Daniele Mansuino
Ci sono, beninteso, molto più di tre famiglie del voodoo dominicano in Italia se si tiene conto anche delle linee di successione che si tramandano in seno alla comunità dominicana; invece, per quanto ne so, sono tre quelle formate prevalentemente da Italiani (anche se non escludo che possano essercene altre di cui non ho notizia).
Di queste tre, due discendono dalla linea che la bruja Marisa Padilla Cruz di La Vega trasmise al sottoscritto nel 2005; come è narrato in due articoli di questa rubrica, Il voodoo dominicano 1 e Il voodoo dominicano 2.
Quanto alla terza, formatasi successivamente, si fregia di una successione meno legata alla tradizione rurale dominicana, ma assai prestigiosa : quella di Martha Montero, bruja di Santo Domingo Capital rinomata anche all’estero per l’elevato livello culturale e la serietà.
Per quanto riguarda le prime due famiglie, tutto cominciò nella notte tra il 7 e l’8 luglio del 2009, quando trasmisi i tre gradi del battesimo dominicano a tre giovani che erano entrati in contatto con me leggendo quegli articoli : si trattava dei brujos Andrea, Edmondo e Marco (nota : quella stessa notte, in un Tempio massonico, fu trasmesso loro anche il grado massonico di Principe Nigeriano, che al voodoo è ispirato, e che dopo due anni di relative difficoltà sembra stia conoscendo ora una bella ripresa : ne parlerò forse in uno dei miei prossimi articoli).
Neppure tre anni sono trascorsi, ma già molta acqua è passata sotto i ponti : in Italia, il voodoo dominicano è oggi una realtà in piena espansione, con circa una trentina di iniziati (parecchi dei quali brujos operativi) e un numero di simpatizzanti sicuramente superiore al centinaio.
Penso sia d’obbligo cominciare dalla famiglia del brujo Andrea, della quale anche il brujo Marco fa parte (per quanto sia un ragazzo di grandissima sensibilità e intelligenza, la sua natura – come la mia – rifugge dal ruolo di caposcuola).
Sebbene – come si vedrà – l’intero movimento del voodoo dominicano in Italia sia contrassegnato da un livello intellettuale notevolmente elevato, Andrea è il più grande, e credo possa essere definito uno dei maggiori esperti di macumbe interetniche latinoamericane oggi viventi ; ha scritto circa una trentina di libri sull’argomento, uno dei quali (El gran manual de las 21 divisiones – Ed. Il Crogiuolo) non è soltanto il primo libro italiano in materia, ma sicuramente uno dei più completi esistenti al mondo (lo ha dedicato a me, e di questo non smetto di ringraziarlo).
Non solo, ma Andrea ha la personalità del leader, e intorno a lui si è sviluppata la prima famiglia italiana in ordine cronologico, e di gran lunga la più a grande ; si può senz’altro dire che a lui vada ascritto il 99% del merito della diffusione del voodoo dominicano nel nostro Paese.
La famiglia di Andrea conferisce un’importanza prevalente all’aspetto religioso del voodoo, rifuggendo dalla classica immagine stregonesca dei bambolotti trafitti dagli spilli e degli zombies. Cinema e tv hanno ricamato su queste tematiche fino al punto da distorcere completamente una tradizione che non ha nulla a che vedere con la stregoneria come siamo abituati a concepirla.
Andrea pone l’accento sulle diverse tradizioni del voodoo, tramandando una conoscenza molto specifica non solo delle classiche differenze tra voodoo haitiano e dominicano, ma anche delle singole scuole ; le quali, come egli tende a sottolineare, pur avendo tutte l’Africa come matrice comune sono in realtà molto diverse nei miti, nella ritualità, nelle pratiche, nella concezione metafisica e negli spiriti cultuati – persino il modo di concepire le entità è differente.
La sua famiglia, oltre a essere la più numerosa, è anche quella più fortemente dedita a preservare l’ortodossia : non, come si vedrà, in una prospettiva di chiusura verso le altre macumbe – alle cui possibilità sincretiche guarda anzi con vivo interesse – ma senza dubbio nei confronti dell’esoterismo europeo, col quale non vede punti di contatto, mentre sottolinea volentieri le possibilità di dialogo tra voodoo e religioni.
Si tratta di un approccio – come i lettori possono capire – ben lontano da mio, ma del quale colgo appieno la dignità ; del resto, è ricalcato in gran parte su quelli che sono gli attuali rapporti tra macumbe e cattolicesimo nei Paesi latinoamericani, e senza dubbio la sua maggiore semplicità rispetto alle acrobazie intellettuali suggerite da noi esoteristi gli garantisce un futuro ricco di promesse. Per questo l’esperienza della famiglia di Andrea è sempre al centro dei miei pensieri, e seguo i suoi sviluppi con la massima attenzione.
Nella sua linea di trasmissione, il concetto di voodoo dominicano ruota attorno all’idea di una ben definita tradizione, volta a mantenere intatti i concetti base ed i prolegomeni della struttura stessa ; centrale è l’idea del mantenimento della cultura originaria, nonché della necessità di rivolgersi costantemente ad essa per tutelarla da ogni influsso eclettico o new age, tanto di moda in questa fase storica (parole di Andrea).
Nella famiglia di Andrea i sacerdoti del voodoo dominicano non vengono denominati comunemente brujo o bruja (definizione che io amo anche perché, riecheggiando Castaneda, sottolinea la parentela tra il mondo delle macumbe e le scuole sciamaniche dirette), ma con gli appellativi onorifici tradizionali : papabokòs se uomini, mambosas se donne.
Per quanto in essa, come stiamo per vedere, si pratichino a livello cultuale anche altre forme di macumba, resta sempre viva e presente l’attenzione agli aspetti storici e culturali, che soli consentono di sapere con esattezza ciò che si sta facendo.
Così, per esempio, si cercano di separare le interpolazioni di origine haitiana da quella che è la tradizione dominicana originaria ; così si dedica particolare spazio al culto dei misterios mayores, custodi della tradizione ; così di ogni singolo misterio viene pignolamente ricostruita la genealogia, in modo di poterlo collocare nel punto esatto che gli spetta.
Il papaboko Andrea ama porre al centro del suo insegnamento il raffronto tra le differenze dei vari rami del voodoo e quelli tra le religioni cristiane : cattolicesimo romano, cristianesimo protestante, sette evangeliche… Tutti hanno in comune la figura di Gesù Cristo, ma ciascuna la interpreta a modo proprio, in ragione di personaggi illuminati che hanno fondato una “nuova” religiosità, o di motivazioni politiche che hanno spinto una particolare Chiesa (è il caso di quella anglicana ai tempi di Enrico VIII) a staccarsi dalla madre chiesa di Roma.
Accidenti del medesimo genere, talvolta anche più drammatici perché legati alle vergognose vicende della schiavitù, hanno allontanato tra loro le diverse forme delle macumbe interetniche latinoamericane, e oggi le mutate condizioni del mondo – maggiore facilità delle comunicazioni, internet e così via – stanno propiziando un processo di riavvicinamento ; la famiglia di Andrea è senza dubbio la sola realtà culturale in Europa idonea a monitorare tale processo con attenzione e competenza, facendo di tale studio un mezzo di perfezionamento.
Non penso, ad esempio, che molti studiosi al mondo abbiano colto la sottile differenza insita tra le due denominazioni del voodoo haitiano e dominicano : il primo detto delle 21 nachons (21 nazioni), il secondo delle 21 divisiones. All’opposto della concezione haitiana, a Santo Domingo il misterio viene cultuato non in base alla provenienza bensì alla vibrazione, concetto nettamente più legato alla magia tradizionale europea ; ora, Andrea è stato il primo a sottolineare questa differenza, tra le cui implicazioni si può individuare la tendenza haitiana a cultuare le divinità in base a una più forte valenza territoriale e politica.
E’ questo un tratto del voodoo haitiano molto francese, cui il grande Milo Rigaud non aveva mancato di prestare attenzione ; ma che era andato perduto – come molte altre sottigliezze di significato – nell’ossessione per i risultati operativi che caratterizza purtroppo le ultime generazioni di voodoisti, inclini a trascurare la teoria senza minimamente rendersi conto di come questo equivalga a troncare le radici della propria arte, e di conseguenza scavarsi la fossa sotto i piedi.
In base alla stessa metodologia, Andrea porta all’attenzione dei suoi discepoli anche la struttura semplificata del voodoo di New Orleans : il più votato alla magia, e quello in cui – proprio per questo – la ritualistica risulta semplificata al massimo, quasi scarnificata.
Non tutti sanno che il voodoo di New Orleans deriva dall’hoodoo, uno scarno corpo dottrinale che coniuga la magia africana con quella occidentale. Si tratta in realtà di due discipline nettamente separate, in quanto i praticanti di hoodoo non necessariamente cultuano le divinità voodoo, e viceversa. Neppure negli Stati Uniti, credo, la comprensione di questo rapporto è mai giunta al grado di raffinatezza con cui se ne tratta nella famiglia di Andrea, offrendo al discepolo la possibilità di scegliere un cammino ad personam esplicitamente confezionato sulla base delle sue possibilità individuali.
Infine, il voodoo portoricano o sanse è una sorta di spiritismo di umbanda associato ai loa : molto vicino alle personali tendenze di Andrea, che pone al primo posto l’esperienza della trance e – forse per questo – guarda con particolare interesse al processo di avvicinamento tra le macumbe caraibiche e quelle brasiliane, che all’esperienza della trance dedicano uno spazio ancora maggiore.
Non solo nella sua famiglia, ma anche nelle altre due famiglie italiane di cui sto per trattare, è forse oggi il tema di dibattito più appassionato quanto sia opportuno meticciare il voodoo con modelli di tipo umbandista. Questo interrogativo – oltre a dare la misura di quanto il lavoro della famiglia di Andrea sia per tutti la guida, e di quanto gli indirizzi di lavoro da lui suggeriti riescano sempre a portarsi al centro dell’interesse generale – può anche fornire un’idea, almeno credo, dell’eccezionale livello qualitativo della scuola che ho avuto la fortuna di fondare : nella quale l’imperativo del perfezionamento teorico non è soltanto appannaggio di pochi intellettuali, ma anche la sostanza con cui ogni nuovo brujo viene formato.
Ancora, non credo che altrove – né in Italia né in Europa – venga insegnata la fondamentale differenza tra l’hounfor (tempio voodoo haitiano, riccamente attrezzato a livello rituale) e i centros dominicani, concepiti come semplici luoghi di incontro in cui gli iniziati realizzano le cerimonie ; da queste due differenti concezioni del luogo rituale derivano anche implicazioni sovrastrutturali altrettanto diverse.
Per esempio, mentre nel voodoo haitiano il fedele o l’iniziato restano sempre legati all’ hounfor dove hanno ricevuto il battesimo, nel voodoo dominicano non si sviluppa alcun rapporto di dipendenza tra iniziato ed iniziatore.
Il forte legame col luogo d’origine implica anche, nel voodoo haitiano, lo sviluppo di una ritualità tecnicamente più complessa : tutti infatti fanno riferimento a un luogo nel quale i materiali necessari al lavoro, anche quelli più difficili da reperire, sono sempre disponibili. Invece nel voodoo dominicano non troviamo strumenti come l’asson (il sonaglio rituale della tradizione haitiana per chiamare gli spiriti) ; non si fanno sacrifici di sangue (se non in casi rarissimi), proprio perché richiedono un alto livello di specializzazione e di attrezzatura ; inoltre, a Santo Domingo tutti i fedeli – indipendentemente dal fatto che siano iniziati o meno – possono servire i misterios ed ottenere dalle divinità ogni genere di aiuto – anche una persona non iniziata può essere caballo del santo, ossia essere cavalcata da un misterio, ed è evidente che chi scopra in sé questo dono si sentirà incentivato a ricevere il battesimo. Insomma, tutto è più semplice.
Tra parentesi : tra le migliaia di chiarimenti di cui a Andrea sono debitore, credo rivesta particolare importanza il fatto che per lui i gruppi in cui le divisiones possono essere radunate non sono tre, bensì quattro : oltre alle grandi divisioni note come rada, india e negra egli infatti conta anche la divisione però (e come vedremo più avanti, anche il brujo Edmondo è della stessa opinione).
Questo non è, devo dire, ciò che la bruja Marisa mi insegnò, e che scrissi nel mio articolo ; secondo lei, infatti, guedé e però sono le due parti costituenti la grande divisione nota come negra (almeno così io compresi). Andrea e Edmondo affermano però che la maggior parte dei brujos si attiene a questa divisione quaternaria, e io gli credo.
Marisa, d’altra parte, era proprio la maestra giusta per un aspirante brujo di formazione esoterica come me : da quello che ho visto poi, il voodoo da lei praticato era forse quello più vicino di ogni altro alla tradizione magica europea, e in quest’ottica rientrava senza dubbio anche il valore da lei conferito al ternario delle grandi divisioni (al quale oltretutto, secondo la sua prospettiva, corrispondono anche i tre colori della Grande Opera alchemica : nero, bianco e rosso).
Nell’estate 2011, la famiglia di Andrea – che è cresciuta ormai fino a superare la trentina di componenti, e non si contano i ritrovi e le iniziative a cui dà vita – ha conosciuto una crisi di crescenza : un certo numero di componenti se ne è distaccato per varie ragioni, non ultimo il dissenso sull’impostazione filo-umbandista che Andrea imprime ai lavori.
Sulle prime, in base alle sporadiche informazioni che mi giungevano da più parti, mi sembrava che i dissenzienti tendessero a loro volta ad aggregarsi in una seconda famiglia. Avevo questa impressione sulla base di due orientamenti che mi pareva li accomunassero :
– la loro attenzione alle possibilità di sincretismo tra il voodoo e le altre discipline esoteriche
– e alla possibilità di praticare le macumbe in una prospettiva di azione sociale.
O perlomeno, sicuramente questi due argomenti che mi stanno a cuore possono essere annoverati tra i principali motivi del fraterno disaccordo che separa Andrea dal più autorevole dei dissenzienti : il brujo Edmondo di Palermo.
Proprio nei giorni in cui riflettevo sul fatto che la famiglia da me creata si era spezzata in due rami, mi giunse anche la notizia della nascita di una terza famiglia – con una linea di successione completamente diversa dalla nostra – ad opera del brujo Osvaldo ; fu allora che concepii l’idea e il titolo di questo articolo, e contattai Andrea, Edmondo e Osvaldo chiedendo loro di contribuire ciascuno con un breve pezzo riguardo alle sue attività.
I contributi arrivarono tempestivamente, e mi lasciarono positivamente sorpreso non solo per la qualità ; ma anche perché ognuno di loro avrebbe potuto utilizzare il suo spazio per farsi pubblicità, mentre invece tutti e tre preferirono dilungarsi sulle rispettive posizioni teoriche, nella concorde convinzione che la prima esigenza per l’aspirante che leggerà questo articolo sia di entrare in contatto con il maestro più affine alla propria natura.
In un mondo come quello esoterico, nel quale molto spesso – al di là delle belle parole e dei nobili ideali – quando si tratta di interessi personali impera purtroppo il più gretto egocentrismo, non so davvero dove si potrebbe trovare un altro esempio di un atteggiamento tanto corretto e moderato.
In particolare, Edmondo – al quale, nella mia fantasia, avevo già attribuito il ruolo di capo della seconda famiglia – nel suo stile affettuoso e scanzonato mi rispose che lui aveva una sola famiglia, quella formata da sua moglie e suo figlio, e non ci teneva affatto ad assumere il presunto ruolo di guida per un gruppo che, tra l’altro, non si sa se si formerà mai : in quanto i dissenzienti da Andrea hanno intrapreso ciascuno percorsi diversi, alcuni dei quali si staccano dal voodoo.
Sembra dunque che secondo il brujo Edmondo le tre famiglie del voodoo dominicano in Italia siano due ; ma è soltanto la sua modestia ad affermarlo, ignorando il fatto che egli ogni giorno di più sta diventando il punto di riferimento per buona parte degli appassionati di macumbe del Meridione (ho avuto recentemente notizia di un nuovo gruppo che sarebbe in via di formazione a Napoli, ma ignoro i dettagli – dovessi saperne di più, non mancherò di informare i lettori).
Tra tutti e tre, l’intervento di Edmondo è – se possibile – il più lontano da ogni forma di autocelebrazione : una sorta di lectio magistralis che accenna brevemente alla storia del voodoo, per poi trattarne sinteticamente in ogni sua forma.
A differenza degli altri due non sono riuscito a parafrasarlo, e lo riporto quasi integralmente. Si apre con la magnifica Priére de Bois Cayman, che dette inizio alla Rivoluzione haitiana :
Bon Dieu qui fait soleil, qui claire nous en haut,
qui solavè la mer, qui fait l’orage grondè,
Bon Dieu, la z’autres tendez, cachè dans son nuage,
Et là gadè nous li woai tout ca blancs fait.
Bon Dieu mandè crime, et pas nous vlè bienfaits,
Mais Dieu là qui bon ordonnez nous vengeance ;
Li va conduit nous, li baille nous assistance.
Jetez prtraits dieu blancs, qui soif d’l’eau dans yeux nous,
Coutez la Libertè, qui nan Coeur à nous tous.
Buon Dio che ha fatto il sole che ci illumina dall’alto,
Che solleva il mare, che fa scendere il temporale,
Il buon Dio – ascoltate, voialtri ! – nascosto tra le sue nuvole, Ci guarda da lassù, e vede ciò che i bianchi fanno.
Il buon Dio mandò il crimine, non ci voleva felici, ma un altro Dio, che è buono, ci ordina vendetta.
Ci guiderà, ci assisterà ; Gettate le immagini degli dei bianchi, avidi delle nostre lacrime.
Ascoltate la Libertà, che nasce nel cuore di tutti noi.
Ma dobbiamo fare un passo indietro di un almeno un paio di secoli, prosegue Edmondo, e ripercorrere la storia per capire meglio quali furono i fatti che portarono alla rivolta di Bois Cayman.
Dal momento in cui Cristoforo Colombo scoprì l’America, la popolazione indigena di Haiti – composta da un milione di indios – in meno di vent’anni si ridusse a circa diecimila individui, che nei decenni seguenti scomparvero quasi del tutto. La popolazione indigena fu sostituita da quella bianca : avventurieri, bucanieri, filibustieri, proprietari terrieri.
A questo punto si pose il problema della mano d’opera, e un Padre domenicano (lo stesso ordine fautore e ardente sostenitore della Santa Inquisizione), Bartolomeo de Las Casas (che successivamente sarebbe stato elevato alla gloria degli altari…) propose di importare gli schiavi dall’Africa : iniziò così il periodo della tratta dei negri, che costò all’Africa (secondo M. Mathar M’Bow, direttore generale dell’UNESCO) cento milioni di abitanti.
Fu di Luigi XIV – con l’avallo di Santa Romana Chiesa – la bella idea di convertire gli schiavi al Cristianesimo ; promulgando il famoso “Codice Nero” (1685), che legalizzava, oltre alla conversione forzata, le pene da applicarsi con la frusta, il marchio rovente e anche le altre pene normalmente in uso nell’isola : come ad esempio quella particolare forma di pena di morte che consisteva nel legare il malcapitato su un palo e rosolarlo lentamente al fuoco (naturalmente con la giustificazione “Dio lo vuole”).
Sull’onda della Rivoluzione Francese, le “gens de couleur” cominciarono a far pressione sul governo coloniale per ottenere maggiori diritti. Nell’ottobre 1790, trecentocinquanta schiavi si ribellarono al governo ; il 15 maggio 1791, l’Assemblea Nazionale francese concesse i diritti politici a tutti i mulatti e ai neri nati liberi, ma nulla fu fatto per mutare la condizione di quanti erano ancora schiavi.
Il 22 agosto 1791, gli schiavi della zona di Cap Français (ora Cap Haitien) si ribellarono ai loro padroni. La ribellione degli schiavi si diffuse rapidamente, sotto il comando di Toussaint Louverture.
Egli fu favorito dalla stolida decisione del governo francese – spaventato dalle rivolte – di revocare i diritti concessi a neri liberi e mulatti, facendoli passare in massa dalla parte dei ribelli : in breve tempo le sue forze ebbero la meglio sulla debole milizia coloniale francese, molta parte della quale era formata da haitiani di leva che nel loro intimo simpatizzavano con Louverture.
Nel 1794, il governo rivoluzionario francese abolì la schiavitù, e questa grande gioia comune giovò alla pacificazione delle due forze, che unite respinsero vittoriosamente gli attacchi degli Inglesi e degli Spagnoli ; la cooperazione però ebbe termine nel 1802, quando Bonaparte mandò un esercito nel tentativo di riottenere il pieno controllo dell’isola, e i lealisti furono con lui.
Inizialmente i Francesi ebbero la meglio sugli isolani, costringendo Toussaint a una tregua ; tradito e catturato, morì in una prigione francese. Ciò non fece altro che riaccendere gli animi dei ribelli : Jean-Jacques Dessalines e Henry Cristophe decisero di interrompere la tregua e riprendere a combattere. La fortuna fu dalla loro parte : le truppe napoleoniche furono bloccate da una epidemia di febbre gialla, e sbaragliate dai ribelli a Vertières.
Il 1° gennaio 1804, l’ormai ex-colonia dichiarò l’indipendenza, divenendo così il secondo Paese americano a dichiararsi indipendente dopo gli Stati Uniti. Dessalines ne divenne il primo Presidente, e “Saint-Domingue” venne ribattezzata Haiti in ossequio alla popolazione degli Arauachi, che chiamavano l’isola “Ayiti”.
Fin qui la storia. Ora, come è facilmente intuibile, gli schiavi trapiantati forzosamente nei Caraibi si trovavano nella situazione di continuare a mantenere le proprie tradizioni senza che i padroni bianchi ne venissero a conoscenza.
Quale era l’unico modo ? Quello di ricoprire ogni divinità africana con una figura cristiana ugualmente venerata dai padroni bianchi… ebbe origine così quel processo di sincretizzazione delle religioni che prende il nome di voodoo.
Di fatto, nel voodoo pregare – ad esempio – la Vergine dei Dolori o la corrispondente entità Erzulie Freda Dahomey è la stessa cosa. La sola differenza rispetto alla modalità cattolica è quella di fare offerte in cibo ogni volta che si chiede una grazia.
Naturalmente un altro elemento diversificante è il fenomeno della possessione, che tuttavia è totalmente diversa – in essenza e nelle modalità – dalla possessione demoniaca. La “possessione voodoo”, definizione squisitamente antropologica, consiste nel “cavalcamento” : ossia l’entità parla, dà consigli, guarisce, ammonisce ecc. tramite la bocca dell’iniziato che si trova in stato di trance. La trance può essere di tre tipi, “encostamento” (in cui l’iniziato è solo influenzato), “trance leggera” (in cui il cavallo è parzialmente conscio di ciò che l’entità sta operando per suo tramite) e “trance profonda”, in cui non è minimamente conscio.
Detto questo, è importante sottolineare che esistono diverse tradizioni voodoo, legate a diverse aree geografiche, motivo per il quale esso assume anche nomi diversi. Ad esempio, le tre tradizioni haitiane principali sono quella “dahomey” (originaria del Benin), “congo” (Congo-Angola) e “makaya” ; a Cuba abbiamo la “santeria”, il “palo mayombe”, ecc…
Il pantheon comunque rimane più o meno lo stesso, anche se cambiano le modalità invocative : nella tradizione dahomey, il sacerdote (houngan) e la sacerdotessa (mambo) ricevono l’asson, il sonaglio rituale che non è solo il simbolo del sacerdozio, ma anche lo strumento per chiamare gli spiriti.
Nel rito congo, frutto della tradizione culturale africana detta “yoruba”, il sacerdote si chiama “serviteur” e non utilizza l’asson ; questa ritualità, molto in uso nelle zone interne di Haiti, può essere considerata la più vicina alla tradizione africana… le entità sono “più toste”, le iniziazioni molto difficili e poco adatte all’uomo occidentale.
Nella tradizione makaya abbiamo invece le sette rosse e le sette “zandor”, che praticano il voodoo della mano sinistra… quel tipo di voodoo divenuto famoso grazie ai film con gli “zombie”, imparentato con la “magia avatarica” della tradizione occidentale. Esso offre la possibilità di trasmigrare coscientemente da un corpo all’altro, evitando di fatto la morte. In questa linea i sacerdoti si chiamano “bokor”, e le sacerdotesse “sorcieres” (streghe). Anche questa tradizione è tipica delle zone interne, più il dipartimento nord-occidentale di Artibonite.
Sia ben chiaro che le entità makaya non hanno nulla a che fare con i demoni della tradizione occidentale : non esiste nel voodoo un’entità che incarna il male, ciascuna ha un po’ di male e un po’ di bene, esattamente come le persone. Tant’è vero che in tutte le tradizioni voodoo le entità non solo parlano ma mangiano, bevono, ballano, scherzano, flirtano tra loro, piangono, ridono… riflettono cioè tutta l’ampia gamma di emozioni e comportamenti propri dell’umanità : sono quindi riconducibili più alla gamma dell’infra-umano che del non-umano.
I demoni, non solo sono creature malvagie, ma non si sono mai neppure incarnate ; invece i loa sono stati una volta – in tempi immemorabili – esseri umani, che hanno sopportato per la maggior parte anche vicende umane molto tragiche e pesanti e quindi capiscono la condizione umana e i suoi bisogni.
Per questo, nel voodoo ci sono incantesimi per vendere una casa, far ritornare il proprio marito o la propria moglie, far trovare lavoro ; per il matrimonio, per ricevere giustizia dai torti subiti, per vincere una causa legale, per ritrovare la propria virilità o far tornare nella coppia la passione spentasi con gli anni, per trovare il lavoro e/o mantenerlo, ecc…
Venendo ora al voodoo dominicano, esso si distingue per una pratica religiosa e magica fortemente personale e privata ; assenza di strutture gerarchiche ; maggiore semplicità dei templi ; maggiore enfasi sui loa detti “rada”. Notevole anche il fatto che a Santo Domingo la penetrazione del Cristianesimo è stata più profonda, e maggiore è quindi il sincretismo coi santi cattolici.
A Santo Domingo, i loa (detti “misterios”) sono riuniti in 21 divisioni, a loro volta suddivise in quattro gruppi : rada, guedè, petrò e (division) india.
Il gruppo rada è quello principale, poiché è l’emanazione diretta degli attributi di Dio (Bondyè), e ognuna delle sue entità rappresenta una peculiarità della sostanza divina. Per esempio : Erzulie Freda rappresenta l’amore, Sant’Anna la seduzione, San Michele la giustizia divina, San Giacomo il trionfo sui nemici e sulle malattie, e così via. Il voodoo rada è legato all’elemento Aria.
Si dice che a Santo Domingo non vi sia stato il terremoto in conseguenza della maggiore venerazione per le entità rada, che hanno bloccato le entità assetate di sangue venerate ad Haiti.
Gli altri tre gruppi di divisioni si possono considerare come frequenze diverse della modalità principale, quella rada. Il guedè, ad esempio, origina dall’intersezione della rada con le pratiche cultuali legate ai cimiteri, ovvero alla Terra. Le entità guedè sono legate alla morte e ai suoi diversi aspetti, ma anche alla sessualità, rispecchiando così il famoso binomio eros-thanatos ; quando cavalcano il medium si comportano in modo scherzoso, irriverente, sboccato, ma i loro consigli sono sempre molto assennati e affettuosi. Tra l’altro, amano molto i bambini e ne sono gli strenui protettori. San Elia del Monte Carmelo è il loro capo, mentre Santa Radegonda, San Espedito e San Benito di Palermo ne sono alcuni dei maggiori rappresentanti.
Il terzo gruppo di divisioni – i loa petrò – ha origine dall’incontro dei rada con la frequenza delle foreste, legata all’elemento Fuoco. Questo tipo di entità trae la sua origine – almeno per la maggior parte di esse – dalle ingiustizie subite, quindi dalla conseguente collera degli schiavi neri costretti a lavorare nelle piantagioni. Sono entità molto legate al sangue, che richiedono sempre sacrifici di animali per essere placate, e molti di loro vengono invocati per avere giustizia e vendetta. Sono loa considerati molto magici, molto attuanti sul piano concreto e realizzativo.
L’ultimo, la cosiddetta divisione india, è legata all’incontro dei rada con l’Acqua. Gli spiriti che la compongono si dividono in due gruppi : 1 – spiriti anticamente venerati dagli indios Tainos e 2 – indios realmente vissuti.
Ricordo che la tradizione india, ovvero la cultura originaria dei Caraibi, è stata completamente distrutta mediante il genocidio. Poco è rimasto, e oggi gli spiriti della divisione india sono venerati soltanto da una piccola minoranza ; ma sono grandi portatori di ogni forma di conoscenza legata alle erbe e alla guarigione con metodi naturali. Se vogliamo, a maggior ragione rispetto alle altre tre divisioni rappresentano l’aspetto del voodoo più legato ai problemi dell’ambiente, più ecologico e ambientalista.
Veniamo ora alla terza famiglia del voodoo dominicano in Italia : quella del brujo Osvaldo, di Como.
Anche questa famiglia è caratterizzata da una notevole attenzione ai rapporti tra il voodoo e le realtà esoteriche e sociali ; ma con un approccio sensibilmente diverso rispetto a quella di Edmondo, da imputare – credo – alla diversa formazione esoterica che i due maestri hanno seguito : Edmondo ermetismo e gnosi, Osvaldo neopaganesimo celto-germanico e thelemismo.
I risultati, in un certo senso, sono l’opposto di quanto ci si potrebbe aspettare. Compagno di viaggio spirituale del grande Milo Rigaud, Edmondo passa dal mondo dei geroglifici egizi (antico linguaggio che padroneggia con grande abilità) a quello dei vevè tracciati sulla brulla terra haitiana ; Osvaldo invece parte dal retaggio occidentale ed attraversa l’Oceano Atlantico verso Hispaniola, facendo tesoro però anche d’altre tracce di culti arcaici rintracciabili.
Osvaldo, del resto, si autodefinisce un esploratore, e lo è per natura, lontano da ogni forma di credo preconfezionato. Per lui la Fede è l’intuizione della verità, la quale può trasmettersi solo attraverso l’esperienza diretta ; è un esploratore che osserva e sperimenta, sperimenta ed osserva, un approccio questo che dà risultati nel momento in cui le “maschere” cadono, ed esce l’Uomo.
Per lui il voodoo è letteralmente lo spirito che permea il tutto ; da un punto di vista più pratico, la più antica delle forme di culto – quello animista – e al contempo la più moderna, poiché come un serpente cambia la pelle ma non la sostanza, anche i due serpenti del voodoo – Damballah e Aida Ouedo (uno polarizzato al maschile e l’altro al femminile) attraversano trasversalmente preistoria, storia e metastoria dell’umanità.
D’altronde, egli sottolinea, i Misteri sono tutti Orfici ; solo che i culti misterici Europei con l’avvento del Cristianesimo hanno visto interrompersi la loro trasmissione iniziatica, mentre per l’Africa è andata diversamente. In Africa la catena non si è mai interrotta, poiché invece di combattere il Cristianesimo gli africani finsero di adottarlo, continuando invece a cultuare i loro antenati e i loro dei.
Questi ultimi, spesso, si confondono l’uno con l’altro : un aspetto poco noto della spiritualità africana sul quale l’insegnamento di Osvaldo concentra una grande attenzione, perché egli vi ravvisa una prova di quanto la Libertà non consista nel sottostare a dogmi, credi, religioni, restrizioni morali.
Ed ecco (qui il suo volto si distende in un sorriso) : questi Enti che formano le 21 divisioni sono Fratelli e Amici veri – non sono né animali addestrati che in cambio del cibo fanno la guardia e neppure divinità dinnanzi a cui inginocchiarsi per arruffianarle (salvo poi abbandonarle, secondo il nostro comodo).
La sua scienza ci svela come il culto ancestrale delle 21 divisioni sia partito dalle stelle e abbia preso forma nell’antico Egitto, dove parrebbe di poter scorgere nei Neteru la base archetipale di quelli che oggi ci sono noti come misterios ; ma prima ancora dei Neteru vi furono probabilmente gli Anunnaki dei Sumeri, quelli descritti nel Libro di Enoch come Elohim.
Ne consegue l’ipotesi che la loro origine sarebbe extraterrestre (chiediamoci come mai i Dogon del Mali abbiano a tutt’oggi un culto fondato sui visitatori venuti a loro da Sirio…). Si dice pure che i Re Draghi abbiano costituito un Impero Africano intorno al 10.000 a. C. ; le loro insegne erano vessilli rossi decorati con un serpente verde… c’è solo l’imbarazzo della scelta per stabilire il nome del misterio in esse rappresentato.
Furono questi guerrieri neri che in tempi preistorici conquistarono la conca del Mediterraneo, costringendo gli Iperborei al freddo delle lande desolate dell’estremo nord. E’ per questo forse che i popoli bianchi nutrono un’atavica avversione verso il nero e i serpenti ?
Ma questi sono interrogativi legati a un remoto passato. Noi Europei di oggi abbiamo nel sangue un calderone di razze, di ricordi, di archetipi legati a genti e lande d’ogni dove, che dormono – ma sognano – in noi ; archetipi che potranno tornare a vivere se saremo in grado di risvegliarli mediante la forza della Volontà (quella più intima) e del Desiderio (quello proprio dell’intima volontà).
Ben vero è anche che sono loro a scegliere noi, per ”simpatia”, piuttosto che viceversa – e qui, di passata, Osvaldo fa notare una deplorevole caratteristica degli esoteristi di oggi, insaziabili collezionatori di un gran numero di iniziazioni, dinamica che è secondo lui nient’altro che un riflesso della società da grande fratello orwelliano nella quale viviamo, dove tutto è fast : fast-food, fast-friendships, fast-devotions…
Del tutto inutile, però, scegliere i misterios da cultuare come si farebbe al supermarket : non funziona così. Sono i misterios – gli Spiriti, Dei o Demoni dei Greci antichi – che scelgono i propri caballos, come avviene in tutti i culti ancestrali.
Osvaldo dice : noi siamo perlopiù figli d’Europa, e per quelli fra noi che abbiano un orientamento personale volto alla trascendenza il caso non esiste ; esiste piuttosto un altrove al di là dell’allucinazione collettiva più ordinaria (quella legata alle bieche leggi del produci, consuma, crepa). Noi non siamo africani, (anche se abbiamo probabilmente nel nostro DNA geni africani, recessivi), e i simboli che hanno caratterizzato gran parte del nostro passato etnogeografico furono quelli delle rune e dello sciamanismo.
Ebbene, queste caratteristiche si ritrovano comunque, per altre forme, anche nel culto delle 21 divisioni : le rune divengono vevè, cioè dei glifi che come trappole per la luce racchiudono il carattere del misterio. Anche se oggi molti vevè sono scomparsi, con opportune canalizzazioni delle entità ad essi legate si potrebbero recuperare di nuovo. L’Yggdrasill e le sue rune… divengono l’Iroko e le sue farfalle.
Ai nostri giorni, i vevè sono stati sostituiti o sovrapposti all’utilizzo delle immagini dei santi cattolici (ed alcuni ortodossi).
Li si usa come eidolon, come porte attraverso le quali il misterio (un aggregare) parte e arriva.
Nel nostro badyì (il badyì è un altare costruito secondo i crismi… poiché una legge non scritta insegna che Africa = fundamento), il modo di lavorare africano è basato sull’utilizzo di feticci e immagini, per onorare la legge ermetica come in alto, così in basso ; poiché questi oggetti animati sono il nostro ponte tra microcosmo e macrocosmo.
Si usano i santini perché sono caricati da 400 anni di preghiere, visualizzazioni, e sacrifici ; e anche in memoria degli schiavi neri che – grazie a queste maschere – hanno raggirato la prepotenza dei cristiani bianchi che li avevano deportati.
L’Altare è per noi come un computer – bisogna sapere come usarlo, perché è codificato secondo determinate password ; quindi non devozione ma magia, magia come Ars Regia.
I misterios sono dentro di noi. Il nostro misterio de cabeza è quello che gli Egiziani salutavano come Ba, come io superiore. I Cristiani e i Thelemiti lo chiamano angelo custode ; lo sciamanesimo invece, nel culto delle 21 divisioni, prende la forma della canalizzazione del misterio – anche se il sognare è pure una parte fondamentale della divinazione e del percorso, poiché i segni sono le tracce che dobbiamo seguire per vivere con dignità : cioè in accordo col nostro misterio de cabeza, il nostro daimon interiore.
Dignità è quindi seguire il nostro sogno inerente. I due serpenti, Damballah e Aida Ouedo, sono presenti nel nostro microcosmo, nella forma delle eliche del DNA ; quindi sta a noi, con la nostra Passione, risvegliare le nostre memorie ricordandoci chi siamo veramente – ovvero, il riflesso dei misterios del nostro quadro spirituale.
Gli dei sono nel DNA mi sembra sia un altro modo per dire che i misterios sono nell’inconscio collettivo : insomma, sono parti inespresse della nostra totalità… In questo senso non farei distinzioni tra entità dentro e entità fuori, secondo me sono tutte dentro ; certo che, a seconda di come è composta la nostra personalità cosciente (il che dipende, credo, soprattutto dal quadro astrologico, che determina a che tipo di influenze siamo più sensibili o meno – e poi, ma sì, mettiamoci anche i condizionamenti sociali, che peraltro al quadro astrologico sono anch’essi legati), certi sono più vicini alla nostra consapevolezza, altri meno, quindi ci sono più o meno possibilità che vengano fuori a livello cosciente.
Noi siamo Italiani, e ogni terra ha un daimon, un aggregare che la tutela, agli occhi del quale il voodoo (cioè quelle 21 divisioni, ovvero 21 tribù africane, ciascuna col suo pantheon di dei e dee, che si ritrovarono forzatamente sull’isola di Hispaniola quattrocento anni fa) potrà, sulle prime, forse apparire un po’ estraneo. Quindi mi auguro che il mio voodoo, pur mantenendo l’essenza dei misterios, possa integrarsi nel territorio e con la nostra gente prendendo un’identità propria : forte e potente, ma sempre legata all’originale – lontana quindi dalle approssimazioni e bizzarrie di certi bianchi che hanno stravolto la sostanza della tradizione, pur continuando a vendere quello che fanno come voodoo.
La mia linea è haito-dominicana : sono stato battezzato a Santo Domingo, e il mio exoterismo (la pratica) è ortodosso e non abbozzato, inventato o rivisitato.
L’iniziazione concettualmente ha il significato di essere presentati ai misterios, di entrare nelle loro case con i dovuti modi ; questo da parte di chi è già loro noto, perché se così non fosse rischiereste di suonare al loro citofono, magari anche infastidendoli….
Vi benedico in nome del Baron del Cementerio e di Marta Guede… delle due teste dei serpenti Damballah e Aida Ouedo, i due punti maschile e femminile più inferi e ctoni. Vi benedico nel loro nome, e che loro – guardiani dei cimiteri, ovvero delle memorie ancestrali – risveglino le vostre memorie ; perché, com’è noto, nel voodoo i morti possono tornare in vita.
Fin qui l’insegnamento del mio carissimo fratello, il brujo Osvaldo, che si unisce a Andrea e Edmondo nel portare avanti la terribile e meravigliosa responsabilità di portare avanti le divisiones in terra straniera, a migliaia di chilometri dalla loro Patria, la tierra caliente.
Tutti e tre i maestri e brujos si uniscono a me nel deplorare certi fenomeni d’abuso di cui, purtroppo, ultimamente siamo stati testimoni. E’ ormai impossibile per noi controllare il tumultuoso sviluppo di un movimento tanto grande, che si espande ormai da solo. Ci sono state riferite voci di brujos che pretendono per i bautisos cifre esagerate.
Noi pensiamo che sia giusto che un brujo sia retribuito per il suo lavoro, e che al rimborso delle spese venga aggiunta un’adeguata remunerazione ; ma adeguata, appunto, non ai limiti della truffa o dell’estorsione. Invitiamo tutti i lettori di questo articolo a stare attenti, e a non rivolgersi se non a iniziatori di provata capacità e serietà.
Per non concludere con questa nota spiacevole, vorrei rilevare – forse per primo – un fenomeno sorto per la prima volta intorno alla famiglia di Andrea, che per l’Italia è sicuramente nuovo ; ovvero il sorgere di una vera e propria scuola artistica ispirata al voodoo, con musicisti, pittori, scultori e poeti che esercitano il loro talento intorno alle divisioni.
Vorrei portare un solo esempio (ma se cercate in rete voci legate al voodoo, un po’ dovunque potrete coglierne le tracce) – le opere grafiche di Rossana Colli Franzone, alcune delle quali illustrano magnificamente questo articolo: