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Io sono il figlio di Poesia,
Poesia, figlia di Riflessione,
Riflessione, figlia di Meditazione,
Meditazione, figlia di Credenza,
Credenza, figlia di Ricerca,
Ricerca, figlia di Grande Conoscenza,
Grande Conoscenza, figlia d’Intelligenza,
Intelligenza, figlia di Comprensione,
Comprensione, figlia di Saggezza,
Saggezza figlia dei tre Dei di Dana”
Il bardo Nede – “Dal colloquio dei due Saggi”
I BARDI DELLE TERRE CELTICHE
Nel nostro immaginario, influenzato dalle visioni romantiche ottocentesche, il bardo è un poeta cantore delle tradizioni del popolo celtico, colui che mette per iscritto l’identità di una nazione, strenuo difensore delle peculiarità di un popolo. E lo visualizziamo mentre accarezza la sua arpa, lunghi capelli fluenti e abiti svolazzanti nel vento; nella realtà l’antico bardo ripudiava la scrittura e preferiva affidare tutta la sua conoscenza solo alla memoria.
Anche per quanto riguarda il suo strumento d’eccellenza, l’arpa celtica, rintracciamo le prime testimonianze iconografiche solo nel IV sec Dopo Cristo e perciò quasi alle soglie del Medioevo. (continua)
Se non possiamo riascoltare le musiche degli antichi bardi dell’età del Ferro, abbiamo però ricevuto dal Medioevo molti sprazzi poetici dalle origini remote, che in qualche modo riescono ad illuminarci nella comprensione della sua figura.
“Io sono il figlio di Poesia,
Poesia, figlia di Riflessione,
Riflessione, figlia di Meditazione,
Meditazione, figlia di Credenza,
Credenza, figlia di Ricerca,
Ricerca, figlia di Grande Conoscenza,
Grande Conoscenza, figlia d’Intelligenza,
Intelligenza, figlia di Comprensione,
Comprensione, figlia di Saggezza,
Saggezza figlia dei tre Dei di Dana”
Il bardo Nede – “Dal colloquio dei due Saggi”
Il Bardo era quindi un poeta, un ponte tra l’umano e il divino, teso alla conoscenza e sul sentiero della comprensione profonda dell’esistenza. Il bardo sapeva vedere dentro alle cose, coglierne gli aspetti più profondi in termini spirituali, in armonia con gli elementi, la natura e nell’equilibrio di anima, spirito e corpo. Egli doveva avere una memoria molto sviluppata, un’intelligenza elevata e doveva possedere una grande padronanza del linguaggio, infatti lunghi erano gli anni di apprendistato per arrivare al più altro dei riconoscimenti riservati ai bardi.
Il Bardo era partecipe del sacro all’interno dell’ordine druidico, i filosofi-sacerdoti dei Celti, il depositario della tradizione storica, letteraria e poetica del popolo celtico, e recitava-cantando le sue poesie, accompagnandosi con uno strumento. Egli è stato capace di esprimere l’inesprimibile per celebrare la vita di coloro che vivevano e che hanno vissuto, per tramandarne la memoria a coloro che sono venuti.
Nel Medioevo con il diffondersi del Cristianesimo anche nelle Terre Celtiche non toccate dalla dominazione romana, l’ordine druidico scomparve, e i Bardi diventarono poeti di professione alle dipendenze dell’aristocrazia; tenuti in grande onore e ancora ricchi di privilegi, andarono incontro alla decadenza di pari passo con la perdita del potere da parte dei loro mecenati di stirpe celtica.
Nel 1541 Enrico VIII si proclama re d’Irlanda e il potere socioculturale passa alla nuova nobiltà inglese trapiantata in terra irlandese; la guerra contro gli inglesi aveva portato a tremendi massacri, Cromwell tra il 1598 e il 1652 quasi dimezza la popolazione dell’isola (si ipotizzano 600.000 persone uccise su una popolazione di un milione e mezzo di abitanti).
Nel Seicento il mondo dei bardi esorta all’unità i clan irlandesi, spesso in discordia tra loro, componendo e cantando in onore degli eroi e dei capi clan che combattono contro gli inglesi, ma già il declino si fa sentire e il bardo MacMahaon canta al proprio figlio dicendo:
“Figlio mio, non coltivare l’arte dei versi,
abbandona del tutto la professione degli avi;
benché abbia diritto al primo degli onori,
la poesia da oggi in poi è presagio di miseria.
Non abbracciare il peggiore dei mestieri,
non comporre più canti irlandesi!”
Diventato infine musicista errante il Bardo si avvicina al popolo che esorta alla rivolta, difendendo i costumi e le tradizioni celtiche, nonostante le persecuzioni perpetrate dai conquistatori. E così la poesia e la musica bardica crebbero insieme alle modalità e ai suoni della gente comune. Tuttavia vennero promulgate una serie di legge sempre più severe contro gli arpisti parallelamente allo scoppio della ribellione: all’inizio si prevedeva solo il taglio delle unghie (utilizzate per pizzicare le corde) ma poi si passò alla condanna a morte per gli arpisti sorpresi a suonare in pubblico.
“Ascolta i lamenti di un vecchio arpista irlandese
e non disprezzare le melodie (suonate) dalla sua vecchia mano stanca
ma ricorda che le sue dita un tempo potevano muoversi più agilmente
per innalzare i canti della sua povera terra natia”
Così inizia “The Bard of Armagh” una canzone tradizionale irlandese (Irlanda del Nord) di cui non si conosce ancora l’origine. Di padri ne ha ben quattro: due irlandesi e due scozzesi. E’ il bardo Phelim Brady.
L’ordine bardico irlandese si “estingue” nel XVIII° sec e fin da subito qualche filantropo si ingegnò ad organizzare degli incontri (concorsi, balli, festival) per trascrivere le melodie e conservare per i secoli futuri una vivida testimonianza dell’eredità dei Bardi. Il primo di questi incontri si tenne a Belfast nel 1792 nel mese di luglio, in cui si presentarono solo una decina di arpisti, il più giovane aveva 15 anni e il più anziano, Denis Hempson ne aveva 97.
Edward Bunting venne incaricato di trascrivere i brani eseguiti dagli arpisti nei 4 giorni del festival e il suo entusiasmo fu tale che non smise più per tutta la vita.
Denis Hempson in quell’occasione suonò ancora alla vecchia maniera, pizzicando le corde con le unghie e appoggiando l’arpa sulla spalla sinistra – con le mani che si muovevano all’inverso rispetto alla tecnica più moderna.
MUSICA BARDICA
Le composizioni musicali più antiche giunte fino a noi sono state trascritte dai bardi irlandesi alla fine del 1500, la maggior parte di queste musiche purtroppo sono andate perdute perché erano tramandate oralmente da maestro ad allievo. A partire dall’Alto Medioevo l’arpa viene eletta a strumento privilegiato del Bardo ed è detta bardica a sottolineare il connubio raggiunto tra i due.
Una tradizione peculiare ma non del tutto impermeabile alle influenze esterne, se accolse lo stile musicale del “concerto veneziano” così di moda nell’ambiente nobile irlandese tra il XVII e il XVIII° sec.: i bardi irlandesi crearono così un nuovo connubio tra le forme musicali della tradizione celtica e la musica proveniente dall’ambiente colto veneziano di cui Turlough O’ Carolan (1670 – 1738) fu il massimo esponente.
TURLOUGH O’ CAROLAN
(1670-1738) Nato da una famiglia di nobili origini ma caduta in miseria, a 18 anni perse la vista a causa del vaiolo. Accolto nella famiglia nobiliare dei McDermott Roe, entrò nelle simpatie della signora MacDermott Roe che lo fece studiare presso l’arpista locale per tre anni, e quando si ritenne che fosse in grado di iniziare la professione, gli procurò un’arpa, un cavallo e un aiutante per guidarlo. Arpista itinerante e compositore, sebbene sia vissuto in un triste periodo della storia irlandese, ebbe una vita di successo e la sua musica è suonata ancora oggi quasi come un “classico”.