Il racconto della lavandaia: "Ah, ragazzi miei, vi racconto la storia dei lavatoi pubblici, un tempo il mondo era diverso da quello che conoscete oggi. Solo nel 1946, alla Fiera di Milano, comparve la prima macchina automatica per il lavaggio dei panni, e fu l'inizio di una vera rivoluzione! Prima di tutto questo, immaginatevi che il lavaggio avveniva direttamente nei corsi d'acqua. Per lavare i panni nei fiumi e nei torrenti, bisognava trovare una buona pietra e immergerla nell'acqua. Sopra quella pietra veniva steso il panno da lavare, e poi bisognava strofinare e sbattere per risciacquare. Un vecchio proverbio piemontese diceva: 'La cattiva lavandaia non trova mai la buona pietra.'. Ma poi, pian piano, si svilupparono i lavatoi, vasche in pietra rialzate da terra, con un piano inclinato per facilitare il lavaggio. Anche i lavatoi erano un segno di progresso.
Fare la lavandaia era un mestiere; lavoravano lungo i fiumi o andavano nelle case signorili a lavare i panni. Ma c'erano anche lavandaie che svolgevano il loro mestiere nei lavatoi pubblici. I panni sporchi venivano raccolti in sacchi di iuta, ognuno contrassegnato da nastri colorati per identificarne il proprietario. Le lavandaie erano tutte analfabete. Al lavatoio queste donne si riunivano, parlavano, cantavano e lavoravano. Quando potevano, le lavandaie usavano grandi recipienti coperti da teli bucherellati, da cui viene il termine "bucato", dentro questi recipienti, veniva versata acqua bollente con cenere. Il telo bucherellato filtrava le impurità, acqua calda, cenere e sapone pulivano, e poi i panni venivano risciacquati. Eh sì, i tempi cambiano e le cose migliorano, ma non dimenticate la storia delle lavandaie e dei lavatoi pubblici."