In una antichissima immagine che rappresenta la divinità femminile, la “dea” ci viene presentata in una particolare posizione. Nella scultura della cosiddetta “Venere col corno” la dea con una mano tiene una mezza luna con tredici tacche e con l’altra si tocca la pancia sopra la zona dei genitali femminili. La testa, di profilo, è rivolta verso la mezza luna.
Molte fantasie potremmo fare intorno a questa potente immagine, ma una sola ne voglio proporre, e cioè che possa essere l’espressione della consapevolezza del legame tra luna e mestruo, tra luna e gravidanza. Forse questo ha a che fare con la nascita di una coscienza femminile – una coscienza lunare, fatta di cicli – che implica un guardare la realtà ad occhi socchiusi e una capacità di cogliere i chiaroscuri.
La luna, con le sue fasi mutevoli, è stata fin dall’antichità utilizzata come spiegazione di quei misteriosi fenomeni femminili quali la mestruazione, la gravidanza e il parto. La convinzione che esista un legame tra luna e donna è stata affermata in tempi antichissimi e ovunque. Tale legame appare non solo nei miti e nel folclore ma anche nel linguaggio, per cui in molte lingue i termini luna e mestruazione sono identici o simili.
Ma la mestruazione e il sangue ad essa associato sono quasi universalmente considerati tabù: si ritiene che le cose che le donne mestruate toccano o addirittura solo incrociano con lo sguardo, perdano la loro efficacia o comunque vengano contaminate. Per questo motivo nelle culture primitive le donne nel periodo mestruale venivano isolate, e si impediva loro di svolgere i lavori abituali. In alcuni contesti, addirittura, mentre mangiavano non dovevano toccare con le mani un certo cibo, altrimenti ad andare a male era tutta la scorta della tribù. E ancora non dovevano essere viste, perché, per esempio, l’uomo che le vedeva avrebbe sicuramente “perso la sua virilità” o “le sue ossa si sarebbero infiacchite”. Simili tabù – relativi al vedere e al toccare, per esempio – colpiscono anche la donna che deve partorire.
Ritroviamo tracce di questi antichi rituali nelle credenze e in certe abitudini che si tramandano di madre in figlia, per cui una donna mestruata non si può fare il bagno, non si può pettinare, non può toccare il burro o la carne o le piante.
Perché questa reazione al sangue femminile? Non credo che si tratti qui di orrore per il sangue. Certo il rapporto col sangue per l’uomo delle origini è circondato da cautele, ma né il sangue dell’animale né quello dell’uomo ferito hanno generato gli stessi tabù che troviamo nel caso del sangue mestruale e del parto. Il tabù del sangue tocca solo il sangue femminile. Perché?
Il discorso ci porta lontano, ai miti delle origini. Credo infatti che dobbiamo tornare indietro fino a Lilith, la prima donna di Adamo, quella che lui ha rifiutato perché voleva essere alla pari. Non bisogna dimenticare che viene descritta come “bagnata di saliva e sangue”. E ancora: che dire allora delle sirene che vivono nell’acqua, ma che secondo alcuni miti, circa le loro origini, nascono dal sangue? E delle Melusine, di cui Jung dice “vivono nel sangue”? Dove ci portano, che giro ci invitano a fare questi esseri femminili dai miti così impregnati e imparentati col sangue?
Anche i bambini quando nascono sono coperti di saliva e sangue. Il Levitico ci insegna che il sangue del flusso femminile è impuro e ci sono delle pratiche da rispettare in quel periodo. Il “sabbat” babilonese avrebbe origine mestruale, era rispettato durante le mestruazioni della dea lunare Ishtar; “sabbatu” significherebbe “cattivo giorno di Ishtar”. C’è in questo un accento negativo. L’accento sull’aspetto negativo del mestruo ci riporta al tema della caduta, e alla rivalità tra i generi, per cui uno domina sull’altro: matriarcato o patriarcato che sia. La morte nella Bibbia è una conseguenza della caduta e alla donna viene detto che avrebbe partorito con dolore, e la mestruazione sembra legata a questo.
Nel Medioevo ritroviamo in molte leggende, e anche sul portale di una chiesa, il tema del “bagno” e del divieto che la donna/fata/sirena pone; non essere viste mentre si fa il bagno. A bagnarsi sono donne bellissime coi capelli lunghi, che si pettinano e spesso si guardano allo specchio e che – come dicevo – non devono essere viste da nessuno. Questo divieto sembra essere collegato a un tabù. Ricordiamo che la prima divinità femminile ad essere sorpresa al bagno è stata Diana, che poi ha trasformato Atteone in cervo divorato poi dai suoi cani. La dea sembra aver sviluppato un’ipersensibilità e reagisce perché Atteone si vanterà di averla vista. Lo sguardo è reso pubblico. Perché non si può guardare?
L’acqua come specchio originario ci rimanda al raddoppiamento dell’immagine, al doppio tenebroso. L’acqua è anche il mestruo, inquietante. Le acque, come il mestruo, sono sottoposte al flusso lunare, da cui le leggende secondo cui il serpente, animale lunare, si accoppierebbe con le donne e provocherebbe, con i suoi morsi, il sangue. La rivalità è tra la donna e il serpente. Lilith è donna-serpente, l’amante lunare è serpentiforme. Melusina si ritira una volta la settimana a fare un bagno trasformandosi in un serpente dalla vita in giù e non vuole essere vista (sua madre aveva posto il divieto sul non essere vista mentre partoriva). Chi trasgredisce questo tabù e non si purifica rischia, tra le altre malattie, la lebbra, e coloro che sono generati durante il tempo delle mestruazioni nasceranno rossi o tarati.
Nel medioevo queste immagini di “bagno” sembrano oscillare tra lussuria e purificazione. Il bagno di Melusina oscilla tra purificazione e ripresa di contatto con una natura femminile profonda: purificazione e iniziazione. Non è un caso che nel tema del bagno battesimo abbiamo una convergenza di temi di iniziazione e purificazione. Queste immagini infatti oscillano tra la purificazione della parte diabolica per accedere alla pura umanizzazione e l’idea di un rivestimento di una forma sovrannaturale e di comunicazione con l’al di là, come se il femminile tornasse là da dove è venuto per riappropriarsi di qualcosa che è andato perduto. Il bagno di Melusina e i bagni mestruali messi sotto tabù potrebbero avere a che fare più con il bagno di una dea che si rigenera e riprende la sua potenza, che con un bagno di penitenza.
Bisogna ritornare all’acqua, all’elemento liquido, al sangue mestruale, per riappropriarsi di qualcosa che è stato scartato, per riappropriarsi di una conoscenza di cui era portatore il principio femminile. Ma nello stesso tempo il bagno segregato potrebbe essere il segno che si teme tutto questo, e per questo lo si isola, lo si confina.
Il sangue infatti è conoscenza, i sogni di sangue hanno a che fare con la conoscenza. Le sirene (non è un caso – come dicevo – che le sirene nascano dal sangue) promettono all’eroe la conoscenza. È curioso che l’area semantica affine a “mestruazione”, oltre al “contare”, sia quella del “pensare” e della “mente”, come se la mestruazione e il pensiero, la conoscenza (la coscienza?), fossero in qualche modo collegati. Di che conoscenza si tratta? Che tipo di conoscenza bisogna recuperare? Il sangue e l’acqua salata hanno la stessa composizione chimica, dunque si tratta di una conoscenza non legata all’aria e allo spirito, ma all’acqua, all’inconscio. Una conoscenza estatica, legata al principio femminile.
Ci è stato insegnato che la spiritualità è superiore alla natura e che “natura” è uguale a “femminile”, mentre “cielo” è uguale a “maschile”. Un tempo non era così. Per gli adoratori della dea non esistevano polarità così definite tra spiritualità e natura e il femminile non era solo fonte di ogni vita e natura, ma anche di spiritualità, misericordia, saggezza e giustizia. Alle divinità femminili si è negato un valore spirituale, relegandole al mondo della natura, che poi si è svalutato. Le si è depotenziate. Infatti, o sono state fatte fate, o streghe o sante.
Ma è ancora il linguaggio a portarne le tracce, a fare dei “lapsus”: la parola “saggezza” infatti è femminile in greco, francese, italiano, ebraico e – come ho detto – l’area semantica di mestruazione è sia collegata a quella del pensiero che a quella del misurare (contare). Inoltre le Parche (le dee della giustizia) e le Muse (le ispiratrici delle arti) sono femminili.
(Re Nudo n. 35, anno IV, novembre 1999)
Tratto dal libro:
AAVV, Sesso libero ma dalla mente, Re nudo edizioni, Jubal 2005