di Enrico Pagano
articolo tratto da "l'impegno", giugno 2003.
[...] Il territorio del Biellese, per la sua collocazione intermedia fra le vie d’accesso alla Svizzera dalla Valle d’Aosta e dalle montagne ossolane, attraverso la Valsesia, ospitò, sin dai primi momenti successivi all’armistizio, numerosi ex prigionieri alleati che avevano lasciato i campi della pianura e si erano avviati verso i valichi al fine di raggiungere il territorio elvetico. Nella provincia di Vercelli, dalla primavera del ’43, fu organizzato il campo di prigionia Pg 106, controllato dal 63o reggimento di fanteria, destinato ad ospitare prigionieri di guerra, di nazionalità prevalentemente australiana, inglese e neozelandese, catturati sul fronte nordafricano e mediterraneo. All’inizio i prigionieri erano 1.682 (secondo la testimonianza di Sergio Rigola, sottufficiale di maggiorità presso l’ufficio comando del campo), convogliati a Vercelli per essere impiegati in lavori agricoli. Essi furono suddivisi in ventotto distaccamenti e assegnati ad altrettante aziende agricole nei territori di Bianzè, Crova, Lignana, Livorno Ferraris, Olcenengo, Salasco, San Germano Vercellese, Tronzano e Villarboit nel Vercellese e di Cavaglià e Salussola nel Biellese.
Alcuni di loro, dopo la fuga, raggiunsero la Svizzera prima dell’inverno, altri rimasero a lungo nascosti in pianura o sulle colline grazie alla rete di solidarietà stabilitasi con molte famiglie e comunità, altri ancora si aggregarono alla guerra partigiana; tra questi ultimi ci furono dodici caduti1 . Secondo le informazioni riportate da Anello Poma e Gianni Perona in “La Resistenza nel Biellese” e tratte dalla relazione del capitano P. A. Brown della “Allied Screening Commission”, redatta il 18 aprile del 1946, alla fine di marzo del 1944 permanevano nelle province di Novara e Vercelli circa quattrocento uomini, di cui un centinaio nelle formazioni partigiane; nell’ottobre dello stesso anno il loro numero si era ridotto a duecentocinquanta circa, dislocati nel Biellese e in Valsesia, su un totale di circa quattrocento ex prigionieri alleati in tutto il Piemonte. Le principali vie di fuga si indirizzarono, per quanto riguarda il territorio biellese, secondo tre direttrici: - lungo la Serra e la valle dell’Elvo nel Biellese occidentale, in comunicazione con il Canavese e la Valle d’Aosta; - lungo le valli del Cervo e dello Strona di Mosso verso il Bocchetto Sessera, da cui si potevano raggiungere Campertogno, Rassa e Scopello, in alta Valsesia; - attraverso un itinerario che dalla Baraggia passava per la zona collinare di Roasio e Curino e raggiungeva la zona di Noveis, e da lì il territorio valsesiano, attraverso un percorso più alto per Scopello o a minor quota per la valle di Postua, in comunicazione con le frazioni Agnona e Foresto di Borgosesia ...
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Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nel Biellese, nel Vercellese e in Valsesia
13019 Varallo - via D'Adda, 6
www.storia900bivc.it
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26 giugno 2015
Testi e immagini forniti da Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nel Biellese, nel Vercellese e in Valsesia.
Un ringraziamento particolare a Raffaella Franzosi e all'autore dell'articolo proposto, Enrico Pagano.
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