Il biellese è famoso in tutto il mondo per le sue produzioni tessili. I telai qui rappresentati sono un po' la storia recente di queste lavorazioni, non sono i telai più vecchi e non sono neppure quelli di ultima generazione ma sono quelli con cui migliaia di biellesi hanno avuto a che fare nel corso degli ultimi decenni.
Storicamente i telai si possono dividere in tre categorie:
- telai a mano: una delle prime forme di produzione dell'uomo è stata la tessitura, i telai accompagnano la storia dell'umanità più di qualunque altro mezzo meccanico. Fino all'inizio del '900 le produzioni tessili non potevano che essere limitate e di scarsa produttività utilizzando più o meno semplici telai a mano.
- telai meccanici: la rivoluzione industriale arriva anche (e forse soprattutto) nei nuovi stabilimenti tessili dove un meccanismo a motore coordina i movimenti dei vari dispositivi del tealio. Sono macchinari che necessitano di attenta manutenzione e manodopera specializzata (il primo telaio meccanico azionato a vapore fu del 1880).
- telai automatici: sono l'evoluzione dei telai meccanici. Le macchine riducono l'impiego della manodopera e della manutenzione aumentando la produttività.
Oggi, nella grande industria, i nuovi telai sono senza navette e senza pinze, sono getti di aria o di acqua che trasportano la trama. Vengono ulteriormente ridotti i dispositivi meccanici, si elimina i problemi d'attrito e si aumenta le velocità di tessitura.
I telai presentati in questa pagina sono adatti alla produzione di tessuto per abbigliamento, tendaggi, tovaglie.
Sono utilizzati ancora oggi in aziende artigianali e per produzioni di particolare pregio.
Le navette utilizzate fino a metà degli anni '70 nella grande industria sono oggi quasi interamente sostituite da telai ad alta velocità senza dispositivi di spolatura. Il tipico rumore che caratterizzava i reparti di tessitura era proprio il colpo della navetta che veniva sparata da una parte all'altra del telaio intrecciando il filo della trama (ospitato nella sua spoletta) con i fili dell'ordito caricati sul telaio.
novembre 2002 fotografie di G. Gulmini, testo di P. Coda
si ringrazia Lucia Minazio e Egle Moretti Dionisio