IL BIELLESE NEI LIBRI
Il castello di Cerreto
di Raffaella Cecchetto
Pro Loco Cerreto
2011

pag. 15
Cerreto: un feudo degli Avogadro
... nel 1249, in particolare, gli Avogadro di Vercelli subirono l'esilio ad opera della potente casata dei Bicchieri: i castelli di Massazza, Villanova, Benna, Cossato, Quaregna, Cerreto, Valdengo e le torri di Montecavallo costituirono allora per loro un sistema difensivo solido tale da indurre persino le milizie imperiali a rinunciare ad ogni attacco. Riammessi in patria nel 1254, gli Avogadro, ne furono cacciati una seconda volta nel 1280 e da allora non poterono fare ritorno a Vercelli fino al 1301. Durante tale ventennio fu ancora nei castelli biellesi che gli esuli vercellesi trovarono scampo27. Quanto agli insediamenti presenti nel Biellese, si può notare come la dislocazione delle principali fortificazioni permettesse agli Avogadro un efficace controllo del territorio: gli Avogadro di Benna, feudatari del luogo fin dal 1165, ne possedettero il castello, la cui costruzione dovette essere precedente al loro infeudamento; i potenti Avogadro di Cerrione, oltre alla residenza fortificata presente sulle colline di questo paese, possedettero nel XIII secolo anche il castello di Camburzano, poi passato agli Avogadro di Mongrando e forse distrutto nel sec. XVI, nonché quello di Magnano e, fino al 1551, allorché quei territori passarono ai Dal Pozzo, anche quello di Ponderano. Gli Avogadro di Collobiano, poi detti della Motta, ebbero sede fortificata a Mottalciata; quelli di Valdengo ebbero il possesso delle fortificazioni di Valdengo e di Vigliano28. Attraverso gli insediamenti di Valdengo, Cerreto e Quaregna la famiglia controllava dunque quasi tutta la dorsale collinare sulla sinistra del torrente Cervo, ossia la sinistra idrografica dello stesso. Scrive in proposito Riccardo Rabaglio: «secondo la tradizione il primo incastellamento della regione, o quanto meno una sua embrionale fortificazione, sarebbe da farsi risalire al IX-X secolo cioè all'epoca delle terribili invasioni e devastazioni degli Ungari e dei Saracerii. La prima difesa degli abitanti era allora costituita dalla fuga, consentita soltanto dalla tempestività dell'allarme. Ciò era garantito da un articolato sistema di avvistamento basato su una catena di torri poste a contatto visivo. È radicata convinzione, peraltro non suffragata da prove, né materiali né documentarie, che lungo tutta la dorsale sul corso del torrente Cervo sia esistita nell'alto medioevo una catena di torri di avvistamento in funzione dei molti incastellamenti Avogadro»29. Una simile struttura difensiva, peraltro, non sarebbe oggi più ricostruibile nel dettaglio in quanto solo alcune di queste ipotetiche torri altomedievali sarebbero state sviluppate, all'epoca dell'infeudamento degli Avogadro, in fortificazioni più ampie; altre, all'opposto, non avrebbero lasciato tracce a causa del definitivo abbandono. Poiché però i documenti di archivio accennano, come si diceva, ad un castrum precedente l'infeudamento degli Avogadro in Cerreto, la tradizione che li vorrebbe promotori di un antichissimo sistema organizzato di difesa sulla riva sinistra del Cervo, dove, almeno per alcuni casi, subentrarono ad altre famiglie, appare destituita di fondamento. Vero è, all'opposto, come ricordato dal Torrione, che nel sec. XIII «gli Avogadri, nei loro vari rami, possedettero il 90% dei castelli collocati tra la Dora e la Sesia e fra la regione montana biellese ed eporediese ed il Po e quindi altresì tra Biella e Vercelli», a testimonianza di un fenomeno che travalicava, e di molto, la realtà del Biellese
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Il castello negli studi locali
Non si può parlare di una vera «fortuna critica» del castello di Cerreto ... tuttavia, si rintraccia qualche menzione significativa. Nella prima metà dell'Ottocento, dal celebre Dizionario geografico di Goffredo Casalis, trae origine una voce secondo la quale nel terrazzo del castello avrebbe trovato posto un pozzo eccezionalmente profondo: «Il Castello appartiene in parte alla nobile Famiglia Avogadro, in parte al signor Vitale Rosazza. Nel terrazzo del castello, e presso ad una torre rotonda che guarda mezzodì, vedesi un pozzo di straordinaria profondità, per cui si ha l'effetto di un'eco sorprendente»
Il particolare relativo al pozzo, tale da colpire l'immaginario ottocentesco, era ripreso nelle Antichità Biellesi di Giuseppe Maffei ritrova in una delle più significative tra le guide turistiche che, alla fine dell'Ottocento, promossero il Biellese come luogo di villeggiatura. Significativo, al di là della menzione del pozzo, è notare come non mancasse un accenno alle strutture murarie della costruzione, definita «...vecchio e rustico castello, ancora munito di una torre d'angolo rotonda, l'unica rimasta (...). Il castello è di costruzione rozza, evidente nella parte ridotta ad abitazione rurale, celata sotto uno strato d'intonaco nella parte civile. Nel cortile è scavato un profondissimo pozzo». E ancora: gli embrionali studi che, sul finire del secolo XIX, si interessarono di simili fortificazioni con maggiori pretese scientifiche, oltre a ricordare le vestigia del castello, proponevano di scorgere nella costruzione originaria una funzione difensiva. ... Una curiosità, infine, può essere costituita dal fatto che «una bella veduta di Cerreto Castello, con le ossidazioni ed i grigi argentei della lamina dagherrotipia ad evocare impossibili effetti di colore, costituisce sino ad ora la più precoce testimonianza a noi nota di immagine fotografica del territorio biellese». L'immagine, anonima, risale al 1849 e mostra, in alto sulla sinistra, sia pure tanto piccolo da risultare difficilmente leggibile, il castello:
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Il terrazzo e il pozzo
[...] Sul lato meridionale si apre il terrazzo, non molto largo, ma lungo quanto l'intero complesso, sostenuto da un muro di rinforzo in laterizio. Qui è situato il pozzo La cui profondità aveva colpito la fantasia dei commentatori e dei viaggiatori ottocenteschi. ... . La menzione presente nel Dizionario del Casalis, a suo tempo, sembrerebbe presumere una testimonianza più diretta, soprattutto per il particolare dell'eco, che tutti i testi successivi omettono, con l'eccezione, come si è detto, delle Antichità biellesi del Maffei .... Il dato relativo alla esatta ubicazione del pozzo, tuttavia, non appariva più verificabile de visu a molti degli studiosi più recenti. Il sopralluogo effettuato per la stesura del presente lavoro, all'opposto, ha potuto colmare la lacuna: accanto all'ingresso ovest, infatti, si scorgono i resti di una tettoia, oggi quasi completamente coperti dalla folta vegetazione infestante, eretta per sormontare l'apertura del pozzo. Ciò che ha tratto in inganno è che l'apertura si trova a livello del terreno, senza rialzi in muratura. La profondissima apertura è inoltre coperta attualmente da una lastra di ferro ma, grazie ai buoni uffici del custode, è stato possibile sollevarla e scattare anche qualche fotografia del favoleggiato pozzo che in effetti è profondo al punto che, dall'alto, non si scorge il fondo... . La profondità effettiva raggiunge in ogni caso i novanta metri, come confermatomi dal sig. Pettinello Nicola che negli anni Ottanta la misurò servendosi di una corda [...]




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Lo
scopo di queste pagine è di mostrare (attraverso i libri) le
caratteristiche storiche, turistiche, sociali ed economiche del Biellese.
Qualche fotografia e un po' di testo, senza pretesa di fare un
lavoro perfetto, creando un archivio
che cresce e migliora nel tempo. IL BIELLESE NEI LIBRI è a disposizione
di tutti gli editori/autori che vogliano fare conoscere le opere
riguardanti il territorio.
La pubblicazione avviene in forma gratuita.
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novembre 2012