Scioet ad “sant’antone”
Polenta, sempre polenta… In tempi molto lontani, a causa dei periodi di povertà e delle famiglie numerose con tanti figli da sfamare, l’arrivo del mais venne accettato come una benedizione.
Le pannocchie si sgranavano a mano, si ponevano nella pila di pietra, poi si pestava il mais per frantumarlo grossolanamente (così come si faceva a Torrazzo e in altri paesi del Biellese); con questa farina si allestiva la polenta, mescolandola con cipolla, sedano, aglio, salsa di pomodoro, olio o strutto, basilico, peperoncino, sale e pepe.
Si mescolava portandola a cottura. Veniva poi spaiolata su una tavola di legno detta “spianatora”, intorno alla quale si riuniva l’intera famiglia e ognuno pescava cucchiaiate da quel composto dorato.
La festa patronale di Galfione (Occhieppo Superiore) cade in gennaio, nel periodo in cui si faceva “Purchetaje”. Per festeggiare, si preparava questa polenta saporita e succulenta. Si recuperavano i pezzetti di scarto della carne di maiale: raschiatura delle costine, pezzetti di ventresca, lardo, bocconcini di carne; si passavano alla macchina, si insaporivano con sale, pepe e altre droghe, poi si facevano rosolare in padella con pochissimo burro, aglio e rosmarino.
Si portava a bollore dell’acqua salata in un paiolo e vi si versava la farina da polenta, in quantità tale da ottenere una polenta molto morbida, che si lasciava cuocere per almeno quarantacinque minuti, sempre mescolando. A fine cottura si incorporavano dei pezzetti di formaggio locale, tometta o beddo, si mescolava bene, poi si univa il composto di carne rosolato, mescolando ancora, ed infine la quantità di burro di cui si disponeva, ben colorito e caldo. Ancora una mescolata ed il piatto era pronto per essere scodellato e gustato con una generosa macinata di pepe. Infatti questo scioet viene definito “an peore” (al pepe).
Da “12 menù per 12 mesi - Piatti stagionali Biellesi” - Bianca Zumaglini - Ed. La Nuova Provincia di Biella