di Lombardo Rosa Maria.
C’era una volta una strada…si chiamava la via di mezzo…era una strada difficile, tortuosa con i sentieri che si inerpicavano su per la collina, che poi si faceva montagna e salire era faticoso; ogni tanto però si scendeva e mentre si poteva godere del panorama che si svolgeva tra vette guizzanti su nubi rosate o dorate quando tramonto e alba si rincorrevano così velocemente che si perdeva di vista anche il punto in cui si incontravano. Un giorno, un bambino che viveva da sempre lì, vide che quella strada era sempre più solitaria, che ci passava sempre meno gente…allora un po’ intristito e un po’ spaventato da tanta solitudine andò dal vecchio saggio del bosco a chiedere spiegazioni. Il vecchio saggio, un vecchio uomo peloso di un pelo antico e bianco, canuto ma fresco di spazzolate, lo guardò pensosamente e gli disse:* Caro bambino mio, questa strada un tempo era tanto frequentata…quanta gente ci passava e quanto tempo ci impegnava per passarci!…poi il mondo ha iniziato a correre e la gente non ha avuto più tempo di passare di qui, troppe curve, troppi dirupi, troppi rovi e alberi da spostare, troppe pause da osservare aspettando che la luce illuminasse mentre a valle la luce delle lampade illuminava tutto anche di notte e si poteva lavorare.
A valle -sai-la gente corre…corre tutto il giorno e correndo ha dimenticato che c’è un altro tempo”.
Incuriosito il bambino lo guardava e ascoltava…cercava di fare spazio dentro di sé a quelle parole, non era sicuro di avere capito bene…ma decise di non chiedere più nulla, gli sembrava di avere ascoltato anche troppo e che se avesse chiesto ancora poi non avrebbe capito più nulla.
Aveva capito che quello che c’era da capire non era un discorso, non erano parole ma era qualcosa che doveva sentire su di lui; era certo che più che capire doveva sperimentare.
Aveva capito che, in ogni caso, la fretta non era una buona amica e così lasciò che il tramonto lo cullasse con i suoi ori rosati che si rincorrevano tra nuvole panciute e arricciate, il cuoricino gli batteva forte nel petto in quel silenzio che si era creato, in quello spazio che sentiva nascergli dentro e che intanto da vuoto, che gli era sembrato, si popolava di visi, di voci, di suoni, di posti, di momenti e tutto diventava dolce e pesante, bello e triste, malinconicamente vicino al cuore e difficilmente collocabile nella testa.
Il bambino avrebbe voluto scappare ma decise di rimanere. Si sentiva perduto, un po’ sbattuto e aveva paura che in tutto quello sbattere, da una parte all’altra di se stesso, potesse perdersi dentro di se, fra le sue paure, fra i suoi ricordi, ma qualcosa, dentro di lui lo rassicurava sulla forza del suo essere, sulla consistenza del suo Io, sulla sua identità. La sua mamma gli aveva insegnato a fidarsi di se stesso, delle proprie emozioni, dei propri pensieri, a confrontarli, a non sminuirli, a valutarli ma non a deriderli, e il bambino sapeva di avere una testa ed un cuore e sapeva che lì dentro aveva tante cose , anche se confuse e disordinate come quando si fa la spesa di fretta e si riempie il carrello e dopo poco non entra più nulla e intanto un altro carrello passa ordinato di buone cose da mangiare che sembrano essere state posizionate con una cura e una meticolosità che rende bello il carrello a vedersi e offre maggiore spazio.
Era per questo che aveva deciso che la via del mezzo sarebbe stata la sua strada e anche se aveva paura a vedere che molti l’avevano abbandonata, aveva deciso che quella sarebbe rimasta la sua via. Occorreva capire perché gli altri l’avessero abbandonata.
Fu così che decise di tornare dal vecchio saggio e gli pose la sua domanda. Il vecchio saggio allora, tutto preso da questa domanda , così grande, nella testa e nel cuore di un bambino così piccolo, si fermo pensoso sulla ricerca delle parole con cui rivolgersi al suo piccolo interlocutore ed esordì:”Vedi mio caro bambino, io penso che la gente abbia perso la via di mezzo perché ha paura. Ha paura del tempo che passa e che sulla via di mezzo è molto visibile in questo suo scorrere lento ed inesorabile. Correndo invece si ha la sensazione di potere fare tutto, di potere decidere tutto e soprattutto non si ha il tempo. Sembra un paradosso eppure la gente corre per prendersi tutto il tempo, quello stesso tempo che ha paura di vedere e di sentire che passa e porta via le cose belle ma anche quelle brutte e ci permette di andare avanti.”Il bambino si fermò a riflettere e continuò con le sue domande:”Ma allora, secondo te, cosa si può fare perché la gente non abbia più paura del tempo?”. il Vecchio saggio rispose:”Torniamo al punto di partenza, ci vuole tempo. Lo stesso tempo che la gente ha impiegato per imparare a correre ora serve per imparare a rallentare. Bisogna riportare la gente sulla via del mezzo, fargliela percorrere nuovamente e dimostragli che non è così pericolosa come credono. Ma per fare questo la gente deve attraversare la via del mezzo e tutti i suoi abitanti a cominciare dalla paura. La via del mezzo è piena di paura, ce n’è una ad ogni curva, ad ogni angolo, davanti ad ogni dirupo, davanti ad ogni bivio.”Il bambino ebbe la sensazione di avere capito, si ricordò di tutte le volte in cui aveva avuto paura lungo la via del mezzo e di come si era fatto coraggio, ripetendosi le parole della sua mamma, per passare davanti alla paura.
“Ma allora le persone evitano la via di mezzo perché non sanno affrontare la paura?” Chiede ancora il bambino.”E si” rispose il grande saggio e mentre rispondeva prendeva la manina del bambino e gli indicava la direzione della via del mezzo;qualcuno doveva pure mostrarla al piccolo, non poteva trovarla da solo, ci avrebbe impiegato troppo tempo e avrebbe rischiato di azzopparsi prima di arrivarci.
Fu così che il bambino si avvicinò, tutto tremante al cartello che indicava”Questa è la via di mezzo, intraprendetela senza chiedervi quando finirà”. E così il nostro bambino iniziò a correre lungo la via di mezzo ,convinto che presto avrebbe trovato la fine, e poi un’altra via ma ad un certo punto, corri e corri si accorse che un’uscita non c’era ma c’erano tanti bivi che circolarmente riportavano alla via di mezzo. I vari bivi avevano scritte del tipo”Decisione studi” oppure”Litigio con una persona cara” oppure ancora “Altruismo”; più leggeva più il nostro bambino aveva la sensazione di illuminarsi dentro e più si illuminava più rallentava il passo, e più rallentava il passo più si accorgeva di come il suo respiro fosse lento e cadenzato, armonico con il fluire del suo sangue e con i miliardi di cellule che nel suo corpicino lavoravano per tenerlo in vita e gli sembrava pure di essere in armonia con la terra che girava e con la luna che sarebbe comparsa nel cielo di lì a poco mentre il sole si inabissava lungo la linea azzurra e rosa dell’orizzonte. E più passeggiava, perché ora passeggiava, non correva , più sentiva il tempo, sentiva di averne tanto, di averlo tutto e si sentì invadere da una grande sensazione di calma di pace, di amore, pensò teneramente al vecchio saggio a alle sue sagge parole; alla sua mamma e a tutte le volte in cui gli dice”tu una testa e un cuore ce li hai, fidati di loro”, a se stesso e a come era iniziato quel viaggio e tutto contento, di una gioia grande e tenera insieme, pensò di andare per la campagna a raccontare a tutti gli altri bambini e ai loro genitori della via del mezzo e di come fosse possibile percorrerla ancora.