Ernesto Teodoro Moneta: centenario di un Premio Nobel dimenticato. Maggio 2011
“Forse non è lontano il giorno in cui tutti i popoli, dimenticando gli antichi rancori, si riuniranno sotto la bandiera della fraternità universale e, cessando ogni disputa, coltiveranno tra loro relazioni assolutamente pacifiche, quali il commercio e le attività industriali, stringendo solidi legami. Noi aspettiamo quel giorno…”(1)
L’idea di pace
Oggi si parla frequentemente di “pace universale”, tanto da essere divenuto il motto distintivo di molte manifestazioni internazionali a partire dai numerosi concorsi di bellezza… ma sino al XX° sec. l’idea di pace non era poi così chiara ed universalmente diffusa.
In Europa la prima società pacifista fu fondata nel 1830 dal nobiluomo ginevrino Conte Gian Giacomo De Sellon (2), zio materno di Cavour. Nel decennio successivo si tennero i primi congressi: il più conosciuto a Parigi nel 1849, presieduto da Victor Hugo. Nello stesso periodo, Lev Nikolaevic Tolstoj (1828-1910) fu uno dei principali interpreti del pacifismo nonviolento che si opponeva alla guerra attraverso una moderna concezione dell’educazione, strumento utile ad una riorganizzazione egualitaria della vita sociale (3). Le dirette esperienze di guerra, descritte nei minimi e crudi particolari nel suo “I racconti di Sebastopoli”, lo avevano condotto al rifiuto assoluto dell’idea di guerra. Con lui intratteneva stretti rapporti epistolari Ernesto Teodoro Moneta, il solo italiano ad aver ricevuto il Nobel per la pace. Proprio quest’anno [Ndr 2007] ricorre il centenario della sua premiazione. Quindi, vista la levatura del personaggio, ho pensato di approfondirne la conoscenza e… incredibilmente… ho notato che nessuno (4) si è interessato per ricordarlo in quest’anno. La cosa più grave è la pressoché totale assenza di biografie e commenti sulla sua storia (5). Di conseguenza è cresciuto l’impulso a scrivere questo breve articolo per ricordare l’uomo e le sue meravigliose idee, che tanto furono apprezzate internazionalmente. Solo per dare un assaggio potremmo definirlo come uno dei maggiori precursori e diffusori di quei principi che condussero alla creazione della Società delle Nazioni, prima, e delle Nazioni Unite poi. Infatti, Moneta camminò di pari passo al pacifismo di impronta massonica che, nel tardo ottocento, assunse un ruolo sempre maggiore: dal 1888, Albert Pike (6) ed Adriano Lemmi si fecero promotori di una forte campagna per la diffusione degli ideali fondanti il pacifismo universale nelle Logge massoniche europee. Nel 1917 il Grande Oriente d’Italia, insieme alla Grande Loggia d’Italia, promosse a Parigi l’organizzazione di un Congresso delle Obbedienze massoniche dei paesi alleati e neutrali: al di là della discussione sulle condizioni per una pace equa, venne incoraggiata l’istituzione di un organismo sopranazionale per la definizione pacifica delle controversie tra i popoli, quale venne effettivamente fondata nel 1919 dalle potenze dell’Intesa con l’appellativo di Società delle Nazioni.
Biografia
Ernesto Teodoro Moneta (20 settembre 1833 – 10 Febbraio 1918) discendeva da una nobile famiglia milanese caduta economicamente in disgrazia, ma capace di trasmettergli quei valori che lo resero uomo rispettato e stimato.
Si ritrovò esule a Torino dopo aver partecipato, appena quindicenne, alle Cinque Giornate di Milano dove, data la giovane età, non riuscii ad arruolarsi… decise quindi di frequentare la scuola militare di Ivrea. Dieci anni più tardi, insieme ai quattro fratelli, si arruolò nei Cacciatori delle Alpi, un corpo di spedizione comandato dall’amico Garibaldi (7). Combatté al Volturno (ottobre 1860), tanto valorosamente da ottenere i galloni da ufficiale; successivamente, ormai sottotenente dell’esercito italiano, rimase così deluso dell’esito della battaglia di Custoza (1866) da abbandonare la promettente carriera militare. Dall’anno seguente si dedicò con successo al giornalismo, giungendo a ricoprire la carica di direttore del “Secolo” di Sonzogno mantenendola sino al 1896.
La scottante esperienza militare lo condusse ad intraprendere, dalle pagine del Secolo, posizioni forti su temi inediti quali l’abolizione della leva militare obbligatoria a favore del progetto di “nazione armata”: non doveva più esistere un esercito, bensì i cittadini dovevano essere addestrati periodicamente alla difesa militare nei propri comuni di residenza. Questa campagna portò a risultati eclatanti: la tiratura del giornale triplicò! da trentamila passò ad oltre centomila (8) copie.
Comunque Moneta ottenne le soddisfazioni maggiori successivamente, quando si dedicò ai temi della pace, sino all’apoteosi del premio Nobel assegnatogli nel 1907.
Nel 1887, insieme ad Angelo Mazzoleni e Francesco Viganò (9), fondò l’Unione Lombarda per la pace e l’arbitrato, le cui finalità sono ben riassunte nei quattro articoli fondamentali dello statuto:
- Diffondere idee ed educare sentimenti umanitari per la cessazione delle guerre;
- Favorire l’affratellamento dei popoli;
- Propugnare le soluzioni arbitramentali nelle vertenze internazionali;
- Promuovere la trasformazione globale degli eserciti permanenti, sostituendo ad essi le nazioni armate.
Tale associazione si avvalse più volte del sostegno economico diretto di Ernesto Moneta che la mantenne in attività prima con la buonuscita ottenuta dal Il Secolo, poi devolvendole l’intero ammontare del Premio Nobel, ottenuto appunto per “il suo impegno e la fondazione dell’Unione Lombarda per la pace e l’arbitrato”.
Nel frattempo, partecipò e promosse molti convegni internazionali sulla pace, in particolare nel 1906, organizzò e presiedette il XV° Congresso Internazionale sulla Pace, facendo edificare un Padiglione per la Pace – tutto italiano – alla Fiera di Milano.
NOTE
1) Tratto da: “Peace and Law in the Italian Tradition”, Nobel lecture, 25 Agosto, 1909 (conferenza tenuta da Ernesto Teodoro Moneta all’Istituto Nobel di Oslo il 25 Agosto 1909). Manifesto pubblicato da I rivoluzionari Milanesi il 23 Marzo 1848. La traduzione è tratta da “The Peace Prize” di August Schou in Nobel: The Man and His Prizes, ed. by the Nobel Foundation (Amsterdam: Elsevier, 1962), p. 539.
2) Ne La giovinezza del conte di Cavour (di Francesco Ruffini) si legge: “Il Conte de Sellon era un pacifista a qualunque costo. Propagandista instancabile e a volte perfino un poco intemperante dell’idea della pace universale e perpetua, escogitatore inesauribile e a volte alquanto ingenuo di sempre nuovi disegni atti a conseguirla nel mondo e ad assicurarvela, il Conte de Sellon si impone però al nostro rispetto per essere stato, come gli storici del movimento pacifista nel secolo XIX attestano, il primo istitutore nel Continente europeo di una società per la pace, che fu quella da lui fondata in Ginevra nel 1830”.
3) Ne “Sull’importanza dell’istruzione popolare” (1862) Tolstoj affermò la necessità di abolire la servitù della gleba, preoccupandosi poi di approfondire e applicare metodi pedagogici non violenti.
4) o quasi: v. Avvenire, domenica 13 Maggio 2007. “Pace, Ernesto Moneta l’unico nobel italiano” di Goffredo Fofi.
5) Ho consultato molti testi universitari di storia, alcune enciclopedie storiche e collane sulla storia d’Italia: incredibilmente nessuna menziona la figura di Moneta.
6) Albert Pike (Boston 1809 – Washington DC 1891). Sovrano Gran Commendatore del RSAA Giurisdizione Sud degli USA.
7) Ebbe con Garibaldi un lungo rapporto di amicizia, tanto da chiedergli aiuto a raccogliere adesioni proprio per i “Cacciatori delle Alpi”, che si apprestavano a dirigersi su Bergamo e Brescia (1859). Successivamente, infatti, lo accompagnò anche nella spedizione dei mille, dove ottenne altri onori per i successi contro il primobrigantaggio.
8) Il primo numero del “Secolo” usci’ il 5 Maggio 1866 arrivando POI a 130.000 copie nel 1891.
9) Angelo Mazzoleni, garibaldino anch’egli, combatté con Moneta a Milazzo, San Fermo ed al Volturno, mentre Francesco Viganò era un vecchio mazziniano che aveva preso parte nel 1833 alla spedizione di Savoia. Quando Hodgson Pratt giunse a Milano per fondare una branca della sua Società Internazionale per la pace e l’arbitrato, Moneta incoraggiò i due amici che, al momento della fondazione dell’Unione Lombarda per la pace e l’arbitrato, ricoprirono rispettivamente l’incarico di presidente e segretario. Infatti la sua qualità di capo redattore di un importante quotidiano gli impedì inizialmente di partecipare in modo ufficiale a tale istituzione.
Ernesto Moneta “militante pacifista”
Così come avvenne per l’amico (10) Tolstoj, le convinzioni più profonde di Moneta scaturirono da un episodio che ne segnò l’esistenza sin dalla pubertà. Egli stesso – nel discorso ufficiale per il premio Nobel (11) – riferì le circostanze per cui, appena quindicenne, rimase traumatizzato:
“One day when my father and brothers were absent, I watched, from the windows of my home, three Austrian soldiers fall amid a hail of bullets. Apparently dead, they were carried away to a neighboring square. I saw them again two hours later: one of them was still in the throes of dying. This sight froze the blood in my veins and I was overcome by a great compassion. In these three soldiers I no longer saw enemies but men like myself, and with remorse as keenly suffered as if I had killed them with my own hands, I thought of their families who were perhaps at that very moment preparing for their return.
In that instant I felt all the cruelty and inhumanity of war which sets peoples against one another to their mutual detriment, peoples who should have every interest in understanding and being friends with each other. I was to feel this way many times as I looked at the dead and the wounded in all the wars for our independence in which I took part.”
Che tradotto suona più o meno così:
Un giorno, quando mio padre ed i miei fratelli erano assenti, dalle finestre di casa, vidi tre soldati austriaci cadere in mezzo ad una pioggia di proiettili. Apparentemente morti, furono trasportati in uno spiazzo contiguo. Li vidi ancora due ore più tardi: uno di loro era ancora afflitto dagli spasimi di un morente. Questa vista mi fece gelare il sangue nelle vene e fui sopraffatto da una grande compassione. Non vidi più i tre soldati come nemici ma come semplici uomini, e con rimorso per l’intensità delle loro sofferenze come li avessi uccisi con le mie stesse mani, pensai ai loro familiari che probabilmente stavano attendendo il loro ritorno.
In quell’istante compresi tutta la crudeltà e disumanità della guerra che pone le persone le une contro le altre con danno per entrambe, persone che dovrebbero avere ogni interesse nell’amicizia e comprensione reciproche. Questo sentimento tornò a farsi sentire tutte le volte che mi ritrovai ad osservare la morte e le ferite durante la mia partecipazione a tutte le guerre per la nostra indipendenza.
L’esperienza della guerra combinata con l’ideale patriottico generarono in Moneta una linea di condotta e di pensiero che frequente lo condussero a scelte ritenute incoerenti, almeno in apparenza. Per questo – e non solo – venne definito un “militante pacifista”. Ernesto Moneta visse al di là delle etichette: da uomo libero intraprese quella che al momento riteneva la strada più giusta; passioni, sentimenti, esperienze e razionalità lo condussero alla formazione di idee che potessero conciliare le sue diverse anime. Divenne per questo un nazionalista internazionalista, un uomo che viveva la sua profonda religiosità dedicandosi alla propaganda anticlericale; a volte, forse anche un po’ eccentrico: sebbene fosse “un crociato della forma fisica” si racconta (12) che quotidianamente prendesse il tram che attraversava la piazza per arrivare al ristorante di fronte al suo ufficio. Certamente la singolarità dei comportamenti e delle prese di posizione lo facevano apparire quantomeno incoerente. Comunque, leggendo attentamente alcuni passi dei suoi scritti, si comprende come tali contraddizioni siano di frequente solo apparenti: la vasta cultura e l’esperienza di vita lo avevano portato a saper distinguere e discernere i fatti sin nelle più celate sfumature. Malgrado ciò, molti altri, privi vuoi delle capacità vuoi delle informazioni, considerarono Moneta un uomo incoerente se non addirittura opportunista.
La critica maggiore mossa dai suoi detrattori riguarda la sua presa di posizione a favore dell’intervento italiano nella Grande Guerra, infatti come riportò più tardi il Times, Moneta asserì: «Io, come italiano, non posso pormi sull’orlo. Devo partecipare alla vita del mio Paese, gioire per le sue gioie e piangere le sue disgrazie.» (13)
E’ necessario leggere tra le righe e conoscere più a fondo l’uomo: spirito ed ideali – vicini a quelli massonici – sottendevano alle sue scelte, rendendo contemporaneamente l’agire di Moneta incomprensibile ai più. Lo stesso Pike, difensore degli oppressi ed avverso alla guerra per natura (14)– tutta la sua dedizione al tema del più debole e del sofferente scaturisce con forza dalle numerose opere divulgative e dai molteplici esempi di vita – si ritrova a combattere prima nella guerra con il Messico poi in quella di Secessione. Si distinse in combattimento per il coraggio e le capacità di comando, tanto da ricevere la commenda prima e il grado di generale poi. Il carattere e gli ideali di Pike divengono evidenti citando l’episodio del maggio del 1861, quando come Agente Generale Confederato per i territori indiani del West Arkansas e Sud Kansas decise di stipulare con i nativi americani un trattato di tipo difensivo, contravvenendo deliberatamente agli ordini ricevuti dal governo che pretendeva, invece, l’attiva partecipazione dei pellerossa all’offensiva militare (15). Questo per dimostrare, che alcuni uomini, se intelligenti, sanno discernere tra realtà ed ideali; decidono in base alle informazioni che possiedono e le possibilità offerte dal momento storico, sfruttano le opportunità senza contravvenire ai propri valori, anzi tenendoli sempre in alta considerazione: capita che sia necessario combattere per affermare i principi, e purtroppo quelli di pace e giustizia non fanno eccezione.
L’idea di pace, come quasi tutto il resto, non è assoluta; in molti vorrebbero che fosse così, ma guardando alla storia dell’umanità è impossibile non notarne il carattere utopistico: la guerra ed il suo orrore sono assolutamente sbagliati quando condotti per il potere, la ricchezza, la gloria etc., ma è altrettanto inevitabile, dopo aver tentato tutte le possibili alternative, quando siano in pericolo i diritti elementari dell’uomo e soprattutto del debole. I soprusi, le torture e la soppressione di questi diritti rendono la vita ancor peggiore e meno degna di essere vissuta rispetto alla morte causata dalla guerra. Alla luce di ciò, le scelte di Ernesto Teodoro Moneta, seppur non condivisibili, appaiono quantomeno comprensibili e non così contraddittorie come poteva apparire a prima vista. Infatti, sul numero di Ottobre 1906 della rivista “La Vita Internazionale” (16), Moneta espresse chiaramente la sua idea: «Avviene fra i popoli, come fra gli individui, che i più pacifici diventano pugnaci quando si vedono ingiustamente assaliti … Per questo noi pacifisti abbiamo sempre sostenuto che nella organizzazione della pace è compresa, ed è veramente valida, l’organizzazione della difesa».
Conclusioni
A fronte dell’approfondita e vasta ricerca effettuata, sono giunto ad una triste convinzione: tutta la storia è artatamente riscritta ad uso del momento, come qualcosa di soggettivo e strumentale ad uno scopo preciso. A conferma di ciò, voglio riportare le parole pronunciate qualche anno addietro dal Fratello Morris Ghezzi, per molti anni vicepresidente della Fondazione Moneta:
“Ernesto Teodoro Moneta considerò la sua professione di giornalista e di scrittore ed il suo compito di pacifista una missione di educazione morale e sociale e per le generazioni del suo tempo, egli fu veramente un educatore, condannando apertamente il malcostume e le storture della società, incoraggiando il bene, l’onestà, lo spirito di solidarietà, esaltando le affermazioni dello spirito e dell’ingegno. Fu un apostolo dell’universalismo e umanesimo liberomuratorio che gettò le fondamenta della modernità e che come nella Rivoluzione francese e in quella americana anche in Italia diresse le fila delle guerre e dei movimenti che portarono all’Unità d’Italia ed alla nascita della democrazia nel nostro paese. Moneta fu una figura di grandissimo rilievo mondiale, purtroppo quasi censurata nella memoria del nostro paese, e un convintissimo assertore dei principi della Massoneria Universale alla quale si rifacevano anche Garibaldi e Cavour, che gettò le basi per una nuova visione del diritto internazionale autonomo dalle nazioni. Appartenne a quella composita schiera di intellettuali che con la penna e la sciabola fondarono l’Italia moderna, democratica, socialista, attraverso una rivoluzione compiuta che fu l’Unità del paese. Una figura dalla religiosità laica e teosofica vincente, che da guerriero si convertì ai principi kantiani sulla pace universale e ne divenne un apostolo fino al Premio Nobel” (17).
Riguardo la sua appartenenza alla nostra istituzione permangono molti dubbi: Moneta non risulta essere mai stato ufficialmente iscritto al GOI, mentre durante la sua vita ha costantemente frequentato e scambiato idee con personaggi appartenenti a molteplici Obbedienze europee.
Moneta deve essere ricordato non solo per l’impegno profuso nella diffusione dell’idea di pace e per il Nobel ricevuto, ma anche per aver sostanzialmente rivoluzionato la metodologia dell’informazione giornalistica, tuttora applicata dai maggiori quotidiani. Per primo decise di instaurare la figura dell’inviato di cronaca, creando una vera e propria rete presso ospedali, caserme etc. che potesse avere immediato accesso alle fonti della notizia, ottenendo così un’informazione completa ed esaustiva, nonché rapida.
L’unico monumento eretto in suo ricordo, si trova nei giardini di via Palestro a Milano.
Gianmichele Galassi
Da G. Galassi – Ernesto Teodoro Moneta: centenario di un premio Nobel dimenticato. Hiram vol.2:57-67, Erasmo Editore, Roma, 2008.