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I SANTUARI DEL BIELLESE
Fede, storia e tradizioni

di Giulio Pavignano

Edizioni Ieri e oggi - Biella, 2009
Fotografie Gianfranco Bini e Giuseppe Simonetti

Santuari del Biellese racconta storia e tradizioni di 15 santuari biellesi: San Clemente, Madonna del Boscazzo, Santuario della Madonnina, Madonna della Neve di Campra, Santuario del Cavellero, Santuario delle Madonna delle Grazie, Santuario della Novareja, Santuario della Brughiera, Santuario di San Bernardo, Santuario di Banchette, Madonna della Fontana, Santuario del Mazzucco, San Giovanni d'Andorno, Santuario della Madonna di Loreto, Santuario di Oropa.

 

da pagina 23

San Clemente - Occheppo inferiore

[...] l'edificio, molto piccolo, fu fatto una prima volta nel XIV-XV secolo: l'attuale presbiterio, ornato di affreschi databili al 1525 circa, comprende una parte di tale ricostruzione. La chiesa rischiava però seriamente l'abbandono: si salvò poiché nel secolo XVI molti fedeli dichiararono di aver ricevuto grazie miracolose dopo aver pregato davanti ad un quadro quattrocentesco della Vergine (ancor oggi conservato in un'altare laterale).
Nel 1596 i prodigi avevano fatto tanto scalpore da spingere il vescovo di Vercelli ad istruire un processo, in cui furono chiamati a deporre -come si usava- miracolati, testimoni oculari e medici. In seguito a questi eventi, il flusso di pellegrini provenienti non solo dal Biellese, ma anche dal Vercellese e dalle zone canavesane, divenne molto intenso; si decise dunque di ampliare la Chiesa, dotando le tre navate. San Clemente si è ormai trasformato in un santuario mariano [...]

 

da pagina 29

Madonna della Neve di Campra – Graglia

Le origini di questa chiesetta sono legate ai progetti di realizzazione del Sacro Monte di Graglia. [...] La chiesa era appena stata portata a compimento quanto la sua fama fu aumentato da varie guarigioni miracolose, documentate un processo fatto istruire dal vescovo di Vercelli Goria. Questi prodigi di incrementarlo l'afflusso la devozione dei fedeli, contribuendo al declino del progetto del Sacro Monte, sostituito dal Santuario lauretano. [...] La Chiesa, di dimensioni ridotte ma dotata di sacrestia e portico, era provvista di un solo notare, collocato dinanzi un dipinto raffigurante la Vergine. La Visita Pastorale del 1675 riporta per la prima volta la dedica alla Madonna della Neve, titolo che in seguito non verrà più modificato. [...]

 

da pagina 31

Santuario del Cavallero – Coggiola

Il Santuario del Cavallero è situato alla confluenza tra l'omonimo rio ed il torrente Sessera, in mezzo splendidi boschi di castagni. L'origine del luogo di culto è dovuta ad un miracolo: nel 1678 la Madonna apparve ad una sordomuta, Antonia Angelino, facendole recuperare all'istante l'udito e la favella. L'episodio è raffigurato lungo le pareti del santuario.
Evidentemente commossa dal prodigioso avvenimento, la comunità coggiolese iniziò in tempi assai brevi la costruzione di una grande chiesa, le cui parti murarie risultavano già quasi ultimate nel corso della Visita Pastorale del 1692.
[... ] Dalla relazione della Visita Pastorale sappiamo che fin dall'inizio era venerata nella Chiesa una statua lignea della Madonna della Neve, che nel 1782 venne indorata e solennemente incoronata con due corone di rame argentato.
Nel 1743 a conclusione di una memorabile processione, venne collocata nella nicchia di una cappella laterale una statua di legno dorato raffigurante San Giuseppe (successivamente sostituita con l'attuale). Nella stessa circostanza, il santuario viene dotato di una preziosa reliquia: una particella del velo della Vergine [...] La crescente fama del santuario attrasse pellegrini dal Biellese dal Vercellese; l'afflusso continuo spinse nel 1742 il Consiglio Comunale di Coggiola a chiedere l'assegnazione di un cappellano festivo e confessasse celebrasse l'Eucarestia.
Per quanto riguarda la custodia del complesso, fin dal 1692 venne affidata ad un eremita, e due camerette in cui alloggiava furono le prime di una serie di sale e stanze costruite nel corso del settecento e destinate all'accoglienza. Per molto tempo, gli eremiti residenti in santuario si dedicarono alla cura di non creare, vendendo nel miele a vantaggio della Chiesa.

 

da pagina 90

IL SANTUARIO DI OROPA - BIELLA

Le tradizioni eusebiana e lucana e la loro attendibilità

Secondo le tradizioni riportate dai più antichi storici e cronachisti che si occuparono del santuario, le origini di Oropa sarebbero legate a due importantissime figure della storia della fede cristiana: san Luca evangelista e sant'Eusebio, primo vescovo di Vercelli (la più vecchia diocesi dell'Italia settentrionale). Il primo - che sarebbe stato sia medico, sia scultore - avrebbe scolpito la statua della Madonna; il secondo avrebbe portato dall'Oriente il sacro manufatto, fondando in seguito un santuario sui monti della propria diocesi per offrire l'immagine mariana alla venerazione dei fedeli.
[...] Alcuni autori, lavorando di fantasia, ampliarono le scarne nozioni dei primi racconti: vennero così descritte le peripezie di Eusebio - esiliato in Palestina dagli ariani -, culminanti nel ritrovamento di ben tre statue mariane attribuite a san Luca. Il santo vescovo le avrebbe portate tutte in Italia, lasciandone una a Cagliari ed una a Crea e trasportando l'ultima fino ad Oropa, che all'epoca altro non era se non una delle tante terre di montagna della grande diocesi eusebiana. Giunto nella conca, avrebbe nascosto la statua in un incavo; dopo il casuale ritrovamento ad opera di alcuni pastori, lo stesso Eusebio avrebbe costruito un piccolo oratorio, primo nucleo del santuario. La cappella del "Roc" sorgerebbe appunto nello stesso luogo di quel primo, antichissimo tempio, e il masso sarebbe da secoli muto testimone dei primordi di Oropa.
La tradizione venne poi arricchita aggiungendo ai racconti su Luca ed Eusebio altri due fatti prodigiosi: un'apparizione della Vergine sulle mura di Biella assediata dai barbari e l'opposizione della statua al proprio trasporto verso il capoluogo, che venne reso impossibile dall'improvvisa pesantezza del simulacro. La storia non offre tuttavia conferme a queste narrazioni: l'assedio sventato dalla Madonna sarebbe avvenuto nel 1232, ma nessuna cronaca ricorda eventi bellici in territorio biellese in quel periodo. Per quanto concerne la statua che divenne pesante, si tratta di un "topos" (cioè di un elemento che si ripete) caratteristico dell'agiografia: per restare nei nostri confini, viene citato anche a riguardo della statua del santuario di San Giovanni d'Andorno (ma è riscontrabile un po' dovunque, come ad esempio nella fondazione della chiesa di sant'Eustorgio a Milano, eretta nel punto preciso in cui la cassa contenente le reliquie dei Re Magi impedì con il proprio peso ai portatori di avanzare).
[...] Dai documenti in nostro possesso non emerge dunque alcun dato che consenta di venerare sant'Eusebio come fondatore di Oropa. Ovviamente non esistono nemmeno elementi che possano smentire inconfutabilmente tale tradizione; ma quest'assenza non è sufficiente, poiché negli studi storici seri chi avanza un'ipotesi è tenuto a dimostrarla con prove adeguate...
Anche l'attribuzione della statua a san Luca - o ad altro artista orientale a lui contemporaneo - non pare in grado di superare un attento vaglio critico. Si consideri innanzi tutto il materiale di composizione: gli scrittori più antichi hanno sostenuto che si tratti di cedro, di ebano o di qualche altro legno tipico delle terre palestinesi o mesopotamiche. Gli esami compiuti nel 1920 dal prof. Mattirolo dell'Università di Torino giunsero ad una conclusione del tutto diversa: la statua è di cirmolo, una conifera diffusa sulle Alpi fino ad alte quote e comunemente nota con vari nomi (cembro, avola, pino elvo...). Da questo albero si ricava un legno duro, ma facile da intagliare - specialmente se viene bagnato - e resistente agli insetti; gli scultori ne hanno fatto un largo uso in tutta Europa. La pianta però non cresce in Oriente: è dunque impossibile, o almeno altamente improbabile, che la statua sia stata realizzata con questa materia da un conterraneo di Gesù.
Un ulteriore punto controverso riguarda la datazione della statua: fino a quando si evitò di testarla al radiocarbonio, si dovette per forza rimanere nel campo delle ipotesi. Nella sua relazione, il prof. Oreste Mattirolo sostiene che il simulacro sarebbe stato realizzato tra la fine del '300 e la prima metà del '400; basandosi su elementi stilistici, il Lebole suggeriva invece come datazione approssimativa la metà del XIII secolo. Gli esami al radiocarbonio, commissionati dal Lebole stesso ad un laboratorio americano e ad uno polacco tra il 2001 ed il 2005, hanno dato invece esiti del tutto inattesi: l'abbattimento dell'albero da cui è stato tratto il materiale risale ad un periodo compreso tra la seconda metà dell'VIII secolo ed il IX.
Per completezza d'informazione è giusto ricordare anche che nel 1996 gli amministratori del Santuario canonico Aldo Garella e Mario Coda hanno commissionato all'Istituto Internazionale di Ricerche - Fondazione Matthaes di Milano, esami di datazione eseguiti con un'altra tecnica, la spettrografia molecolare. Gli esami hanno dato esiti estremamente differenti rispetto agli altri, datando il legno della statua alla prima metà del XVI secolo. Il laboratorio stesso ha fatto però notare che, nel caso di reperti esposti nel tempo a temperature assai rigide (e per la nostra statua tali ipotesi corrisponde senza dubbio al vero) è corretto aggiungere al risultato 100-200 anni, calcolo che ci condurrebbe fino al XIV secolo circa.
Non è certo compito di un lavoro come questo entrare nella complessa questione, che non trova concordi storici e scienziati ben più autorevoli di chi scrive, e che richiederebbe analisi storico-artistiche certamente non proponibili in un testo divulgativo: si è tuttavia ritenuto giusto segnalare le varie teorie proposte, sia in considerazione dell'importanza che la statua ha sempre avuto nelle pratiche di culto del santuario, sia per ricordare che gli studi storici non sono sempre in grado di rispondere a tutte le domande.
Sulla base di varie osservazioni e comparazioni stilistiche, molti inoltre ipotizzano che la statua sia di provenienza valdostana; in seguito, a quanto pare, la Madonna di Oropa è stata utilizzata da modello per opere realizzate in Va! d'Aosta. Tutti gli elementi storici in nostro possesso non sono certamente favorevoli né alla tradizione eusebiana, né tanto meno a quella lucana, con il loro velo di suggestione e mistero. Ma una simile ed onesta valutazione dei dati non sminuisce per nulla l'importanza del santuario e nemmeno ne dequalifica le origini, che, come vedremo tra poco, sono da ricercare in una straordinaria esperienza collettiva di fede e devozione mariana che sembra sfidare i secoli. Non si può infine dimenticare che la statua conserva comunque almeno un aspetto misterioso, che a differenza delle altre affermazioni della tradizione non viene smentita ma chiaramente comprovata dalle osservazioni: sui volti della Madonna e del Bambino non si deposita mai polvere. Questa suggestiva preservazione fu per la prima volta attestata in un pubblico discorso dal canonico Penna nel 1720, e ancor oggi viene puntualmente verificata da coloro che ogni anno compiono il rito della pulizia del simulacro.

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ricerca di Giorgio Gulmini
realizzazione Roberto Moretto

Lo scopo di queste pagine è di mostrare attraverso i libri locali le caratteristiche storiche, turistiche, sociali ed economiche del Biellese. Qualche fotografia e un po' di testo: non c'è pretesa di fare un lavoro perfetto, ma solo di dare qualche indicazione, creando un archivio che cresce e migliora nel tempo. IL BIELLESE NEI LIBRI è a disposizione di tutti gli editori/autori che vogliano fare conoscere le opere riguardanti il territorio. La pubblicazione avviene in forma gratuita.

 



04 agosto 2010