Biellaclub

Erbe ed erbette

tra storia e leggende

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La terra biellese, in particolare l'area più elevata delle cinque valli, non s’è mai potuta definire un'area agricola fertile. Prima dell'avvento dell'industria tessile era terra di emigranti. La fame li fece partire a migliaia. Era gente austera, ostinata, dal carattere spigoloso e persino un po' cupo, tuttavia indicibilmente operosa: manodopera affidabile, scrupolosa, non priva però d'intraprendenza e creatività. Emigranti che, per la maggior parte, ebbero successo, raggiunsero un buon livello economico, quando addirittura non si arricchirono. Ma quelli che rimanevano, dovevano fare i conti con un territorio dal carattere austero e spigoloso non meno del loro.
Il paesaggio biellese suscita sentimenti contraddittori: sa essere severo, ma anche dolcemente bello. Il verde dei boschi e dei pascoli è tuttora di gran lunga preponderante sulle tracce degli insediamenti umani e dell'industria, e certi angoli conservano tenacemente una cert'aria misteriosa e quasi fatata. E' quindi ancora abbastanza facile figurarsi il paesaggio in cui vivevano i nostri immediati predecessori. I racconti di chi c'era fanno il resto, e diventa non così difficile immaginare le fatiche quotidiane di chi doveva trarsi di che vivere sfruttando i doni riluttanti di quei ripidi pendii, di quei boschi oscuri, di quei prati color smeraldo di cui però bisognava necessariamente conoscere linguaggio e segreti.
E, talvolta, non bastavano nemmeno quelle conoscenze.

Nel suo splendido libro del 1989 "L'an-cà da fé" - gustosa raccolta di ricette, ricordi e racconti del recente e remoto passato biellese - il mai sufficientemente rimpianto Gustavo Buratti (Tavo Buràt) riporta un documento storico che ben dipinge le condizioni che potevano verificarsi in queste valli pre-montane. Nel 1587 una carestia di imponenti dimensioni si abbatté sull'area della Valle Cervo, in particolare nella zona di Callabiana. La Camera Ducale dei Conti sabaudi mandò quindi un delegato speciale, il consigliere e auditore Giovanni Giacomo Battaglione, per verificare le reali condizioni di vita in quel territorio, e comprendere perché non venivano più versate le imposte. L'ispettore si trovò di fronte una realtà fatta di mercati quasi privi di vettovaglie da vendere, e le poche a prezzi definiti "sbalorditivi". Mulini senza farina da macinare, forni senza pane da cuocere. Segnalò in particolare, con evidente sconcerto, la situazione miserabile della famiglia di tale Eusebio Peraldo che 'con la moglie e figliuoli sette, data la loro povertà et estrema carestia onde dopo haver consumato quelli pochi frutti che havea raccolto è stato costretto con detta moglie et figliuoli mangiare per alimentarsi della riorda o secondo fieno tagliato minuziosamente facendo cuozer con del latte' (Arch. Storico di Andorno - Cart.II Doc. 7841 - Atti 1587).
imgNon sapienti e gustose erbette, quindi... ma niente più che vero e proprio fieno da bestiame.
Bisognava riuscire a strappare da quella natura avara le maggiori risorse possibili. Per fare ciò, le leggende narrano che gli uomini trovarono talvolta dei validi maestri, provenienti dai misteriosi territori sospesi tra realtà e leggenda. Il personaggio che più spicca, anche per la frequenza con la quale appare in saghe e leggende locali (ma comuni a tutto l'arco alpino) è il cosiddetto "Om Salvej" o "Sarvaj", l'Uomo Selvaggio. Sono contraddittorie le descrizioni che se ne fanno: da essere spaventoso e semi-animalesco, a semplice montanaro, seppur dal tratto particolarmente schivo, appartato e misterioso. In tutti i racconti e le leggende viene comunque dipinto come colui che conosce tutti i segreti della montagna, del bosco e della natura e che, almeno per un certo periodo, condivide queste nozioni con chi ha la ventura di incontrarlo. In particolare trasmette le conoscenze circa l'arte casearia, come trasformare il latte in formaggi. Ma in alcune versioni della leggenda insegna anche a distinguere le erbe commestibili e quelle officinali da quelle inutili o velenose, mostrando agli uomini come utilizzarle per nutrirsi e per curare i malanni. Quasi sempre, la leggenda termina con l'Om Salvej che, offeso per qualche sgarbo o scherno patito da chi voleva aiutare, scompare per sempre, proprio prima di svelare qualche segreto particolarmente importante.
E' simile l'epilogo di un'altra leggenda, anche questa narrata in diverse versioni, ambientata nella valle dell'Elvo, nel paese di Mongrando. Qui sono degli esseri venuti da lontano, e dalle nobili sembianze (vengono descritti alti, biondi, di bell'aspetto, specie le donne, eccezionalmente seducenti) i portatori di preziosi doni di conoscenza, sulla natura, sulle erbe curative, ma in particolare sul modo di ricavare con facilità ed abbondanza l'oro setacciandolo dalle acque del torrente Elvo.
In un'altra versione, addirittura le fate, la leggenda di un popolo fatato, promettono di svelare il luogo ove si troverebbe un ricco filone d'oro, una vera miniera. Ma anche stavolta, il malgarbo dei popolani fa eclissare i magici benefattori in seguito ad un pesante sgarbo: le donne del paese, gelose del fascino delle nuove arrivate, e dell'ammirazione che costoro suscitano negli uomini, scoprono che queste bellissime donne hanno in realtà curiosi piedi palmati, come le oche, e svelano con fragore e scherno questo segreto. Ne consegue il risentimento, e quindi l'abbandono dei luoghi da parte del popolo fatato, che non rivelerà perciò mai più ai paesani la via per arricchirsi, e vivere quindi in prosperità.
Va notata l'importanza della morale sottesa in entrambe le leggende: è sempre la colpevole noncuranza o la villania dell'uomo a causare i guasti che portano alla perdita di accordo con la Natura, e quindi della possibilità di ottenerne sapere, conoscenza, armonia e grandi benefici. Una lezione che l'uomo pare essere sempre stato particolarmente restio a comprendere. Ma il velo tra realtà e leggenda, tra vita pratica e magia, in questi luoghi è sempre molto sottile. E di questa contiguità troviamo ancora traccia nel già citato "L'an-cà da fé" di Gustavo Buratti. Egli parla infatti a più riprese di una "Signora Rosa", anziana e sapiente esperta di erbe che lo inizia alla conoscenza di questa materia e che, tra una ricetta e l'altra per cucinare le erbette dei prati, con la massima naturalezza gli comunica anche il modo di creare ciò che non può che essere definito un "filtro magico" da prepararsi con il garofìn, il piccolo profumatissimo garofano selvatico:
"... Ma la Rosa, che ai suoi bei tempi era anch'essa una bionda sionera (raccoglitrice di erbe, ndr), sa ben altro del garofin. Essa mi confida sotto -voce che dalla sua radice si estrae il filtro della concordia o della disconcòrdia. La radice carnosa e polipartita assomiglia a due mani accostate, e queste possono presentarsi congiunte palmo contro palmo oppure dorso contro dorso: nel primo caso il suo decotto (somministrato di nascosto) crea la concordia, nel secondo la disconcòrdia. E agisce anché sugli ani -mali; con questo filtro la Rosa riuscì a pacificare due sue mucche che si scambiavano cornate tutto il santo giorno". La conoscenza delle erbe è un argomento di ampiezza immensa. Volendo approfondire, si apre di fronte ai nostri occhi un universo praticamente infinito di ricordi, esperienze, suggestioni e informazioni, filtri e ricette, miti, leggende ed insegnamenti. Basta aver pazienza, e cercare con occhio attento... lo stesso che è necessario per distinguere e scovare il tesoro delle "erbette buone" nascoste in mezzo ai prati.
(Beith - Maurizia Vaglio)

Tratto dal libro: "Il tesoro Segreto dei Prati", link: Le erbe del prato: 20 piante commestibili nel Biellese
BIBLIOGRAFIA

P. Boni - Nutrirsi al naturale con erbe selvatiche - Ed. Paoline
O. Mattirolo - B. Gallino - G. Pallavicini -P hitoalimurgia pedemontana - Ed. Blu
E. Campanini - Dizionario di fitoterapia e piante medicinali - Ed. Tecniche Nuove
G. Buratti - G. Lozia - L'an-cà da fé - Ed. Giancarlo De Alessi Biella
M. Conti - G.Buratti - Il Volo della Strega - Libreria V. Giovannacci Biella
V. Majoli Faccio - L'incantesimo della mezzanotte - Ed. La Prora
V. Majoli Faccio - Leggende e tradizioni popolari biellesi - Libreria V. Giovannacci Biella

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3 agosto 2014
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