Antiche
ricette:
RISPORCHIN
o RISPALIE (RICCIO)
Occorreva
prima di tutto immergerlo nell'acqua bollente per togliergli le
bòsciole (spine), quindi pelarlo, sventrarlo e cuocerlo arrosto
con burro, rosmarino, sale e pepe. (E.M.)
DEL RICCIO (HÉRISSON)
Il riccio è un animale spinoso e molto grasso; per ucciderlo si
getti un momento nell'acqua bollente; levate le spine, raschiatelo
bianco come si fa per il maiale; sventrato, ben nettato, tagliategli
le gambe e la testa e lasciatelo 2 ore circa nell'acqua con aceto.
Tritate 3 cipolle, un po' di prezzemolo, 1 ettogramma di capperi,
3 buone acciughe salate, una foglia di salvia, metteteli in tegame
con un po' di burro, fate friggere un poco, gettatevi entro il riccio
tagliato a pezzi; fritto un po' mettetevi un cucchiaio di farina,
tramenatela un po' e versatevi sopra un bicchiere di vino bianco,
un po' d'aceto ed un po' d'acqua, sale, pepe e spezie, e fatelo
cuocere adagio con fuoco sotto e sopra; cotto tenero a salsa ridotta,
sgrassatelo e servitelo caldo con sopra la sua salsa. (G.V.)
PORCHETIN D'INDIA o PRONIN (PORCELLINO D'INDIA o CAVIA)
Pelarlo raschiando la pelle come per il maiale e sventrarlo. Cucinarlo
arrosto con rosmarino, sale e pepe; nel grasso, fusosi durante la
cottura, si possono far cuocere le patate tagliate a pezzi. Alcuni,
invece, tolgono il grasso prima della cottura. (E.M.)
DEL
PORCELLINO D'INDIA, ARROSTITO O STUFATO
Questo animale è eccellente, ma appena ucciso va sventrato, atteso
l'odore che comunica i suoi interiori; reso bianco sbollentandolo
e nettatolo dai peli, tagliate via le gambe, fatelo cuocere stufato
come si è detto sopra del riccio; si fa arrosto cotto con butirro,
un po d'aglio, rosmarino e sale; si fa a pezzi e friggesi in padella
con burro e cipolle tagliate, e cotto di color biondo con sale,
pepe e un po' d'aceto; Oppurei quando è cotto, sì scola il grasso
e si mischia un po' di mostarda d'uva cotta, e servitelo caldo.
(G.V.)
CAFUGIO
Preparare
il caffè alla maniera tradizionale, cioè facendo bollire in una
casseruola il caffè, macinato, nell'acqua. Dopo averlo lasciato
depositare, filtrarlo e servirlo caldo e zuccherato, aggiungendo
una "punta" di burro crudo e, a piacere, branda (grappa). È una
specie di rustico irish coffee che, curiosamente, richiama la comune
civiltà celtica degli Irlandesi e delle nostre popolazioni alpine,
benché il caffè sia giunto in Europa nel XVII secolo.
Antico
racconto:
DECOTTO
DI VIPERE
[...] Ginin
accusò un gran male alle reni e non se la sentì più di portare la
gerla. Giovanni provò a scherzarci sopra, dandole della poltrona,
poi dovette convincersi che, senza gerla, il male persisteva. Le
mise sulla schiena un mattone caldo, che servì ottimamente ad arrossarle
la pelle ed a provocare la formazione di piccole vesciche. Di quel
male strano se ne parlò tra le comari; ciascuna di esse credette
opportuno ricordarsi e gloriarsi di un male simile, sofferto magari
mezzo secolo prima; la più vecchia sentenziò che Ginin doveva essere
vicina al parto, essendo giunta al settimo mese. Aggiunse che ciò
poteva essere una fortuna, perché i "settimini" di solito predicono
l'avvenire e, se sono mancini azzeccano sovente i numeri del lotto,
quasi sempre l'ambo, qualche volta il terno secco. Tutte storie;
di serio non v'era che il mal di reni, che non accennava a scomparire.
Ginin propose timidamente di farsi vedere dal medico ed allora Giovanni
si arrabbiò. Non credeva nella medicina e ricordava che, sul Carso,
un giorno che aveva "marcato visita" il tenente medico gli aveva
dato tre pastiglie bianche, perfettamente uguali a quelle propinate
ad un suo compagno che soffriva di mal di denti. Rintuzzò tenacemente
le ultime obiezioni di Ginin, dando ai medici dei nomignoli di animali
da cortile e andò a consultare una vecchia che abitava più su e
che l'anno precedente l'aveva guarito da una slogatura, "segnandolo"
nel momento preciso in cui si faceva la luna. La vecchia si interessò
al caso, che trovò comunissimo e facilmente guaribile. Volle però
due lire anticipate, prima di svelare la ricetta. Giovanni se ne
andò, fregandosi le mani, sicuro del fatto suo e contento di aver
speso poco. Verso sera calzò gli stivali e si munì di una bacchetta
leggera e flessibile, dicendo alla moglie che sarebbe andato a cercare
funghi. S'inoltrò infatti in un boschetto, battendo le macchie con
la bacchetta. Presso il tronco di un vecchio castagno vide fuggire
dei topi campagnuolì ed allora si fermò, accoccolandosi in attesa.
In quel frangente Giovanni pensava che un accidente viene sempre
senza farsi troppo attendere, mentre invece... Comunque, dopo qualche
minuto vide qualcosa di grigiastro fra il verde e picchiò ripetutamente
a terra con la bacchetta. Sei vipere, che egli giudicò bellissime,
giacevano ai suoi piedi. Era quanto gli occorreva, come qualità
e come quantità. Le portò subito a "quella vecchia", la quale le
scuoiò con una perizia degna delle ranaiuoìe vercellesi, quando
pelano i piccoli batraci col gesto rapido di chi si toglie un guanto
diventato largo. La lessatura dei rettili diede una brodaglia schiumosa
che la vecchia filtrò attraverso una pezzuola Ginin bevve il decotto
un po', come si dice, contro cuore, e disse che era agro e molto
salato. Voleva anzi inzuccherarlo, ma Giovanni glielo impedì, temendo
di alterarne la composizione chimica... Ora, senza criticare Ippocrate
o Galeno è doveroso affermare che dopo due o tre giorni il dolor
di schiena di Ginir sparì completamente. Due lire spese bene, pensò
Giovanni. Fatto sta ed è che dopo due mesi nacque un maschietto
sano e sodo come una mela e Giovanni prese una sbornia solenne il
giorno del battesimo. E siccome il tempo è passato anche per lui,
il neonato è attualmente sotto le armi e scrive alla moròsa certe
lettere piene d'affetto e di strafalcioni. E quando viene in licenza
con la penna "fuori d'ordinanza", la sera, nelle baite, si parla
di lui, di quando era ragazzo. Perché occorre sapere questo: che
il figlio di Ginin, nei suoi primi anni, non giuocava con i cavallucci
di legno o con la trottola; la sua passione era l'andar pei boschi
in cerca di vipere... E pare vi fosse grande dimestichezza, per
non dire amicizia, fra lui ed i piccoli rettili, come è d'abitudine
fra i serpari della Sila e gli incantatori di serpenti del Pundjab.
Si dice che il ragazzo si coricasse sull'erba e che le piccole vipere
gli inghirlandassero la fronte come si fa al Dio Shiva Maadewa lsvaia
sul monte Kailas, quando Parvati gli offre la bevanda dell'Immortalità
e che il bambino si divertisse ad intrecciare i piccoli rettili
a guisa di nodo Savoia... Ma non bisogna parlare a Giovanni di questa
storia perché picchia volentieri. Egli teme che la storia si propaghi
e che giunga alle orecchie di Ginin, la quale, pur ricordando talvolta
il gusto agro e salato del decotto risanatore, è tuttora persuasa
di aver bevuto la più innocua tisana di erbe alpine. ERNESTO BOSI
(Illustrazione Biellese, n. 9/10, 1942)
Note:
Luso
di mangiare, oppure di consumare ad uso terapeutico, la miràuda
(il biacco) ed anche la vipera nellarco alpino era più diffuso di
quanto non si creda. La motivazione ci sembra da ricercarsi in due
ordini diversi: nella difficoltà di reperire carne in aree molto
povere ed avare, ed in probabili sopravvivenze rituali pagane; infatti
il serpente, come il gatto, attiene ad un mondo magico confinato
dal cristianesimo nella demonologia e quindi nella stregoneria.
La commestibilità di questi rettili si deduce da una relativamente
vasta anedottica di serpenti mangiati "inavvertiumente". Si
racconta, ad esempio nella Bursch, che na valetta (una valligiana)
avesse cucinato al marito e ad un amico una minestra d'erbe particolarmente
saporita: il "segreto" era ignoto anche alla padron-a,
la quale soltanto dopo aver distribuito tutta la minestra si accorse
che sul fondo del paiolo erano i resti cotti di una bòja
(vipera) cadutavi dentro. Tenne la ricetta per sé ed ebbe poi le
sue difficoltà a mantenere la fama di quella sua "specialità".
Dal racconto emblematico traspare come una gena (imbarazzo)
di riconoscere l'usanza - residuo di una cultura ormai rifiutata
- di mangiare la vipera e di apprezzarne le carni. (n.d.aa.)
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