quindi le parole, quindi i significati (nascosti e non), quindi tutto ciò che ne consegue? L’universo linguaggio è già tutto in una singola Runa.
Per quanto riguarda la seconda: perché nessuno ricorda mai che esiste una singola Runa, Perth, che rappresenta la sorte, quindi il fato, quindi la fortuna, quindi il gioco, quindi il gioco d’azzardo, quindi tutto ciò che ne consegue? Anche l’universo divinazione sta tutto in una Runa!
Cerchiamo invece di imparare un po’ meglio l’arte dell’approfondimento.
A mano a mano che procedo nello studio e nella pratica, realizzo il potenziale che questo strumento cela, e un poco mi spaventa ancora. Sono in grado di gestire tale potere? Quali e quante responsabilità ho? Non tutto ancora mi è chiaro. Anzi…
Io continuo lungo questo percorso, in quanto mi fido degli eventi e cerco di fluire con essi. Se questa cosa è arrivata a me senza che la cercassi, senza che la chiedessi e soprattutto senza che ne conoscessi l’esistenza, un motivo ci sarà. E come sempre mi aspetto di capirlo col senno del poi. Ma non mi ci fascio la testa. Ora c’è e va bene così.
Dopo qualche tempo, dal giorno del loro arrivo, in cui uso le Rune solo per la Runa del giorno, arriva il momento di capire per cosa usarle, come usarle, quando usarle, perché usarle e per capire quale potere e quanto potere esse mi concedono. Tutto questo mi verrà comunicato solo successivamente: per ora devo accontentarmi di sapere che devo seguire una specie di mini-rito di autoiniziazione.
Accendo un incenso molto forte, proveniente dal Brasile. Un caro amico me lo ha regalato al suo ritorno da un viaggio, in cui in un villaggio gli è stato consegnato. Lo accendo per purificare ed isolare l’ambiente. Creo atmosfera rendendo la luce soffusa ed accendo una candela, che possa essere da riferimento se perderò l’orientamento.
Stendo un canovaccio nero sul tavolo, posizionandoci al centro il sacchetto rosso, in modo da estromettere tutte le influenze esterne durante l’estrazione.
Mi concentro qualche tempo prima sul respiro, per calmare la frequenza cardiaca e l’attività cerebrale.
Poi fisso il sacchetto per diversi minuti, in attesa di avere il consenso a procedere.
L’esecuzione di questi atti mi conduce a percepire me stesso in una trance molto particolare, paragonabile allo stato in cui ci si trova un attimo prima di addormentarsi.
Infine viene il momento, ed estraggo la mia Runa personale, senza sapere a quale scopo. Mi viene chiesto di sceglierne una a occhi chiusi dal sacchetto, senza pensare, senza intenzioni. Lascia che le tue dita siano guidate. Non cercare. Quando toccherai quella giusta lo saprai. Lascio che sia così.
Nulla. Non c’è nulla di disegnato o inciso su ciò che estraggo. È la Runa Bianca.
Non l’avevo ancora vista, non l’avevo esaminata, non l’avevo mai estratta. Divento improvvisamente euforico, mi si alza la frequenza cardiaca vorticosamente, fatico a ordinare i pensieri, e provo un misto di curiosità, eccitazione, delusione, voglia di fare.
Riesco comunque a chiedere spiegazioni alla mia Maestra Guida (che Dio la benedica sempre e per sempre), che mi dice di aver estratto la Runa simboleggiante il Wyrd: una sorta di Ti concedono pieno potere, puoi farne ciò che vuoi.
Evito di entrare nel merito del ciò che vuoi, non ho ancora capito cosa significa tutto questo. So solo che, ancora dopo anni, la vedo così: la Runa Bianca sono io.
Se qualcuno vuole comprendere meglio la particolarità del mio legame con lei, gli basti pensare che a me sarà capitato di estrarla al massimo cinque volte (senza contare quella prima) con tutti gli esperimenti e Rune del giorno che ho attraversato e sto attraversando, quindi migliaia di estrazioni.
Se mai qualcuno userà le mie Rune, estraendo Wyrd, sappia che sono io, e che quindi io c’entro profondamente – e molto intimamente – con la sua vita (ma ad oggi, una sola persona ha il mio permesso – ed il loro – di toccarle e farci ciò che vuole; quindi tutti belli calmi e tranquilli, starò lontano dalle vostre vite…).
Dopo la mia autoiniziazione, comincio a fare qualche esperimento, qualche prova per conoscere meglio le varie funzioni del Futhark – dall’alfabeto, alla divinazione, a esercizi o rituali che mi invento. Ci gioco un po’, ci gioco molto, forse troppo. Ma quanto è troppo?
Come se parlassi a degli amici, propongo alle Rune delle idee, delle cose da fare. Ma mi permetto questo in quanto sento che posso farlo.
Per esempio, parlo a voce alta col sacchetto. Inizialmente mi sento stupido. Ma, man mano che faccio questo esercizio mi sono ritrovato a fare veri e propri dialoghi con non so chi. Parlo e mi sembra di avere risposte, di ricevere domande, di fare anche chiacchierate come quelle che si fanno al bar.
No, non sono completamente pazzo. A volte è un semplice dialogo mentale tra me e me. Altre volte sembra proprio di avere davanti una o più persone che interagiscono con me.
Ci sono situazioni, invece, nelle quali non oso nemmeno toccare il sacchetto. È come se mi dicessero: In questa situazione non ti è dato sapere/fare, questa situazione devi viverla.
Spesso mi sento in colpa se salto la Runa del giorno e me ne dimentico. Ci sono anche periodi (anche di settimane) in cui mi scordo di avere sacchetto delle Rune con me.
Succede a volte che una Runa mi trasmetta poco o niente. Succede che io attribuisca poca importanza ad un messaggio, una serie o ad una singola estrazione.
Mi capita certe volte di provare a pensare ad un glifo specifico per richiamare una certa vibrazione o ricreare in me certe sensazioni. Altre volte ancora, mi porto dietro una Runa come amuleto, pescata oppure scelta volontariamente per studiarne una data caratteristica, o per avere sostegno in una specifica situazione (che siano loro a dirmi di cosa avrei bisogno e su cosa dovrei lavorare, o che sia io a scegliere di cosa ho bisogno o su cosa lavorare, poco mi importa).
Ho provato anche a metterle sotto il cuscino, per vedere gli effetti nel sonno e nel sogno.
Ho provato e continuo a provare tanto.
Al punto in cui sono ora, sembra quasi che io non debba fare più nulla. Sono loro ad agire per me.
Se per esempio mi ferisco le mani facendo un lavoro in giardino, noto che la ferita si rimargina solo dopo che due o tre Rune si sono formate dentro di essa, una alla volta.
La loro formazione, però, non è creata o incisa da me: nasce spontaneamente nel corpo. Si creano veri e propri tagli nella pelle o sulla pelle, che creano sensazioni molto differenti.
Mi è capitato di vedere in una ferita Ken, e provare per tutto il tempo in cui Ken è stata presente calore intenso in tutta la zona ferita: una sensazione tutt’altro che voluta o inventata – assolutamente tangibile, inevitabilmente reale. Anche sotto l’acqua fredda, la sensazione di calore persisteva imperterrita.
Se invece si forma Isa, ed ho la certezza che sia una Runa e non un taglio rettilineo, allora c’è fresco e freddo. Anche questo freddo, sotto acqua calda o con il dito immerso in acqua bollente, continua ad esserci.
Non commento il bruciore di questi esperimenti quando la ferita è aperta, e sono visibili gli strati vivi della pelle fresca ed umida…
Una piccola curiosità tecnica per chi ha già qualche nozione di base: notando le sincronicità, per quanto riguarda le ferite dai lavori in giardino, non manca mai Fehu. Che mi crea sensazioni come formicolii molto particolari e molto intensi. Per descriverli, potrei dirvi che mi sembra di sentire piccolissimi esseri che lavorano, come piccoli vermicelli che arano il terreno.
Estraggo le Rune solo quando ne sento un bisogno forte e disperato. Quando tutto è buio, quando vedo che da solo non cavo i tzampetti dal buco (come direbbe un mio amico, romagnolo come me), quando non riesco ad essere pienamente obiettivo e le mie emozioni o i miei pensieri offuscano la mia capacità di prendere decisioni, di ragionare e di agire nel giusto (anche se mi interrogo sempre su cosa il giusto sia), allora le estraggo.
Lo strumento delle Rune, come ogni altro strumento magico, deve essere usato per l’auto-conoscenza e l’auto-miglioramento. È uno strumento che va imparato per essere abbandonato, e poi donato a qualcuno che arriva.
È vero che il Maestro arriva solo quando l’Allievo è pronto, ma è altrettanto reale che l’Allievo arriva quando è pronto il Maestro.
I confini di questi ruoli sono tanto vacui quanto delicati. È un rapporto di Amore-Odio. Quale faccia della medaglia occorra guardare, spetta solo a noi. Ad un certo punto, poi, il Maestro/Allievo se ne va dall’Allievo/Maestro.
Più vado avanti in questo cammino, più mi sembra che ogni Runa sia supportata da una o più figure. Delle righe incise su un sasso possono davvero avere una loro vita autonoma? Devono avere qualcosa che le sostiene. Va bene il nome della divinità nordica delle leggende, ma di queste ultime nessuno di noi può vantare una conoscenza diretta – che cosa sono in realtà? Le forze della Natura? O le energie di ritorno della Terra? O i misterios di cui parla Daniele nei suoi articoli sul voodoo? (Personalmente, ho intenzione di prendere quest’ultima idea come una questione che proverò a verificare).
Da quando uso le Rune, di una cosa sono certo: la mia sensibilità e la mia percezione fisica, mentale ed emotiva sono aumentate. La mia mente è capace di concentrarsi con maggior forza e precisione, il mio fisico percepisce le tensioni in maniera più fine ed il tatto è diventato un radar esatto, ho imparato a conoscere meglio le mie emozioni e quindi quelle altrui. E per il lavoro che faccio, di massaggiatore terapista, è molto utile.
Le Rune però non hanno un potere solo, per così dire, eterico: hanno autorità anche sulla materia…
Ma qui devo fermarmi, perché sono stato avvertito di evitare di divulgare certe informazioni, non sono autorizzato ad approfondire questo argomento. Quando ho solo pensato di farlo (con quella persona di cui ho accennato all’inizio), tutto intorno a me stava cominciando a crollare: le persone si allontanavano, i rapporti si incrinavano, o c’era sempre motivo di discussione e trovavo zizzania ovunque; io accusavo malanni e la mia salute stava prendendo una piega poco piacevole, gli oggetti si rompevano o mi cadevano dalle mani, e tanto altro…
Voi non ci crederete, ma tutto questo è andato avanti fino al momento preciso in cui ho scelto di desistere dal rivelare come si possa interagire con le Rune per influenzare i processi della materia.
Quello che invece è lecito, e di più semplice applicazione (qualora si sia raggiunta una certa padronanza dello strumento), è l’agire sulla psiche, sulle emozioni e sul corpo proprio ed altrui.
Gli animali sono molto ricettivi alle Rune, anche se ho potuto verificare poco. Le piante, invece, sono certo che traggano giovamento dall’utilizzo dei glifi.
E di certo i fiori, gli alberi e i cristalli non hanno bisogno del nostro intervento: in caso di necessità se le incidono autonomamente, senza che dobbiamo agire di nostra volontà. Molte volte ho visto la pianta sul davanzale del mio studio iniziare a deperire, ma poi – puntualmente – vedo comparire una o più Rune su qualche fiore o foglia, e quelle foglie e quei fiori così marchiati ci mettono diversi giorni più degli altri ad appassire.
Anche durante una passeggiata, è facile leggere qualche Runa sui punti in cui un albero sta gettando resina, o è stato ferito in qualche modo. È molto singolare come sincronicità da osservare: c’è una ferita in un albero, e in qualche punto intorno c’è una Runa. Poi la ferita si rimargina e sparisce, e la Runa anche.
Sicuramente alle Rune non piace restare. Dopo un po’ se ne vanno. Se ne vedete una sulla corteccia di un albero, come ho detto, questa poi cambierà e la Runa non ci sarà più. Anche per i cristalli o sui sassi ed in tutto il mondo minerale accade la stessa cosa. Ed è ancora più incredibile, in quanto il mondo minerale ha tempi di adattamento molto più lunghi di quello vegetale!
Attenzione a tatuarle sulla pelle. Non so cosa possa accadere. Chissà, magari verificherò anche questa possibilità.
Credo che questo sia ancora, per il momento, un cammino che devo percorrere da solo (o quasi). Che una persona debba intraprenderlo autonomamente ed in solitudine, solo a partire dal momento in cui le Rune le vengono donate, senza che vi sia una richiesta esplicita a monte.
Non vorrei sembrare troppo tradizionalista, ma avendo compreso molto poco del loro funzionamento mi sento di farlo presente.
Quindi, tutto sommato, mi sento anche più tranquillo nel vedere che vengono usate per divinare, come si fa per la maggiore, o per scrivere in maniera alternativa un messaggio ad un amico, o chi per lui: le Rune non si risentono verso chi le utilizza in questi modi semplici e innocenti – forse proprio perché, se la persona poco informata sul loro potere si limita a questo, non rischia di fare danni a sé o agli altri.
Io, nel mio piccolo, sento come se certe conoscenze le avessi sempre avute. Come se ogni cosa che mi capita, che leggo e che mi viene detta frutti un link nel mio cervello. A volte mi sembra di passeggiare costantemente in un’internet di sogno, dove ogni passo propone pubblicità, collegamenti, chiarimenti, video, immagini, offerte e chi più ne ha più ne metta.
Forse, più in profondità, sappiamo tutti che il pensiero ci viene da qualcosa di altro da noi – ce lo siamo solo dimenticato.
Forse, oggi dobbiamo riscoprire le vecchie arti per poter fare un collegamento tra antico e moderno.
Stiamo bene in casa, ci facciamo tutti i giorni una doccia, ma ci copriamo quando piove perché altrimenti ci bagnamo.
Dobbiamo avere qualcuno o qualcosa che prende l’acqua per noi.
In pochi poi siamo rimasti che si permettono il lusso di bagnarsi dall’interno piangendo. Eppure la nostra saliva ha poteri curativi, e le nostre lacrime – essendo intrise di emozioni – ancora di più.
Ma la doccia è più comoda. La nostra pelle non profuma più, non è più né salata né dolce. Dobbiamo profumarla. Ed i fiori non hanno lo stesso odore del profumo che usiamo, quindi pensiamo che i produttori di profumi (o chi per loro) usino fiori falsi.
Forse, oggi dobbiamo sforzarci di unire l’oriente e l’occidente. Ci lasciamo abbindolare da quattro frasi dette dal guru del levante, ma nessuno studia come quel personaggio sia pervenuto a formulare quelle frasi.
È sempre il processo la parte importante, o meglio ancora: lo sforzo durante il processo. Semplifichiamo tutto, perché tutto è alla portata di tutti sempre, comunque e ovunque.
Così era anche ai tempi dei druidi, per esempio, anche se in maniera diversa. Oggi però l’aforisma del maestro è una bella frase da condividere sui social network, e non stimola più nessuna autentica riflessione interiore. E diffondendola in questo modo perde di potenza, disperde energia e rischia di essere dimenticata.
Prima si andava molto più in profondità, ma mancavano la consapevolezza e la tecnologia per comprendere ciò che si scopriva. Quindi era tutto magico. Come per un bambino, che vede per davvero ed è per davvero, ma non ne è consapevole e deve quindi sviluppare il suo ego per diventarne poi cosciente.
Ma continuiamo a dormire nella bambagia, senza vedere la comodità di una schiena appoggiata ad un albero. Per chi voglia provare, auguro di cominciare con una betulla.
Forse oggi il ruolo che rivestiamo in questo mondo, in questo momento, ci è dato per uno scopo che sappiamo benissimo qual è, ma che rifuggiamo perché ci risulta scomodo.
Io per primo, a volte mi sento Superman.
Altre volte, no.