Rosazza viene definito "il Comune più misterioso d'Italia"; gli sono state dedicate trasmissioni televisive a livello nazionale, per non parlare dei numerosi siti internet che ne enfatizzano i suoi lati esoterici. Eppure, forse non è che uno dei tanti gioielli dell'Alta Valle del Cervo. Non ebbe abitazioni fisse fino alla fine del Quattrocento. Nel Medioevo faceva parte degli alpeggi di Andorno e i suoi primi abitanti furono pastori. Nonostante le sue ridotte dimensioni, questo borgo, va scoperto con calma, cogliendone scorci e atmosfere con lentezza. Ma cosa rende Rosazza un luogo così magico? I suoi aspetti che oggi ci appaiono misteriosi si devono a un filantropo: Federico Rosazza Pistolet. La chiave è proprio nel suo estremo simbolismo esoterico: passo dopo passo, Rosazza nasconde una ricca simbologia massonica, visibile nell’estetica e nell’architettura dei suoi luoghi simbolo. Nel 2021, Rosazza ha ottenuto l'inserimento tra: “I Borghi più Belli d'Italia“ (https://borghipiubelliditalia.it/)
Federico Rosazza Pistolet
Nato a Rosazza nel 1813 (e ivi morto nel 1899), fu filantropo, Gran Maestro Venerabile della Massoneria e politico. Si laureò in giurisprudenza e strinse amicizia con vari patrioti, tra cui Giuseppe Mazzini. Fu membro della Giovine Italia e, nel 1892, fu nominato Senatore del Regno. Il ricordo della moglie e della sua unica figlia, entrambe morte prematuramente, lo spinsero ad agire a favore della propria terra d'origine e della popolazione locale. Le principali opere che fece costruire sono: il cimitero monumentale, la chiesa parrocchiale, l’attuale municipio, il castello neogotico e la "Galleria Rosazza", il collegamento stradale tra i Santuari di San Giovanni d’Andorno e Oropa.
I simboli misteriosi
Federico Rosazza Pistolet, figura di spicco nella Massoneria, volle imprimere un preciso messaggio simbolico in ogni edificio da lui commissionato. Dalle facciate dei palazzi agli interni delle chiese, è possibile riconoscere un ricco repertorio di riferimenti alla tradizione massonica, all’occultismo e alla spiritualità del tempo. Oltre al loro significato nascosto, però, questi elementi contribuiscono a creare un’atmosfera suggestiva, che si combina con l’architettura caratteristica del borgo. Non solo mistero, dunque: Rosazza è anche un luogo di bellezza, dove arte e cultura si conservano intatte, tramandando un patrimonio di storia e tradizioni.
[...] La prima volta che arrivai a Rosazza credetti scorgere un luogo di delizia dipinto in uno scenario da qualche pittore grottesco; rimasi come chi smarrisca a un tratto ogni concetto estetico, si confonda d’ammirazione per naturali bellezze e di meraviglia per cose artificiali mai più vedute... La chiesa con la volta è dipinta d’azzurro ed una fuga di stelline: la Via Lattea; e c’è una certa battaglia di Lepanto. Ma anche uno splendido trittico di Defendente De Ferrari. Poi, dopo il tempio, la casa del Comune, nello stesso stile da scenario, con lo stesso portico ad archi bassi, bicolori, e a colonne esili: in un angolo, fisse allo spigolo la statua di Vittorio Emanuele, sopra, e di Umberto Biancamano, sotto. Poi, il castello feudale; esso pure della fine del secolo decimonono. Grossa la torre; molti i ruderi simulati; gravi il trovadore e il guerriero dipinti nell’atrio, e, più grave, l’epigrafe: Nell’età di mezzo fu aspro maniero etc. [...] La ricchezza del senatore Federico Rosazza fu prova di quanto meritino a un uomo la tenacia della volontà, la resistenza della fibra e la sagacia delle imprese. Di dove, in Italia, aveva compiuti lavori immensi — tra cui l’ampliamento del porto di Spezia — tornò poco più che quarantenne al paese nativo: felice, o con piena fiducia nella felicità. Ma una sventura lo percosse. Gli mori il padre e gli morì il fratello, compagni alle opere. Non gli rimaneva più che la figliuola giovinetta. E s'ammalò anch’essa; morì a poco a poco. Ah, come dovette invidiar gli anni agitati dalle opere e dai guadagni! Come dovette patire la vanità degli anni che gli restavano! Ma Dio lo soccorse. Una notte, la viglia della Natività, ebbe la visione della perduta figlia. Padre — gli disse — fa del bene alla nostra terra; a Rosazza, al Piemonte, all'Italia, per l’amor di Dio e di me. E così egli fece. L’ultima volta che lo vidi fu un giorno di festa. Andava in processione seguendo i preti, con in una mano il cappello e nell’altra il cero acceso, e dietro a lui le donne vestite di nero; e dietro i vecchi, i ragazzi e i pochi uomini che l’emigrazione lasciava al dolce nido. A procedere così, solo, in capo della lunga fila litaniante, severo e pur soave nel volto incorniciato dai capelli candidi, egli pareva davvero il signore, il padre del vllaggio...
Da un articolo di Adolfo Albertazzi, pubblicato su La Tribuna Biellese il 15 febbraio 1922.
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