copertina libro


Biella 1875. Da Torino arriva un ufficiale dell’Esercito sabaudo con in tasca il progetto di un’invenzione allo stesso tempo audace, modernissima e forse assurda: vuole realizzare una macchina capace di portare le persone da Biella agli stabilimenti idroterapici e ad Oropa, sfidando le strade e le montagne che nessun mezzo che non fosse mosso da cavalli sarebbe riuscito a percorrere. Le difficoltà saranno molte, ma il nostro protagonista non si perderà d’animo e grazie all’aiuto di alcuni personaggi coraggiosi e caparbi tenterà fino alla fine di fare il suo primo fantasmagorico viaggio. In questo racconto, dove la realtà dei fatti realmente accaduti e l’ipotesi storica si fondono alla perfezione con l’immaginazione letteraria, il lettore potrà rivivere l’atmosfera di una Biella di fine Ottocento, l’eco dei grandi cambiamenti tecnologici, le notizie delle prime rivoluzioni sociali e gustare l’avventura di un italiano che, insieme ad altri inventori, dieci anni prima dell’avvento dell’automobile aveva provato a precorrere i tempi.


Indice

  • Introduzione - pag. 5
  • Vincenzo - pag. 7
  • In viaggio - pag. 16
  • Biella - pag. 25
  • Finanziatori - pag. 34
  • Verso la conferenza - pag. 44
  • Al Teatro Sociale - pag. 54
  • La locomotiva senza fuoco - pag. 64
  • L’ignoto benefattore - pag. 74
  • Dettagli tecnici - pag. 82
  • Collaudi - pag. 91
  • Il viaggio – prima parte - pag. 99
  • Il viaggio – seconda parte - pag. 109
  • Il danno - pag. 117
  • Un’ultima volta - pag. 126
  • Ringraziamenti - pag. 131

Lunghezza: 140 pagine
Pubblicazione: novembre 2024

Foto di copertina: Orietta Biolcati Rinaldi
(disegno di Marco Scaruffi)


Tratto dall'introduzione
[...] Un caro collega mi donò un libricino dal tema in apparenza ferroviario. Narrava di un uomo che aveva proposto, proprio a Biella, un suo progetto per l’epoca quasi avveniristico [...] Molti anni dopo, il ricordo di quel libricino mi tornò in mente. Lo recuperai ancora in perfette condizioni e, aprendolo, ebbi subito l’impressione che contenesse qualcosa di magico, nuovo e poco esplorato, e pensai valesse la pena di essere raccontato. Si narrava di un inventore, di cui sono anche riuscito a trovare le esatte origini, che passava il tempo libero a proporre le proprie idee “verniane”, fatte di macchine a vapore che percorrevano le strade, dirigibili che solcavano l’aria ed embrioni di antifurti che già usavano l’elettricità: una di queste aveva provato a presentarla anche a Biella [...] Iniziavano a circolare i telai meccanici più moderni, i tessuti venivano venduti ovunque in Europa e subivano la concorrenza di altri produttori. I trasporti si stavano diffondendo sempre di più aiutando a rendere i luoghi più vicini e ad aprire nuovi mercati [...] È chiaro che tutto questo contesto era destinato a cambiare con estrema rapidità e anche le invenzioni, che in quel fine secolo sembravano fantascientifiche, divennero ben presto obsolete. Basti pensare che, solo dieci anni dopo i fatti di questo libro, Benz circolava con la sua prima automobile mossa da un motore a ciclo “Otto” e poco dopo i fratelli Wright volavano con il loro primo aeroplano. Però, in quell’anno particolare, il 1875, qualcosa di quasi surreale accadde realmente a Biella: io ho voluto riprendere quel fatto e completarne il racconto in modo plausibile, rispondendo alla domanda: “Cosa sarebbe successo se quello strano progetto fosse stato realizzato?” [...]



Luca Revello
È è nato nel 1964 a Venezia. Biellese di adozione, si è laureato in Economia e Commercio a Torino nel 1990. Da sempre è appassionato di storia, di sport, di giochi di ruolo e da tavolo e nel 2013 si è avvicinato alla scherma e alla rievocazione storica. Proprio la sua passione per la storia lo ha portato a scrivere il romanzo Vercelli 1553. Il buio sui Savoia (Edizioni Joker, 2021) e ora a indagare vicende curiose e suggestive dell’antica Biella che possono aiutare il lettore a scoprire luoghi e personaggi, e a rivivere episodi entusiasmanti che probabilmente non conosce.



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I primi articoli sul giornale

pag. 9


[...] Vincenzo prese il giornale con una certa apprensione e si sedette su una poltrona nel soggiorno, vicino a una lampada a olio che si era premurato di accendere prima di sedersi. Era l’«Eco dell’industria» di Biella del 28 marzo 1875. Scorse con impazienza quel giornalino, di quattro pagine in tutto, e subito trovò quello che cercava a pagina due. “LOCOMOTIVE STRADALI [...] A proposito della Ferrovia Sotto-Alpina quest’Ufficio, sente il dovere d’avvertire la S. V. ed i suoi lettori, che fra non molto, si stabilirà, incominciando nella prossima stagione estiva, dalla stazione di Biella al santuario d’Oropa un regolare servizio d’omnibus uso ferrovia, tirati da locomotive stradali di nuova invenzione [...] Vincenzo si sedette a un piccolo scrittoio che aveva nel soggiorno vicino alla lampada a olio e si mise a progettare. Maria, seduta sulla poltrona accanto, gli faceva da sentinella mentre ricamava un asciugamano di lino. Sullo scrittoio era già appoggiata una pila di libri, articoli e riviste che potevano servire allo scopo. In una di quest’ultime erano descritte le mirabolanti invenzioni di Robert William Thomson che aveva progettato e brevettato a Edimburgo, nel 1870, un trattore stradale a vapore che si muoveva su ruote di gomma! Era poi venuto a conoscenza dell’invenzione di un siciliano che aveva creato una locomotiva stradale a vapore con il nome di Trinacria, un certo Giovanni Petronio Russo. Aveva letto in una rivista che, nel 1872, il Russo era riuscito a collaudare un prototipo fra le strade di Roma davanti agli occhi meravigliati dei cittadini della nuova capitale. Possedeva varie copie del giornale «L’industriale» di Milano in cui si narrava dell’esperienza di Bergamo con le locomotive stradali e conosceva nel dettaglio anche la macchina di J.F. Cail & Cie apparsa nella «Publication Industrielle» del 1871 [...] Innanzitutto, tutti proponevano locomotive a vapore munite di una caldaia e di una camera di combustione e questo non gli piaceva. La camera di combustione, si sa, brucia carbone e il carbone sporca sia quand’è maneggiato sia quando i fumi escono dal camino. Inoltre il rumore che fanno muovendosi spaventa i cavalli. Poi, come avviene per le locomotive ferroviarie, quelle macchine dovevano essere condotte da almeno due o tre persone [...]

Primo viaggio a Biella: il notaio

pag. 25


[...] Il notaio abbassò gli occhialini e lo scrutò in viso. «Ho capito bene? Duecentomila lire? Una cifra considerevole. E per farne cosa?». «Una società per il trasporto locale». «Mai sentita una cosa simile. E perché proprio a Biella?». «Perché è una città ricca, con molti gentiluomini benestanti e sono sicuro di trovare dei sottoscrittori che possano sostenere un mio progetto rivoluzionario» [...] «Ecco, signor Luogotenente Lanzillo», riprese il notaio per nulla impressionato dal trovarsi di fronte a un ufficiale dell’esercito, «è mio assoluto dovere avvertirvi che né per la cifra che voi volete chiedere, né per il momento né per il luogo sono convinto che questa società verrà alla luce». A quelle parole Vincenzo cambiò posizione sulla sedia, quasi indispettito. «Scusate, stimatissimo notaio, perché mi state dicendo questo? Devo ammettere che il capitale iniziale è un po’ elevato, ma non voglio correre rischi. Essendo questa società basata su un’invenzione avveniristica, è abbastanza scontato che ci saranno intoppi tecnici e ci saranno quindi delle necessità finanziarie superiori al normale. Biella però è una piazza sicura, piena di imprenditori geniali e innovativi che comprenderanno, e daranno un decisivo contributo alla sua costituzione». «Signor Lanzillo, voi v’illudete. A Biella non troverete quello che cercate [...]

Il direttore della Banca Biellese

pag. 38


[...] «Nuove e avveniristiche macchine?» rispose sorpreso il direttore, sgranando gli occhi.
«Sig. Lanzillo, non voglio discutere sullo studio di fattibilità della vostra società, ma ritengo sarà un’impresa difficile. Parliamoci chiaro. Sarete pure un gentiluomo, non lo nego, ma non siete del luogo. Venite da Torino se non vado errato. Questa città è chiamata la Manchester d’Italia per la sua somiglianza con l’omonima cittadina inglese. Qui la produzione è quella dei tessuti e dei panni. Un distretto votato soprattutto a questo. Cosa vi fa pensare che in questo luogo di gente onesta e dedita a ciò vi permetta di fondare un’avveniristica società di trasporti? E per dove saranno diretti se posso essere indiscreto?». Il suo tono era ora quasi paternalistico. Nel dire quest’ultime parole si era seduto più composto e aveva tirato fuori dal taschino un orologio a cipolla dando una veloce sbirciata all’ora. «Avevo pensato di trasportare persone verso gli stabilimenti idroterapici, e in particolare verso quello di Oropa».
«Già, l’idroterapia» assentì quasi sbuffando45. «Mi ero dimenticato che il biellese può fregiarsi di ben quatto stabilimenti adatti allo scopo, realizzati per chi vuole curarsi e rilassarsi lontano dal caos cittadino. Gente benestante che, come voi, viene da fuori». Il direttore divenne pensieroso. «Sapete una cosa? Non so dare un chiaro giudizio sull’idroterapia. È fatta per dedicare giorni all’ozio, come una sorta di vacanza, distogliendo le energie dal lavoro. Certo, può essere salutare. La medicina oggigiorno non ha molto di meglio da proporre e quindi la fiducia dell’ammalato nel medico, che si dedica molti giorni a dare le dovute attenzioni per risanare mente e corpo, può essere già una buona cura. Tuttavia», e qui fece una pausa quasi teatrale, «non posso credere che l’acqua fredda o calda possa sconfiggere le malattie». Aveva un tono quasi rassegnato, come di chi tollera di buon grado una persona che si presenta non invitato a una festa di compleanno. «Ma anche questo fa parte del biellese» proseguì riprendendo vigore. «Se quindi queste attività possono promuovere la ricchezza della nostra regione, non vedo perché non favorirle in qualche modo».[...]

Pollone: il primo collaudo

pag. 91


«Hai controllato che tutto sia in ordine?» fece Vincenzo in preda a una viva agitazione. Si trovava nel cortile del Lanificio Piacenza, fra i capannoni proprio lì, davanti alla sua creatura ormai pronta, caricata di acqua calda e di vapore proveniente dalla vicina caldaia e ferma sul freno di stazionamento [...] Gaspare Magliola intanto stava girandole intorno per verificare, ancora una volta, che tutto fosse in ordine. La serata primaverile di quell’aprile 1877 era limpida ma un po’ fredda. Avevano indossato entrambi un cappotto e un cappello per fare il breve giro, al calar del sole, prima di cena. «Sembra che sia tutto a posto» [...] Montarono con quella cura di chi non vuole sgualcire o rovinare una cosa nuova e si trovarono seduti in un comodo divanetto sul fronte della locomotiva. Vincenzo aveva davanti a sé un volante piatto, munito di un pomello per aiutare la rotazione. Alla sua sinistra sporgeva una levetta che serviva per aprire il collegamento tra il serbatoio d’acqua bollente e il duomo, necessario per far passare il vapore dal grande serbatoio. Gaspare, seduto alla sua destra, aveva di lato due leve: una del freno di stazionamento, montata su una piccola cremagliera già tirata al massimo, e l’altra, che sbucava sempre dal fianco della poltrona, che serviva per azionare i freni veri e propri. Provarono entrambe le leve, il volante, e alla fine Vincenzo disse quasi con un nodo in gola: «Si parte?». «Sì, andiamo» [...]

Pagina realizzata il 12 gennaio 2025

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