Dalla più remota antichità il genere umano, nel suo complesso, è sempre stato sicuro dell’esistenza di un’entità spirituale entro il personale uomo fisico. Questa credenza non è bigotteria nè superstizione, ma solo un sempre presente e istintivo senso della vicinanza di un altro mondo invisibile, che per quanto sia soggettivo per i sensi dell’uomo esteriore, è perfettamente oggettivo per la sua intima essenza. Quanto più stretta è l’unione tra i due mondi, tanto più sereno è il destino dell’uomo e meno dannose sono le condizioni esterne.
Oggi siamo in un periodo sterile; l’intelletto divino è velato per l’uomo, solo il cervello animale filosofizza. L’uomo, che ha chiuso fuori di sé ogni raggio di luce divina, è perduto nelle tenebre e quindi si aggrappa alla terra e a tutto ciò che è terreno. Vivendo nel regno della notte, immagina che l’oscurità sia il pieno giorno. L’uomo accumula conoscenza, inventa religioni e filosofie, ma egli stesso rimane sempre lo stesso. Nella sua ricerca senza fine per la ricchezza e gli onori, divertimenti e ambizioni, egli è sempre mosso da un motore principale: il vano egoismo.
Il nostro ciclo attuale è imponentemente un ciclo di anime morte. Ci imbattiamo a ogni passo in uomini e donne senza anima. Ma anche i morti spiritualmente hanno tuttavia i loro piaceri: essi possiedono le loro doti, i loro poteri intellettuali e intense attività. Dispongono di tutti i piaceri animali e, per la maggior parte degli uomini e delle donne, questi costituiscono il più alto ideale della felicità umana. L’infaticabile ricerca di ricchezze, dei divertimenti e delle distrazioni della vita sociale, la cultura delle buone maniere, del buon gusto nel vestire, dei predomini sociali, inebriano e attraggono questi morti viventi.
Il ciclo volge al basso e, quanto più discende, tanto più si sviluppa la natura fisica e bestiale dell’uomo a spese dell’Io spirituale. Spiritualità non è ciò che intendiamo con le parole virtù e bontà; è il potere di percepire le essenze spirituali senza forma. Gli uomini, i partiti, le sette e le scuole non sono che degli effimeri che hanno un sol giorno di vita. Solo la Verità, insediata sulla sua alta roccia adamantina, è eterna e suprema. Il saggio che conosce il Sé come incorporeo entro i corpi, come immutabile fra le cose che mutano, come grande ed onnipresente, non è mai afflitto.