Largamente diffusa nell’Asia orientale l’assimilazione dell’arcobaleno al serpente emerso dal mondo sotterraneo: nell’antica Cina era rappresentato come un serpente a due teste; nei miti dell’antica isola di Giava una testa del serpente assorbe l’acqua dei mari del Nord e l’altra la riversa nei mari del Sud. Nelle tribù dell’Australia nord-occidentale il serpente-arcobaleno è un eroe culturale, la più importante figura mitologica. Esplicito in Bielorussia il nome dell’arcobaleno, serpente. Gli indoeuropei di Oriente avevano attribuito le precipitazioni atmosferiche al conflitto tra il dio del fulmine e il serpente dio delle acque. E questa idea del serpente celeste è pure presente nelle lingue Africane e d’America. […] presso molte tribù africane e dell’Oceania la signoria delle acque sotterranee tocca al serpente della pioggia, talvolta identificato con l’arcobaleno. Presso i Nagos della costa africana l’arcobaleno era l’enorme serpente che vive al fondo dell’Oceano dove si riempie d’acqua; il suo nome nel Dahomey (l’attuale Benin) è serpente celeste, nella Guinea settentrionale serpente del Nord. […] Anche in Francia, nelle coste del Nord, era diffusa la credenza che l’arcobaleno fosse un serpente che viene a dissetarsi sulla terra. Affiora per ogni dove l’associazione arcobaleno-serpente, l’immagine di una bestia, di un mostro che divora, che succhia, che inghiotte.
G.L. Beccaria, “I nomi del mondo. Santi, demoni, folletti e la parola perduta”, Einaudi, Torino 1995, pp. 73-74